lunedì 31 marzo 2014

La donna nelle sue mille sfaccettature del corpo e dell'anima

 Quando si partecipa ad un convegno o ad una tavola rotonda in cui varie opinioni su un tema si incrociano e vengono espresse verbalmente, bisogna dare il tempo ai nuovi concetti intercettati, alle nuove visioni incontrate, sottese alle parole, di farsi spazio nella propria coscienza e di generare, dopo una prima fase di comprensione, nuovi collegamenti, nuove riflessioni e, perché no?, nuovi dubbi.

Questo necessario processo di elaborazione, di decantazione e di presa momentanea di distanza dall’oggetto al centro di un qualsivoglia evento, è ancora più nevralgico quando abbiamo a che fare con i vari linguaggi dell’arte. 

Quando in ballo non c’è solo il canale razionale, quello dell’intelligenza geometrico-spaziale, quello della logica, bensì quello delle emozioni, che a volte possono confondere fino a generare vere e proprie tempeste.

Allora, proprio in quel punto di massima agitazione ed infervoramento emotivo, è il momento di dare il tempo all’anima di orientarsi tra varie sensazioni.

Si è chiusa il 13 marzo scorso la mostra “L'Eterno Femminino", una collettiva che ha visto protagoniste le opere, fino ad un massimo di due ad autore, di ben 39 artisti, sia uomini che donne.

La precisazione circa la differenza di genere tra gli autori non è pleonastica perché il tema su cui sono stati chiamati ad esprimersi è l’eterno femminino, ossia la potenza creativa, la deità, tipica dell’animo (e del corpo) femminile.

Ad ospitare l’esposizione, a cura di Gina Affinito del Centro Culturale Arianna, di cui è presidente Immacolata Maddaloni, il complesso di San Severo al Pendino nella centralissima via Duomo a Napoli.

Decidere per i giurati, non è stato semplice, tra opere aventi un elevato valore artistico ma anche un grande spessore in relazione al messaggio sociale ed esistenziale veicolato.

Due le sezioni: pittura e scultura.

A classificarsi sul podio rispettivamente al primo, secondo e terzo posto, Lia Maglione (in arte Malia), con la sua Espressione Femminile

Al secondo posto graffiano l’anima i “Pensieri prima di Morire” di Paola Paesano

Al terzo posto Anna Ciufo ci rivela il dolore di alcuni “Segni Indelebili”.

Menzioni speciali poi per Rosa Gammella, Carmela Cafaro, Gilda Niola, Aurora Baiano, Angela Impagliazzo, Silvia Rea, Rosa Zuppa, Antonio Magnotta.

La parola agli artisti.

“La mia opera – spiega Lia Maglione alias Malia – rappresenta una persona, una donna, frutto della mia fantasia, con i capelli  neri. Una moderna Proserpina".

Un’opera di stampo maggiormente realista rispetto alla linea pittorica dell’artista che solitamente predilige un’arte più figurativa, espressionista, astratta. Com’è nel caso della creazione “Attitudini” , i cui protagonisti sono posti su uno sfondo bianco, atemporale. Tra di loro, però, è possibile intuire un legame, costituito da interessi in comune e da un sentire simile. Attraverso di loro l’autrice pensa e rappresenta lo sguardo che dall’interno si proietta verso l’esterno ed indaga il mondo e l’altro da sé.



Paola Paesano spiega la sua opera “Sguardo prima di morire” un’opera apparentemente “eccentrica” ed atipica rispetto al tema trattato dalla collettiva d’arte.

“La mia opera – evidenzia – può essere considerata un mezzo per lanciare un messaggio politico in merito alla annosa  problematica della bufala in Terra di lavoro. Come ho spiegato nella sinossi del quadro, il mio lavoro di medico veterinario mi porta spesso  ad affrontare e condividere realtà lavorative spesso incresciose e tristi”.

Secondo l’artista, sicuramente le sorti della bufala, incrociate alla battaglia contro la mozzarella alla diossina (per certi versi un caso creato ad arte per danneggiare un’intera economia secondo alcuni esperti) rientrano in questà realtà.

“Ecco quindi  - continua - la mia forte motivazione nel rappresentarla pittoricamente ma anche nel modellato essendo anche artista di arte presepiale.

Di donne si parla pur non dipingendone necessariamente visi e corpi, perchè le opere sono frutto della creatività femminile o di quella maschile rispetto all'universo muliebre, come ha spiegato Maria Mezzina critico d’arte e responsabile editoriale di Cg Magazine.

“L'opera – continua Paesano -  non è altro che l'espressione del mio essere donna nell' ambito lavorativo, con tutte le difficoltà che si incontrano nel confrontarsi con l'universo maschile, soprattutto in un territorio dove culturalmente non ti è permesso a volte neanche di ridere, dove devi spesso esprimere un'altra personalità, dove meno parli meglio è..., dove devi comunque lottare per
andare avanti secondo quello che il tuo cuore ti dice di fare...”.



“C’è in questo ritratto – si legge nelle notte critiche redatte da Maria Mezzina -  l’abilità ritrattistica, la conoscenza scientifica e il pathos di chi, come l’autrice, è artista  presepiale, per professione conosce fino nel profondo gli animali e sa farsi interprete dell’empatia che da questi proviene. È un ritratto oltremodo drammatico, questo, che giustamente l’artista ha presentato per  questa mostra: dove dell’eterno femminino, nella espressione della povera bestia condannata al macello è incarnata la condizione drammatica di tante donne senza più alcuna speranza. Opera intensa, efficacissima”.



Ed eccoci ora catapultati nell’universo di senso e significato di Anna Ciufo.

Nell’opera, tra le due, che ha riportato la vittoria recante il titolo “Segni indelebili” l’artista dipinge, con una pittura materica e densa, i ‘graffi’ lasciati sul volto di una donna dai dolori, dalle amarezze, dai sogni infranti  che ella vive.

Il volto appare appena accennato, con le palpebre abbassate messe in evidenza, su uno sfondo forte e confuso.

Da sotto le palpebre trapelano e si allungano due “raggi”. Lo sguardo da cui si dipanano è assente e sembra quasi  non esserci, come sottolinea l’autrice stessa.

“Ma quei raggi – chiarisce Anna Ciufo -  sono le esperienze dolorose che lasciano nell’anima, e qualche volta anche sulla pelle, cicatrici dolorose al solo ricordarle attraverso lo sguardo della memoria”.



Tra le varie menzioni ci soffermeremo su quella conferita ad Antonio Magnotta con la sua Venere.

Il motivo è semplice. Si tratta di un’opera che si pone su una linea di confine tra pittura e scultura.

Il lavoro, infatti, secondo quanto spiega Mezzina nelle note critiche, è realizzato su una grande mattonella porcellanata, e presenta una figura di donna, la dea Venere, del titolo.

La dea appare mollemente adagiata su un triclinio. A prima vista il soggetto si rifà ad un gusto classicheggiante ma a ben vedere lo stile è tutto contemporaneo, ben lontano dall’aspirazione ad una perfezione idealizzata.



Nella sezione scultura la palma del vincitore va a Chiara Rojo con la sua opera Ascensione.

Una figurina esile scolpita nel bronzo allarga le braccia nell’atto di librarsi verso l’alto. Ma quella che è un’ascesa ricorda anche, circolarmente una crocefissione, con una sorta di croce che emerge dall’intreccio dei rami e dalla peculiare posizione del soggetto protagonista della stessa.

Ad essere premiato anche Gianni Morra con la sua opera Esaltazione (cui fa da contraltare l’altro soggetto scultoreo dedicato alla Fragilità.



Dalle note critiche: “Opera di straordinaria potenza dinamica ed emotiva. Il gruppo scultoreo, che è di dimensioni contenute, ha  un’architettura complessa. Due possenti destrieri, montati da amazzoni, sono scolpiti nell’attimo di più intenso pathos, quando sul campo della battaglia è l’uomo a soccombere. 

Eccezionale la resa della  concitazione del momento. Al dinamismo della rappresentazione scultorea si accompagna la preziosità  della ceramica raku, che aggiunge alla scena luce e colore. L’impatto visivo globale è di rara bellezza".

Per ammirare tutte le opere è possibile visionare il catalogo online della mostra:

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