lunedì 31 marzo 2014

La donna nelle sue mille sfaccettature del corpo e dell'anima

 Quando si partecipa ad un convegno o ad una tavola rotonda in cui varie opinioni su un tema si incrociano e vengono espresse verbalmente, bisogna dare il tempo ai nuovi concetti intercettati, alle nuove visioni incontrate, sottese alle parole, di farsi spazio nella propria coscienza e di generare, dopo una prima fase di comprensione, nuovi collegamenti, nuove riflessioni e, perché no?, nuovi dubbi.

Questo necessario processo di elaborazione, di decantazione e di presa momentanea di distanza dall’oggetto al centro di un qualsivoglia evento, è ancora più nevralgico quando abbiamo a che fare con i vari linguaggi dell’arte. 

Quando in ballo non c’è solo il canale razionale, quello dell’intelligenza geometrico-spaziale, quello della logica, bensì quello delle emozioni, che a volte possono confondere fino a generare vere e proprie tempeste.

Allora, proprio in quel punto di massima agitazione ed infervoramento emotivo, è il momento di dare il tempo all’anima di orientarsi tra varie sensazioni.

Si è chiusa il 13 marzo scorso la mostra “L'Eterno Femminino", una collettiva che ha visto protagoniste le opere, fino ad un massimo di due ad autore, di ben 39 artisti, sia uomini che donne.

La precisazione circa la differenza di genere tra gli autori non è pleonastica perché il tema su cui sono stati chiamati ad esprimersi è l’eterno femminino, ossia la potenza creativa, la deità, tipica dell’animo (e del corpo) femminile.

Ad ospitare l’esposizione, a cura di Gina Affinito del Centro Culturale Arianna, di cui è presidente Immacolata Maddaloni, il complesso di San Severo al Pendino nella centralissima via Duomo a Napoli.

Decidere per i giurati, non è stato semplice, tra opere aventi un elevato valore artistico ma anche un grande spessore in relazione al messaggio sociale ed esistenziale veicolato.

Due le sezioni: pittura e scultura.

A classificarsi sul podio rispettivamente al primo, secondo e terzo posto, Lia Maglione (in arte Malia), con la sua Espressione Femminile

Al secondo posto graffiano l’anima i “Pensieri prima di Morire” di Paola Paesano

Al terzo posto Anna Ciufo ci rivela il dolore di alcuni “Segni Indelebili”.

Menzioni speciali poi per Rosa Gammella, Carmela Cafaro, Gilda Niola, Aurora Baiano, Angela Impagliazzo, Silvia Rea, Rosa Zuppa, Antonio Magnotta.

La parola agli artisti.

“La mia opera – spiega Lia Maglione alias Malia – rappresenta una persona, una donna, frutto della mia fantasia, con i capelli  neri. Una moderna Proserpina".

Un’opera di stampo maggiormente realista rispetto alla linea pittorica dell’artista che solitamente predilige un’arte più figurativa, espressionista, astratta. Com’è nel caso della creazione “Attitudini” , i cui protagonisti sono posti su uno sfondo bianco, atemporale. Tra di loro, però, è possibile intuire un legame, costituito da interessi in comune e da un sentire simile. Attraverso di loro l’autrice pensa e rappresenta lo sguardo che dall’interno si proietta verso l’esterno ed indaga il mondo e l’altro da sé.



Paola Paesano spiega la sua opera “Sguardo prima di morire” un’opera apparentemente “eccentrica” ed atipica rispetto al tema trattato dalla collettiva d’arte.

“La mia opera – evidenzia – può essere considerata un mezzo per lanciare un messaggio politico in merito alla annosa  problematica della bufala in Terra di lavoro. Come ho spiegato nella sinossi del quadro, il mio lavoro di medico veterinario mi porta spesso  ad affrontare e condividere realtà lavorative spesso incresciose e tristi”.

Secondo l’artista, sicuramente le sorti della bufala, incrociate alla battaglia contro la mozzarella alla diossina (per certi versi un caso creato ad arte per danneggiare un’intera economia secondo alcuni esperti) rientrano in questà realtà.

“Ecco quindi  - continua - la mia forte motivazione nel rappresentarla pittoricamente ma anche nel modellato essendo anche artista di arte presepiale.

Di donne si parla pur non dipingendone necessariamente visi e corpi, perchè le opere sono frutto della creatività femminile o di quella maschile rispetto all'universo muliebre, come ha spiegato Maria Mezzina critico d’arte e responsabile editoriale di Cg Magazine.

“L'opera – continua Paesano -  non è altro che l'espressione del mio essere donna nell' ambito lavorativo, con tutte le difficoltà che si incontrano nel confrontarsi con l'universo maschile, soprattutto in un territorio dove culturalmente non ti è permesso a volte neanche di ridere, dove devi spesso esprimere un'altra personalità, dove meno parli meglio è..., dove devi comunque lottare per
andare avanti secondo quello che il tuo cuore ti dice di fare...”.



“C’è in questo ritratto – si legge nelle notte critiche redatte da Maria Mezzina -  l’abilità ritrattistica, la conoscenza scientifica e il pathos di chi, come l’autrice, è artista  presepiale, per professione conosce fino nel profondo gli animali e sa farsi interprete dell’empatia che da questi proviene. È un ritratto oltremodo drammatico, questo, che giustamente l’artista ha presentato per  questa mostra: dove dell’eterno femminino, nella espressione della povera bestia condannata al macello è incarnata la condizione drammatica di tante donne senza più alcuna speranza. Opera intensa, efficacissima”.



Ed eccoci ora catapultati nell’universo di senso e significato di Anna Ciufo.

Nell’opera, tra le due, che ha riportato la vittoria recante il titolo “Segni indelebili” l’artista dipinge, con una pittura materica e densa, i ‘graffi’ lasciati sul volto di una donna dai dolori, dalle amarezze, dai sogni infranti  che ella vive.

Il volto appare appena accennato, con le palpebre abbassate messe in evidenza, su uno sfondo forte e confuso.

Da sotto le palpebre trapelano e si allungano due “raggi”. Lo sguardo da cui si dipanano è assente e sembra quasi  non esserci, come sottolinea l’autrice stessa.

“Ma quei raggi – chiarisce Anna Ciufo -  sono le esperienze dolorose che lasciano nell’anima, e qualche volta anche sulla pelle, cicatrici dolorose al solo ricordarle attraverso lo sguardo della memoria”.



Tra le varie menzioni ci soffermeremo su quella conferita ad Antonio Magnotta con la sua Venere.

Il motivo è semplice. Si tratta di un’opera che si pone su una linea di confine tra pittura e scultura.

Il lavoro, infatti, secondo quanto spiega Mezzina nelle note critiche, è realizzato su una grande mattonella porcellanata, e presenta una figura di donna, la dea Venere, del titolo.

La dea appare mollemente adagiata su un triclinio. A prima vista il soggetto si rifà ad un gusto classicheggiante ma a ben vedere lo stile è tutto contemporaneo, ben lontano dall’aspirazione ad una perfezione idealizzata.



Nella sezione scultura la palma del vincitore va a Chiara Rojo con la sua opera Ascensione.

Una figurina esile scolpita nel bronzo allarga le braccia nell’atto di librarsi verso l’alto. Ma quella che è un’ascesa ricorda anche, circolarmente una crocefissione, con una sorta di croce che emerge dall’intreccio dei rami e dalla peculiare posizione del soggetto protagonista della stessa.

Ad essere premiato anche Gianni Morra con la sua opera Esaltazione (cui fa da contraltare l’altro soggetto scultoreo dedicato alla Fragilità.



Dalle note critiche: “Opera di straordinaria potenza dinamica ed emotiva. Il gruppo scultoreo, che è di dimensioni contenute, ha  un’architettura complessa. Due possenti destrieri, montati da amazzoni, sono scolpiti nell’attimo di più intenso pathos, quando sul campo della battaglia è l’uomo a soccombere. 

Eccezionale la resa della  concitazione del momento. Al dinamismo della rappresentazione scultorea si accompagna la preziosità  della ceramica raku, che aggiunge alla scena luce e colore. L’impatto visivo globale è di rara bellezza".

Per ammirare tutte le opere è possibile visionare il catalogo online della mostra:

giovedì 20 marzo 2014

Ascesa al mondi degli immortali: sono le emozioni a salvare dalla decadenza dell'anima

Giovedì 20 marzo alle ore 20.30 nella bellissima cornice di Villa Contarini Nenzi di Dosson di Casier (TV), in via Guizzetti, 78/82, lo scrittore Alessandro Pierfederici presenta i suoi due romanzi “Ritorno al Tempo che non fu" e "Ascesa al mondo degli immortali", entrambi pubblicati da edizioni del Leone – LCE.

Un incontro in cui le parole incontrano la musica in un "minuetto perfetto ed alchemico.

Gli intermezzi musicali eseguiti al pianoforte da Alessandro Pierfederici.

Dialoga con l'autore Franca Barzan.





L'evento, ad ingresso gratuito, è realizzato con il patrocinio dell'Assessorato alla cultura del comune di Casier.

La vicenda del romanzo “Ascesa al Mondo degli Immortali” di Alessandro Pierfederici è ambientato al tempo della cosiddetta Belle Époque.

A descrivere questo periodo è lo stesso autore.

“Si tratta di quel periodo fra Ottocento e Novecento in cui in Europa si era consolidato un nuovo ordine politico che, sotto una pace apparente, nascondeva tensioni e conflitti pronti a scatenarsi. Fu il periodo dell’emigrazione di massa dall’Italia unificata, delle repressioni armate dei moti popolari, delle disfatte nelle guerre coloniali. Di lì a poco il mondo occidentale precipitò nel più spaventoso conflitto bellico mai visto, il tragico punto di arrivo di un’epoca, che distrusse, assieme a milioni di persone inconsapevoli ed innocenti, l’eredità di secoli di storia”. 

Un'epoca, quindi, macchiata dal sangue e dalla violenza e attraversata da una progressiva decadenza. Un tempo che, contrariamente a quanto sembra suggerire il nome, è oscuro e “spettrale”. Così lo dipinge l'autore del romanzo, che ambienta la vicenda tra belle epòque triestina e viennese, creando un ponte tra le due realtà territoriali e sociali.

“Centro nevralgico, quasi simbolico, di questa decadenza – rimarca Pierfederici - è la Vienna imperiale che l’enorme numero di musicisti, scrittori, pittori, scienziati, uomini di cultura e intellettuali allora attivi aveva reso una delle capitali culturali del mondo. Tutti avvertivano il dramma che si andava preparando, ne traevano linfa per le loro creazioni ma nello tesso tempo erano prostrati dalla consapevolezza dell’impotenza a fronteggiarlo”.

A questo clima di sgretolamento di un'epoca e delle sue certezze fa da contraltare il senso di fallimento di Anton, il protagonista. Ne nasce un'atmosfera lenta, attutita dove spira una sorta di aria di catastrofe e morte incombente.

Il protagonista aspira all'idea di infinito, a trascendere la finitudine ed i limiti umani e lo strumento creativo scelto per salire la lunga scala che conduce al cielo è l'arte ideale. Aspirare ad un’arte ideale. La capacità dell'arte di aspirare all'infinito, come ricorda l'autore, è ravvisabile nella perfezione e nell'emozione suscitata da alcuni capolavori, così potenti che l'anima stenta a credere sia possibile siano frutto di una mera mente umana.

Di fronte ai cocenti dolori dell'infanzia ed alle disillusioni dell'adolescenza, Anton si convince che la realtà fattuale non è altro che una pesante zavorra da cui liberarsi, in quanto è considerato una limitazione al sogno di una creazione assoluta, un’arte pura, e quindi impossibile. Negare il reale a favore di un ideale difficile se non impossibile da raggiungere ed afferrare porta Anton a vivere in uno stato di conflitto e di scissione perenne dell'anima... in parole povere a “non vivere”.

Anton, infatti, arriva sempre troppo tardi, è bloccato dall’insicurezza, dal dubbio se sia giusto o meno agire d’istinto o proseguire sul cammino che si è scelto, è tormentato da incertezze costanti, perché il suo percorso si fonda sul vizio originario, l’idea di poter scindere quotidianità e creazione artistica.

A salvarlo, pur tra dubbi, ripensamenti ed esitazioni, sarà proprio la musica , sotto una duplice veste. Sia a livello di interpretazione di una musica altrui che tragga ispirazione dalla realtà sociale dell'epoca, sia la musica che compone se stessa e che diviene strumento per narrare i dissidi di un tempo, la miseria di un popolo ed il dolore individuale e collettivo.

Il suo approccio al mondo cambia radicalmente: da un universo al riparo dalle emozioni ad uno dove le emozioni sono la cifra stilistica dominante e si trasfondono con forza nella musica. In questo modo i dolori e le delusioni, date e ricevute, non sono più qualcosa di pericoloso da cui guardarsi e schermarsi, da negare, ma la vera ricchezza dell'esistenza con cui confrontarsi costantemente.

“Non sono più un sacrificio – chiarisce Pierderici – bensì una benedizione, il segno indelebile della viuta vissuta. Sia il maestro Kohn che l’amica Helene lo avvisano, a distanza di tanti anni, che la scoperta dell’amore vero e del dolore vero (forse i due estremi fra le emozioni umane) e la sua trasfigurazione nell’arte e poi nell’anima dell’artista sono ciò che lo porterà davvero verso l’immortalità della memoria”.

L’arte perciò, come ribadisce l'autore, è strumento di salvezza non tanto per un’epoca ed un mondo in rapida disgregazione (è l’illusione coltivata invece dall’amico scrittore Ralli) quanto per l’artista stesso. E la memoria eterna non è quella dei libri di storia e delle enciclopedie, ma quella di coloro che hanno trovato, attraverso l’arte, ma soprattutto attraverso la loro vita, la propria identità e il proprio ruolo.

Anton è sempre in cerca di certezze, di punti di riferimento stabili cui aggrapparsi. Ma più li cerca, più le sue insicurezza esistenziali lo fanno sentire in bilico, sulle sabbie mobili.

Ad un certo punto il suo approccio alla vita subisce una rivoluzione copernicana, che cambia irrimediabilmente il suo punto di vista.

“Aveva rinunciato da giovane all’amore – racconta ancora Pierfederici - alle amicizie, alla condivisione sociale in nome dell’ideale, e comprende ora che l’arte, per essere davvero tale ed esprimersi pienamente, gli richiede di tuffarsi a fondo nelle vicende umane, non solo quando queste lo vengono a prendere e trascinare verso il dolore, ma anche quando lo pongono di fronte ad una scelta: negazione dei propri principi morali, tradimento dell’amico e vivificazione artistica, o fedeltà a sé stesso e al proprio credo interiore e conseguente, possibile fermata al di qua della grande ascesa creativa?”

Il tipo di scrittura prescelta vuole essere per il lettore una sorta di scandaglio del tormento psichico del protagonista, messo di fronte al bivio di una scelta che per lui implica un terribile abbrutimento morale e che quindi ben presto diventa un vicolo cieco.

Quello che viene percepito da Anton come un vicolo cieco che viene rigettato in nome di una superiore levatura morale ed arte ideale diventa nei fatti reale abbrutimento autoimposto in qualche modo.






Quindici anni di : isolamento, apatia, vanità, convinzione di essere l’artista sommo incompreso da un mondo indifferente, misantropia e dolore per chi lo ama.
Quando, senza esserne consapevole fino in fondo, Anton sta per perdere definitivamente se stesso, il dolore per la morte della madre (chi ha dolore sente e chi sente è vivo) lo riporta alla vita, perchè “lo costringe a tornare fra la gente, in un mondo che però ha le proprie regole, inconciliabili con quelle dell’artista isolato e idealista”.

E' questo il tempo inevitabile del confronto, anche difficile, duro ed aspro, con il reale. E' questo il tempo di mettersi davvero in gioco anche a costo di farsi male e fallire davvero non solo nel mondo delle idee e del pensiero solipsistico.

“Anton accetta dunque – dice l'autore - a fatica e al termine di un lungo travaglio interiore, il sacrificio di far penetrare il mondo nella propria realtà di artista, ma ancora non comprende che quella è solo una possibile via e non lo scopo finale”.

L’arte, secondo le parole di Pierfederici, è un mezzo di ascesa e di assunzione di consapevolezza di sè non il punto di arrivo.


LA TRAMA ED IL SENSO DEL LIBRO NELLE PAROLE DI CHI LO HA GENERATO

“Ascesa al regno degli immortali” è la storia di un duro conflitto fra queste due spinte opposte, conflitto che inizialmente ha per campo di battaglia l’animo inquieto di un ragazzino votato a imprese maggiori di lui e destinato a smarrirsi in un mondo inesistente, e poi l’uomo adulto impegnato a far convivere in sé due pulsioni apparentemente inconciliabili. La coesistenza tra versante ideale e reale è possibile ma nasce solo da una successione di lotte, delusioni, desideri inappagati e rimorsi, uno stato d’animo ricorrente e costante nell’artista, anch’esso di matrice autobiografica.

La storia è colma di esempi di creatori moralmente riprovevoli, che hanno però additato la via di una più alta esistenza ad un’umanità da cui erano respinti o che addirittura detestavano, e suggerisce l’ipotesi che forse è proprio tale convivenza che origina la vera arte.

Citando una frase tratta dal Ritratto di Dorian Gray “Il vizio e la virtù sono per l’artista materia d’arte.”

L'arte viene poi proposta come uno strumento di catarsi, individuale innanzitutto.

Infatti, se cessa di essere fine esclusivo dell’artista, se diventa strumento per combattere prima di tutto contro la parte oscura di sé, allora la via della conciliazione e della salvezza è possibile.

Tutto dell’artista in quanto essere umano, il bello come il brutto, la totalità dell’essere, entra nella sua opera. L'opera si nutre della vita vera e così diventa di carne e sangue e propruio per questo è in grado di generare profonde emozioni.

Il riconoscimento in sé della natura difettosa, fragile, instabile di uomo da parte dell’artista conduce ad una riconciliazione interiore. Nella conclusione della storia, in cui il protagonista dei quattro canti di Mahler diventa l’immagine trasfigurata dello stesso Anton, questa ricomposizione avviene attraverso la comprensione che arte, vita e morte mai sono state disgiunte e mai potranno esserlo.



E' questa la suprema consapevolezza che porta l’uomo, prima ancora che l’artista, nel regno degli immortali.

martedì 18 marzo 2014

Il Vocabolario Sociale: le parole che tutelano i diritti

Ci vorrebbe più delicatezza nei confronti di quello che è importante per gli altri. Invece la gente di solito misura tutto sul proprio metro: quello che non fa male a me non fa male a nessuno. Quello che non è importante per me non è importante per nessuno. Ci vorrebbe più tenerezza, più cura, per ciò che non è nostro. (Fausto Maraldi).

Potrebbe cominciare da questa considerazione la riflessione sull'importanza di "parlare bene", dove per parlare bene non si intende un linguaggio forbito ed elegante nè corretto grammaticalmente (anche se una buona grammatica non guasta naturalmente) ma un uso consapevole delle parole che rispetti i diritti di coloro le cui storie, i cui frammenti di vita, vengono raccontati.


Parte da questa esigenza la creazione di un "Vocabolario sociale" (edito da Gesco), presentato giovedì scorso, 13 marzo, presso il Palazzo Reale partenopeo, nell'ambito del primo incontro destinato all'aggiornamento dei giornalisti della Campania (sia pubblicisti che professionisti).






Il convegno “Terzo settore e comunicazione sociale: parole e azioni che includono. Il Vocabolario sociale per una nuova deontologia dell’informazione” è organizzato dall’Agenzia cittadina del terzo settore e dal gruppo di imprese sociali Gesco nell’ambito delle attività del portale Napoli Città Sociale del Comune di Napoli, in collaborazione con l’Agenzia di stampa Redattore Sociale e con l’Ordine dei Giornalisti della Campania.

Le parole sono il primo baluardo a difesa dei diritti, come sottolinea il sociologo Fabio Corbisiero, e segnano l'evoluzione della società, il cambiamento di atteggiamento (e la relativa ricaduta comportamentale) nei confronti di determinati gruppi e sottogruppi, soprattutto di quelli a maggior rischio di esclusione e di marginalizzazione.

Un cambiamento che può essere solo di facciata, secondo quella che gli psicologi sociali chiamano acquiescenza, in base ad una moda, ad un'etichetta, ad un finto buonismo o all'adozione di uno stile "politically correct".

O può altresì costituire un cambiamento sociale epocale, segnando il passo di una reale e profonda "conversione" a livello individuale e  collettivo.

Le parole sono il primo avamposto a difesa dei diritti, dicevamo, e segnano il trionfo della consuetudine, del è opportuno comportarsi così a livello collettivo, su cui in seguito si edificheranno le fondamenta del diritto positivo.

Le parole difendono i diritti, o li negano, prima ancora che ci sia la formalizzazione delle leggi, quindi.

Arrivano prima della 104/92 e della Convenzione Onu del 2007 (ratificata in italia a fine 2009) a sottolineare che è importante lottare per una reale integrazione delle persone con disabilità in ogni settore della vita.

Prima del 196/2003 e successive modifiche ed integrazioni a difendere il diritto alla privacy ed a trattare con delicatezza l'intimità delle persone.

Prima della 190/2012 a trovare il coraggio e la dignità di  urlare a gran voce che bisogna dire no alla corruzione ed all'ottica clientelare  nel settore pubblico e non solo).

Di questo dovrebbero essere consapevoli tutti coloro, in prima linea i giornalisti, che delle parole hanno fatto il loro pane quotidiano.




Così come dovrebbero essere consapevoli, come viene sottolineato da più parti, che le parole che si sceglie di utilizzare non sono mai neutrali, ma portano con sè, marxianamente, tutta una sovrastruttura culturale, la propria immagine del mondo, cui è impossibile sfuggire, al di là di una sedicente "pretesa" di oggettività assoluta, come sottolinea il giornalista Francesco Romanetti.

Le parole sono "pietre" e come tali possono far male.

Ci si dovrebbe rendere conto che ci si sta muovendo su un territorio delicato e "scivoloso", quando una conversazione, sin dalle prime battute si trasforma in un attacco verso specifiche categorie, come sottolinea Nicola Blasi, curatore del Dizionario sociale assieme a Fabio Corbisiero ed alla giornalista Ida Palisi.

Un vocabolario che lungi dall'essere una matita blu e rossa delle cose che si dicono o che non si dicono vuole semplicemente essere uno strumento volto ad indicare nuove strade possibili per guardare al mondo ed all'altro da sè.

Nato da un sondaggio lanciato sul portale www.napolisociale.it in cui veniva chiesto ai lettori in merito a quale temi sentivano il bisogno di un approfondimento e maggiori spiegazioni il Vocabolario sociale  si snoda attraverso il significato attualizzato di alcuni termini divisi per macrocategorie (nella top list disabilità, immigrazione, omosessualità e differenze di genere), ma esamina anche il percorso compiuto dalle parole, con un excursus storico, e rintraccia anche i principali riferimenti di legge che l'hanno accompagnato come spiega Ida Palisi, che aggiunge come all'uso di specifiche parole corrisponda l'assunzione di profili di responsabilità nevralgici. 

Perchè con l'uso di alcune parole anzichè di altre si indirizza il tipo di comportamento verso alcune categorie.


A redigere il Vocabolario sociale i giornalisti Alessandra Del Giudice, Raffaella R. Ferrè, Luca Romano ed il sociologo Raffaele Masolino.




La sensibilità verso l'altro, l'apertura ad un dialogo vero e completo, dovrebbe guidare la scelta delle nostre parole anzichè la coercizione legata a leggi imposte dall'alto come ribadisce Patricia Bianchi, docente di Linguistica Italiana presso l'Università Federico II.

Perchè, e in questo gli studi sull'importanza delle Human Relations sono maestri, qualsiasi controllo, per quanto capillare, verrà evaso se coloro che dovrebbero assoggettarvisi non credono nei suoi principi ispiratori.


Naturalmente, visto che solo gli stupidi non cambiano idea, si è sempre in tempo per modificare, anche in maniera profonda e sostanziale il proprio universo di senso di riferimento.


Le parole, dunque sono i compassi che misurano l'ampiezza del mondo nel quale ci muoviamo, che permettono o negano l'accesso a vari ambiti, al pari di come fanno le barriere architettoniche nelle strutture urbane.


Sono le parole che permettono ad un individuo d prendere forma nella mente dell'interlocutore in maniera veritiera ed equilibrata o che altresì lo schiacciano in una categoria "a tenuta stagna".





Come succedeva (ed ancora succede spesso) per le persone con disabilità i cui attributi sociali, come ricorda Giampiero Griffo, responsabile della Sezione sulla Diversità della Biblioteca Nazionale di Napoli, sono: un po' sciancate (quindi è meglio che la persona vada 'piano piano'), con disabilità lieve, grave o gravissima (da questo dipende l'essere in carico o meno ad un istituto) e titolari o meno di pensione di invalidità (e qui si aprirebbe tutto un altro capitolo sulla questione relativa ai veri ed i falsi invalidi)

Non resta quindi che tenere il Vocabolario sulla propria scrivania, o sul proprio desktop, anche solo per fugare alcuni dubbi interpretativi che spesso possono trasformarsi in vere e proprie questioni esistenziali.


Per scaricarlo gratuitamente: http://www.napolicittasociale.it/portal/files/documenti/vocabolario-sociale.pdf

martedì 11 marzo 2014

Iodio: per far spazio alla possibilità di amare

Domenica 16 marzo alle 18.00, Iodio, (edito da Alma Neapolis Edizioni nella collana Lilith diretta da Agnese Palumbo) che racconta le idiosincraisie ma anche gli infiniti amori di una Napoletana doc, Ilaria Puglia, giornalista e scrittrice, arriva a Cardito alla sede della Fenice Teatro Cultura in via Giacinto Gigante 3, per una presentazione in compagnia di Giampaolo Longo, Massimo Piccolo e Agnese Palumbo, oltre, naturalmente, all'autrice.

Questo libro, dalla scrittura veloce ed a tratti sincopata, "isterica", si può cominciare a leggerlo subito subito senza aspettare di portarlo a casa. 

Così come succede con il buon pane verace, o lo sfilatino, baguette se vogliamo fare i sofisticati, che te lo mettono nella carta grezza, quella per alimenti, e tu fai di tutto per non assaggiarlo .

Ma alla fine non resisti e non puoi fare a meno di staccare il "cuzzetiello" per sbonconcellarlo subito o fai un buco nella mollica morbida ed infili di soppiatto i pezzetti in bocca.

Così è per Iodio, che per il lettore, oltre che per l'autrice, rappresenta una sana boccata d'aria fresca, scevra da convenzionalismi. 

Un grido liberatorio lanciato proprio quando si sta per esplodere di fronte alle giornate storte, i "dieci secondi che separano la sopportazione dall'esplosione". 

Un mantra, da recitare di fronte alle provocazioni ed alle brutture, ai piccoli e grandi soprusi, della vita quotidiana, per recuperare il contatto con se stessi e fare spazio alle cose amate: agli adorio.

Quindi è impossibile non leggerlo sin da subito.

 Si tratta di una lettura adatta ad un viaggio.

Perfetto da leggere in treno, in metro, in vesuviana... da stazione a stazione, mentre le città scorrono dal finestrino.

"E' il grido zen - sottolinea l'autrice -  l'urlo liberatorio del guerrigliero moderno vittima della metropoli, della pioggia, dei parrucchieri, delle scarpe, della guerra dei botti, della burocrazia, delle suocere, delle commesse, di una società insopportabile che si combatte con tenacia per migliorarla, trasformarla o mandarla a quel paese, in caso di estrema necessità. Iodio potrebbe essere la necessaria indignazione che può finalmente dare inizio al cambiamento".




LA GENESI

Iodio è il puzzle del dissenso ma anche della speranza di riscatto. nato da una rubrica inaugurata il 1 gennaio 2013 su Parallelo 41 (http://www.paralleloquarantuno.it) . 

Per un mese Ilaria Puglia scrive ogni giorno la sua dose di iodio, una piccola iniezione che serve a vaccinare contro i malumori della quotidianità ma anche a guarire dal mal di vivere.

Poi il "richiamo" diviene settimanale.

Infine, nella stesura ultima del libro, Ilaria aggiunge un ultima manciata di pillole di iodio e li bilancia con gli adorio.

Un inno alla libertà, quella di "odiare" (o per meglio dire iodiare), che altro non è se non l'alterego dell'amore

Infatti, per poter fare spazio alla possibilità di amare, secondo quanto ribadisce l'autrice, bisogna avere il coraggio e la forza di odiare, di identificare e circoscrivere ciò che ci è inviso, di dichiarlo apertamente. 

Solo facendo ciò si può finalmente metterlo all'angolo e neutralizzarlo.

Per poter ridere delle proprie paure ed anche dei piccoli grandi difetti dell'altro, trasformando una potenziale frattura, un dramma, in una bella risata liberatoria da fare insieme, è necessario riconoscere gli elementi che possono "inquinare" il nostro quotidiano.

"La mia scrittura - racconta ancora Ilaria - non è ragionata e strutturata. E' una scrittura istintiva, di getto. Si lega stettamente alla possibilità di riconoscere ed affrontare le mie idiosincrasie. E' una necessità vitale senza la quale non respiro".

Una "possibilità di respirare e purificarsi" che nasce dall'opportunità costante, anche nei momenti più bui e "abbattisperanza", di commentare la realtà, riappropriandosi della capacità di provare grandi emozioni.

"Si tratta di una battaglia quotidiana - ribadisce l'autrice - che serve a riconciliarsi con il resto quando non si è in pace con se stessi".

Dopo aver avuto il coraggio di odiare ecco che si fa spazio la possibilità di adorare qualcosa (gli adorio appunto).




Gli adorio sono il contraltare di ciò che odiamo, ma anche, per Ilaria, un esercizio letterario in cui dare un volto alla sua fame di vita, al lato luminoso che ogni giornata cela in sè.

Frammenti di speranza: gli sprazzi di sole in una giornata d'inverno, i libri e la possibilità di gustare la presenza protettiva degli amici, che ci accarezzano come guanti di velluto e ci cullano.

L'idea confortante che anche nei momenti più brutti si può sempre ricominciare daccapo.

Ed ancora l'avere un luogo-rifugio, la casa di vacanze lontana dal caos, dove i nervi, anche quelli più tesi  sul punto di rompersi, si placano.

La possibilità di leggere e scrivere, scrivere, scrivere, seduta su una sedia a sdraio con in mano un semplice e "vitale" bicchiere di acqua dissetante... L'amore-odio per il fare le valigie, croce e delizia perchè segnano l'inizio di nuove possibili avventure.

Ora, tra i progetti di Ilaria Puglia c'è la voglia di mettersi alla prova nella scrittura di un romanzo, con una trama costruita ad hoc e dei personaggi che a questo romanzo appartengono, che hanno in esso la propria casa e la ragione della propria esistenza.



LA NUOVA COLLANA: LILITH DI NEAPOLIS ALMA EDIZIONI

Più che di scritture alternative, la curatrice di Lilith, Agnese Palumbo, ama definirle "scritture femminili che affrontano argomenti non comuni".


Ecco perchè come libro di apertura di questa nuova collana Agnese sceglie prorio Iodio di Ilaria Puglia che rappresenta "certamente un argomento di rottura decisamente poco politicamente corretto. Non perché affronta temi di rottura (tutt'altro: i protagonisti, infatti, sono temi del quotidiano, narrazioni comuni di tutti  i giorni) ma perchè lo fa liberando il lato iintollerante che è noi, quello che non si rassegna. Quello che sceglie di IODIARE per cambiare le cose, contro ogni rassegnazione"

"Iodio quindi - ribadisce la curatrice della collana - è  un atto di responsabilità".

Lilith è anche questo: donne che hanno voglia di raccontare cose politicamente scorrette, di rottura e di responsabilità.


La storia di Lilith non a caso, la vera prima donna del Paradiso terrestre, nata  dalla terra, reperibile soprattutto nel folklore ebraico (se ne trovano tracce anche nella qabbalah e nel Sèfer ha-Zòhar, il Libro dello Splendore), è quella di una figura autonoma, fisicamente e nel pensiero, indipendente, fedele a se stessa e libera sessualmente.

Per il suo spirito caparbio viene rifiutata da Adamo, che le preferisce la più docile e gestibile Eva, e così Lilith sceglie volontariamente di allontanarsi dal Paradiso terrestre.

Inappagata sessualmente, visto che non  ha voluto congiungersi con Adamo, scotto da pagare sarebbe stato accettarne il giogo, Lilith arriva sulle sponde del Mar Rosso dove trova una schiera di demoni con cui si accoppia in piena libertà, dando orgine ad una nova stirpe.



Il secondo libro della collana è dedicato alla madre  di Jane Eyre.

Si tratta della storia di una donna mai raccontata - sottolinea Palumbo -  poco romantica, poco feuilleton, una scrittrice, una studiosa, la moglie di un uomo non facile, una donna che con la sua mitezza ha ispirato dei geni".

A raccontare la storia di questio personaggio per la prima volta è Maddalena De Leo, una ricercatrice di fama internazionale, che ha preferito il genere del romanzo alla saggistica, perché la storia di Maria deve somigliare alla storia di madri e di donne di ogni tempo, come ribadisce Agnese.

Il claim, il motivo ispiratore, di Neapolis Alma Edizioni è "Chi legge indipendente ha pazienza e grandi sogni". 

"E' questo - continua Palumbo -  quello in cui crede la casa editrice. Piccoli costi per grandi sperimentazioni, grande ricerca, nuova linfa e nuovo coraggio. Perchè chi legge in maniera indipendente, cerca negli scaffali autori nuovi e storie nuove, non si domanda perché il libro non è in tutte le librerie o perché la copertina non è patinata e non costa 20 euro. Si ferma e legge".

Per il puro piacere di farlo e di cominciare un viaggio autentico di scoperta e sperimentazione.

Le vere scoperte non si fanno in abiti eleganti, vestiti di tutto punto, e guanti bianchi, ma avendo il coraggio di rischiare. 

Parola di scopritore.


sabato 8 marzo 2014

Primo soccorso: la sicurezza è vita


Ve lo ricordate quando alle Superiori la Scuola richiedeva il certificato di sana e robusta costituzione (ora idoneità fisica) per poter svolgere le attività di educazione fisica?

Un passaggio vissuto spesso dagli studenti come una scocciatura formale ed invece importantissimo perchè al medico sportivo tocca il delicato compito di valutare o stato di salute della persona, la sua possibilità di fare determinati sforzi ed alla fine, nell'ambito di un quadro generale, di indirizzare il paziente all'attività fisica più adatta e compatibile con la sua struttura fisica.

Ancora oggi questo è un aspetto trascurato da molte strutture sportive ed anche dagli stessi interessati che fanno sport per passione a livello amatoriale.

Basti pensare che, come ricordano gli esperti, in molti tornei intersociali la figura del medico sportivo, obbligatoria per legge, risulta nei fatti presente solo sulla carta.

Il risultato sono danni, di varia entità, da un livello lieve ad uno medio grave, a carico del nostro organismo, con ferite, lesioni, strappi, e simili, fino ad arrivare potenzialmente alla morte per un per un arresto cardiocircolatorio.

Per riflettere su queste tematiche  e delineare un preciso quadro di riferimento ed una nuova strada percorribile, sabato 8 marzo a partire dalle ore 9.00 si svolgerà un seminario informativo sulla nevralgicità del primo soccorso nelle attività sportive.

Ad organizzarlo Tangram srl, Riamed, centro SMS con il patrocinio del Comune di Napoli e dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II.

Location il Circolo Nautico Posillipo (via Posillipo, 5).

"Quanto è importante essere preparati ad intervenire durante manifestazioni sportive a fronte di incidenti e malori, anche gravi? Quali sono i nuovi obblighi nella legislazione Regionale in linea con quanto disposto dalla legge Balduzzi (legge 189 dell'8 novembre 2012 e recentemente oggetto di una nuova interpretazione i cui effetti entreranno in vigore dal gennaio 2015? 

A questa ed a tante altre domande mira a rispondere il seminario informativo odierno, strutturato su tutta la giornata.

Presupposto di questi interventi: in Italia ogni anno muoiono almeno 8 atleti secondo gli esperti, mentre in Campania vi è la maglia nera del numero di infortuni nelle strutture sportive.

Questo denota una profonda lacuna culturale sia per quanto riguarda le tecniche dui primo soccorso in caso di taglio, ustione , colpo di calore e simili (il primo soccorso può essere effettuato da qualunque operatore sportivo dall'allenatore ad un tecnico in possesso di idonea abilitazione BLS-d riconosciuta a livello europeo ) sia nell'ambito del pronto soccorso, le cui manovre possono essere messe in atto solo da un medico.

Nella prima parte del seminario, quindi, (mattina) verrà affrontato il versante del primo soccorso, mentre nel pomeriggio quello del pronto soccorso, di cui è protagonista il massaggio cardiaco, a tutti gli effetti strumento un salvavita.






GLI ESPERTI A CONFRONTO


Ne parlano il Dott. Enzo Marra, noto commercialista, faro di centinaia di società sportivo dilettantistiche della regione che tratterà della sicurezza negli impianti sportivi attraverso i nuovi obblighi della legislazione regionale; il Dott. Maurizio Marassi (promotore di questo momento di riflessione-azione) medico sportivo, pilastro del DOOA Posillipo, che chiarirà gli aspetti relativi alla tutela sanitaria degli sportivi e la Legge Balduzzi, il Dott. Lucio Gagliardi tratterà l’asepsi e le ferite da taglio, il Dott. Ferdinando di Lauro il valore dell’ECG, il Dott. Guglielmo Lanni i traumatismi osteoarticolari, la Dott.ssa Annamaria Meterangelis, campionessa di basket e psicologa dello sport analizzerà la psicologia del soccorritore, il Dott. Giovanni Vivona dell’AOU Federico II, esperto in anestesia e rianimazione e medicina dello sport concluderà con un approfondimento sul primo soccorso, importanza ed uso di un defibrillatore, rianimazione cardiorespiratoria e ciclo della vita.

LE TAPPE IMPRENSCINDIBILI

Come ribadiscono a più riprese gli esperti avere a disposizione un defibrillatore è fondamentale  perché può salvare la vita. Presupposto  la presenza di personale competente addestrato al primo soccorso, e la visita medico-sportiva, quale necessario mezzo di prevenzione.

Affinchè, dopo il verificarsi di tragici incidenti anche letali, non si parli di tragedia annunciata e non pesi sulla coscienza collettiva e professionale il peso di un evento evitabile, di cui in qualche modo si diviene, per incuria e leggerezza, corresponsabili.

Il Seminario vedrà tra gli altri la partecipazione di specialisti del settore medico sportivo, dirigenti delle principali federazioni sportive, aziende specializzate nella comunicazione via internet, nella formazione,nella fornitura di ortopedia e medicali, nonchè fisioterapisti, studenti universitari, e quanti intendano approfondire tematiche culturali di pubblica utilità. 

IL PRIMO SOCCORSO

"Per primo soccorso  - chiarisce Andrea Ritondale della Riamed si intendono tutte quelle manovre che si eseguono su persone "a terra" per mantenerle in vita in attesa dell'arrivo del 118 ( viene definita catena della sopravvivenza).Tali manovre possono essere eseguite anche da operatori non medici, ma formati opportunamente ed in possesso di certificazione Bls- d".

ln base alla consapevolezza nata da diversi fatti di cronaca, si pensi ad esempio al caso del calciatore Morosini solo per fare un esempio, il livello di sicurezza sui campi non e' cambiato molto, purtroppo, testimonianze degli addetti ai lavori alla mano.

 Come viene da più parti sottolineato, la strada da percorrere e' ancora lunga ma sia le istituzioni che gli addetti ai lavori stanno cercando di creare attraverso congressi come questo la cultura del defibrillatore e del  primo soccorso per trasmettere la consapevolezza e la competenza su  come comportarsi quando una persona e' in arresto cardiaco e sull'utilizzo del defibrillatore stesso perchè "il tempo a disposizione per far sì che la persona non subisca danni irreversibili è veramente poco".


"La legge regionale sullo sport, la numero 18 del 25 novembre 2013 - spiega Enzo Marra -  dal primo gennaio 2015, per il riconoscimento della qualifica di istruttore, prescrive la frequenza ed il superamento di un corso di formazione di PSS (Pronto Soccorso Sportivo). Dunque tutti gli istruttori sportivi della Campania debbono, alla luce  della nuova normativa regionale, conoscere ed aggiornarsi sulle tecniche di primo soccorso in considerazione di probabili incidenti che possono accadere sui campi di pallavolo, nei centri sportivi o in palestra". 

Nevralgico anche il decreto Balduzzi che, in termini di responsabilità medica impone l'obbligo dal gennaio 2015 di affiancare al corso in Pronto soccorso Sportivo anche uno che abiliti all'uso del defibrillatore semiautomatico e alla sua manutenzione.



Alla conoscenza delle manovre più idonee va affiancata una consapevolezza ed una prontezza d'azione a livello emotivo e psicologico.

"E' necessario - rincara la dose Annamaria Meterangelis psicologo dello sport/staffa Pallanuoto Posillipo e psicoterapeuta - avere consapevolezza del ruolo edelle possibili emozioni in gioco. Inoltre, imparare ad integrarsi con gli altri soccorritori  favorendo il percorso migliore nell'attesa del responsabile della sicurezza.  Questo si traduce in un'adeguata comunicazione tra i soccorritori 'laici' ed i professionisti nonchè nei confronti dell'assistito".

Ne consegue un clima di maggiore tranquillità, secondo quanto ribadisce la Meterangelis, che permette di intervenire tempestivamente senza sprecare tempo ed evita che si concretizzi il rischio del verificarsi di quel fenomeno che gli psicologi chiamano "passività collettiva", dove ognuno pensa che ci pensi qualcun altro a soccorrere colui che si è sentito male ed alla fine nessuno fa nulla.


CONTRO I RISCHI MORTALI: PREVENIRE

Michela Mancini vicepresidente della Coalizione italiana contro la pena di morte, ricorda come la Coalizione abbia patrocinato un'iniziativa della Riamed, (Società leader in Campania per la fornitura di  prodotti e servizi in ambito elettromedicale, ospedalieri e del benessere) svoltasi l'11 ottobre scorso,  in occasione della  undicesima Giornata Mondiale contro la Pena di Morte.

Coalit  dal 1997 opera a livello nazionale in favore della legalità, della cittadinanza attiva, dei diritti,ma soprattutto a tutela della vita in tutte le sue forme.

Tale giornata ha permesso di donare al Nuovo Quarto Calcio per la Legalità un defibrillatore Cardiac Science mod G3 per cardioproteggere lo stadio Giarrusso di Quarto.

"Scopo primario della donazione a favore della squadra e dei tifosi tutti - chiavisce la civicepresidente Coalit - è  stato quello di ridurre il numero di morti dovuti ad un Primo Soccorso inadeguato durante i  primi 4/5 minuti immediatamente successivi ad un arresto cardiaco in attesa del Pronto Soccorso del 118. Perché anche la mancanza di questo macchinario in ogni luogo di pubblica affluenza è Pena di Morte!"


IL PORTALE MIO TERAPISTA.IT

Si tratta di un portale, nato l'8 ottobre 2011, voluto e realizzato grazie alla preziosa,professionale consulenza e collaborazione di fisioterapisti , medici sportivi, preparatori atletici,ed operatori del benessere.

Il portale  ambisce a diventare il Portale italiano dei terapisti, ideato e realizzato per coloro che operano nel settore della FKT, Medicina dello Sport, cura degli anziani, dei diversamente abili e dei bambini, ma anche un Portale pensato per creare momenti di scambio e di informazione con i pazienti e con tutti gli utenti interessati alla materia.
Lo scopo e sottolineare la nevralgicità della relazione di fiducia che  si instaura tra medico e paziente (che dev'essere implementata e nutrita), e di conseguenza  quella relazione che gli ideatori del portale vorrebbero si instaurasse tra gli utenti e la piattaforma stessa perché  MioTerapista diventi ogni giorno di piùquella  piazza virtuale  nella quale ogni potenziale paziente potrà ricercare il suo terapista, trovare le migliori strutture mediche sportive e della formazione, acquistare prodotti  e servizi di FKT e di Benessere e dialogare con esperti, informandosi su problematiche personali e professionali e sulle novità legislative.