martedì 29 aprile 2014

Passeggiando in bicicletta o auto per aiutare l'ambiente a respirare

 Napoli e provincia sono prigionieri dei tagli al trasporti. 

In tutte le province si sussegue una lunga serie di drastici ridimensionamenti del budget disponibile e disservizi. 

A causa dei tagli ai fondi per i trasporti, i paesi collegati a Benevento, solo per fare qualche esempio, possono raggiungere il capoluogo solo in alcune fasce orarie (anche molto distanziate tra loro). 

Non va meglio per Avellino e provincia che addirittura hanno visto eliminare quasi ogni collegamento con il capoluogo by bus di domenica.

Nel capoluogo, poi, le aziende di trasporto su gomma e su ferro sono al collasso, tanto da aver ridotto il servizio anche oltre il 51% rispetto agli anni precedenti.

L’inferno viaggia su ferro e gomma anche per i gli utenti della Circumvesuviana. Infatti, su un parco macchine di 140 mezzi, ben 100 sono fermi al palo, il che significa essere arrivati quasi ad un annullamento del servizio stesso.

Un modo ecologico ed intelligente per districarsi tra  fallimenti aziendali, autobus fermi e vecchi rottami impossibili da riparare (quando non manca anche benzina e polizza assicurativa), è salire sul sellino di una bicletta per percorrere strade alternative e suggestive e bypassare così il traffico congestionato, cullando la propria anima.

Ecco perché a Napoli nasce (e sarà attivo dal giovedì 1 maggio, tutti i giorni) bici sightseeing: ossia  ciclopasseggiate guidate.

Una buona pratica che vede collaborare l’Anea-Agenzia napoletana energia e ambiente, il Comune di Napoli e numerose associazioni del settore alberghiero.

Tutti insieme a favore della promozione del turismo responsabile e della mobilità sostenibile.
   
L’iniziativa si chiama I Bike Naples, un modo alternativo e gustoso per  visitare la città su due ruote, scoprirne e amarne l’arte e le bellezze naturali da una prospettiva differente, rispettando l’ambiente.



A partire da giovedì 1 maggio, quindi, i turisti italiani e stranieri potranno noleggiare una bicicletta e passeggiare accompagnati da una guida in lingua italiana e inglese, scegliendo tra due percorsi a tappe della durata di circa 3 ore ciascuno, al costo di 15 euro.

La Napoli antica, tra le principali piazze e monumenti dei decumani, e la Napoli panoramica, per pedalare passando per il Palazzo Reale, il Maschio Angioino, il Castel dell’Ovo, il lungomare e la Villa Comunale.

Prenotazioni sul sito web dedicato www.ibikenaples.it o telefonando al numero 081 419528.




Un’altra “strada” per ovviare ai bus al collasso (con tempi megagalattici di attesa e di spostamento da un punto all’altro) e taxi troppo costosi (la tratta Capodichino- Vomero ad esempio costa in media 17-20 euro) è il car sharing (condivisione di auto). Anche la tasca ringrazierà.

Il cambio di visione viaggia su due binari.

Il primo è quello di liberarsi di costi fissi come assicurazione, bollo, carburante e costi ulteriori di manutenzione ordinaria e straordinaria. L’auto quindi non è più un onere sempre più pesante da sostenere bensì un servizio sui cui si usufruisce in caso di bisogno.

Secondo versante. Quello della tutela dell’ecosistema e di conseguenza della salute del pianeta, collettiva ed individuale. Per inaugurare un nuovo codice etico di comportamento e di convivenza pacifica.

A Napoli l’esperienza del car sharing elettrico è stato inaugurato da un’azienda che si chiama Bee Green Mobility Sharing (www.bee.it) ed è capitanata da Mario Conforti.

A coprire spazi anche ampi è una piccola “ape” (da qui il nome dell’azienda) elettrica, una Renault Twizy, pari come potenza ad uno scooter (raggiunge un massimo di 60 chilometri orari), biposto. Pregi e difetti di uno scooter la accompagnano. Pregi: si può parcheggiare, gratis, sia nei vari punti targati bee sia nelle strisce bianche riservate ai motorini.



In più libero accesso alle zone a traffico limitato (ztl) essendo ad emissioni inquinanti zero. Difetti: un abitacolo ristretto e non comodo proprio per tutti.

I costi sono contenuti: trenta euro all’anno per attivare il servizio.

Questi trenta euro danno diritto ad avere una tessera, una sorta di passepartout che apre l’auto noleggiata (il noleggio può avvenire tramite telefono, sito o app sul cellulare).

E’ possibile “restituire”  l’auto presso gli appositi parcheggi, dotati di colonnine di autoricarica.

Con la medesima tessera la portiera viene chiusa (le chiavi di accensione devono essere riposte nel cruscotto) ed un messaggio notifica la corretta restituzione della piccola auto elettrica.

Al costo della tessera (costo di attivazione) si devono aggiungere 0.15 centesimi di euro per lo sharing per la prima ora , 0.20 per la seconda e 0.25 per la terza.

Vero è che la batteria ha un’autonomia di tre ore, ma non è detto che si debba viaggiare su strada per tre ore filate. Chi avesse bisogno dell’auto per l’intera giornata, infatti, magari la parcheggerà per alcune ore per poi riprenderla all’uopo. Se poi la batteria dovesse proprio “cedere”, viene fornito anche un adattatore che permette di ricaricare  la piccola aiuto targata Bee direttamente a casa.

Ma l’esperienza del car sharing strega tutto lo Stivale. Dall’eqsharing (www.eqsharing.it ), primo servizio totalmente elettrico di Milano, alla Car2go (www.car2go.com ), che viaggia sulle quattro ruote della Smart fortwo.



 Il servizio, in quel di Milano, è diviso tra quello comunale fornito dall’Atm, per chi abbia bisogno di un’auto più grande per viaggiare in più di due persone, e la Car2go appunto, soluzione studiata per spostamenti brevi, meno di 40 minuti, per sostituire la fruizione di taxi, bus, metro e tram a livello cittadino.



Sempre sul territorio di Milano troviamo Enjoy di Eni (https://enjoy.eni.com ) . Il servizio ha un costo di 25 centesimi al minuto, permette di accedere alla zona C di Milano e conta su un parco macchine di ben 430 vetture che, dicono dall’azienda, a breve diverrà di 600.

L’esperienza del car and bike sharing non interessa solo il Belpaese ma attraversa trasversalmente tutta il sistema mondo. Dalla California a Madrid, passando per Parigi, Amsterdam e Bilbao. E’ il crescente fenomeno delle  “smart city”, cioè città che adottano provvedimenti concreti per migliorare la qualità della vita.



NAPOLI: SPECCHIO DEL MONDO

Nel caso del capoluogo partenopeo, però, il tentativo appare ancora più significativo per una serie di fattori: in primis l’alta densità abitativa campana (che ospita circa il 10% della popolazione italiana per un territorio pari al 4,5 di quello nazionale).

Una struttura urbana caratterizzata da vicoli, vicoletti ed intrecci stradali, che molti definiscono “infartuata”, un prodotto interno lordo (Pil) procapite di appena 13mila euro a fronte dei 30mila della media europea.

Tutte queste variabili si traducono in un accumulo di disservizi a cui non si riesce a porre rimedio perché le casse dell’Ente – Comune sono desolatamente vuote ed anzi indebitate.

Napoli, dunque, condivide dei parametri di disagio sociale tali da renderla equiparabile a qualsiasi città del mondo, anche la più disagiata. Dunque, una buon successo dell’iniziativa ed una diffusione del servizio a Napoli significherebbe un’esportabilità dell’esperienza in qualsiasi contento a tutto vantaggio dell’ambiente e della salute globale.


NOVITA’ SALVAMBIENTE

Intanto arriva anche un’altra novità salvambiente. A breve, infatti, sarà sul mercato l’attesissima auto ad aria compressa. Si partirà dall’AirPod, omologata come quadriciclo leggero “oversize”, studiata per i sedicenni.


Si penserà poi alla versione mini per i quattordicenni ed infine farà il proprio ingresso in società la berlina, una vera e propria reginetta  con il pallino per l’ambiente, ma accessibile alle tasche (7mila euro il prezzo a listino programmato). Si parte, dunque, con due e quattro ruote, fino ad arrivare a bus, container e trattori.


mercoledì 23 aprile 2014

Coccole e tenerezza: riscoprire se stesse e la propria dea interiore


E’ tempo di Coccole antistress…. Di riappropriarsi gradualmente del contatto con il proprio e l’altrui corpo.

Venerdì 25 aprile a Roma organizzata da Debora De Angelis e Diego Dieghetti ed ospitata dalla Groovefarm, arriva dunque la Coccoleria per la Liberazione, il Cuddle Party romano all'insegna della tenerezza e dello scioglimento delle tensioni e dello stress.


“Un modo tutto particolare per tornare bambini e riscoprire sensazioni dimenticate. Per ricongiungersi con la propria parte più profonda ed atavica, con la propria essenza più incontaminata, e per ricordarsi che non esiste solo l’imperio della mente, ma anche il contatto fisico e corporeo". 


 A parlarcene è Debora De Angelis che attualmenteè in prima linea nel creare questo format d'evento legato al concetto di Cuddle Party, ovvero una festa delle coccole, sul modello di un tipo di evento che esiste già negli Usa da alcuni anni.




“L'idea alla base di questa festa – spiega -  è mettere le persone, anche sconosciute, in condizione di interagire gradualmente a livello fisico, ma rigorosamente non sessuale/genitale. Durante un Cuddle Party i partecipanti vengono condotti a sperimentare una fiducia e una spontaneità verso l'altro da sé tipiche dell'epoca infantile, di fatto abbassando via via barriere e resistenze verso gli altri esseri umani. Il fatto che durante questo tipo di eventi non circoli alcool e non sia possibile interagire sessualmente tra i partecipanti, dà modo di concentrarsi su sensazioni sensoriali sopite da molto tempo nella maggior parte degli esseri umani ed eventualmente di imparare a gestire la propria energia sessuale, dovendo imparare a controllarla, nonostante la tenerezza e le stimolazioni sensoriali ed epidermiche potrebbero in qualche modo risvegliarla”.


Un percorso lungo e luminoso quello di Debora De Angelis, non privo di difficoltà e fragilità, alla ricerca della strada per la consapevolezza di Sé e per far risplendere appieno il proprio essere donna, l’energia creativa, l’essere divino insito in ogni pulzella.


Perché ogni donna rappresenta un campo vibrazionale sacro dove il ventre femminile è connesso al ventre, al centro, dell’universo.






Tra il 2012 e il 2013, per due edizioni consecutive, partecipa alla trasmissione 'La Mala Educaxxxion' su la7D, in qualità di blogger/modella che ama associare la propria immagine di nudo al proprio percorso di crescita personale e di consapevolezza corporea raccontato in chiave autobiografica.


 Infatti, si trattava di un talk show nel quale le donne raccontavano liberamente e senza tabù le proprie esperienze sessuali e il proprio modo di approcciarsi in generale alla sessualità.


Tra il 2013 ed il 2014, poi, arriva una grande sfida. Una battaglia per un obiettivo importante a favore del riconoscimento del diritto alla sessualità (un diritto che di per sé dovrebbe essere ascritto e quindi proprio di tutti gli esseri umani, ma che nei fatti così non è) anche per le persone con disabilità grave e gravissima.

 Debora diviene così la testimonial del Movimento Lovegiver e dell’omonimo progetto. Il Comitato per l’assistenza sessuale viene creato ufficialmente il 28 gennaio 2013 e pochi giorni fa è approdato in Senato il Disegno di Legge per l’assistenza sessuale (n.1442), attraverso una figura professionale qualificata quale quella dell’assistente sessuale.

A presiedere il Comitato Maximiliano Ulivieri.


“Ho deciso di collaborare alla creazione della figura dell'assistente sessuale per disabili -  racconta Debora - , entrando a far parte fin dalla sua fondazione del comitato Lovegiver, creato da Maximiliano Ulivieri. Il mio contributo a questo progetto è stato principalmente di rendere testimonianza di che cosa significhi approcciarsi a una professione del genere, sia come attitudine personale, sia come atto di sfida alla pubblica morale. Infatti, ci troviamo in un paese che è molto lontano dal contemplare l'esistenza di una figura professionale-terapeutica che lavori con la gestione delle altrui energie sessuali”.


In passato Debora,  da autodidatta, ci tiene sempre a ribadirlo al fine di non creare confusione in merito al profilo che questa figura assumerà nel tempo via via che saranno degli esperti a delinearla, ha guidato alla scoperta della sessualità (una sorta di assistente sessuale ante litteram) alcuni ragazzi disabili.




 Proprio per questo decide di mettere a disposizione il suo vissuto e si impegna pubblicamente, attraverso il comitato promotore Lovegiver, ad abilitarsi come assistente quando la legge lo permetterà e saranno istituiti corsi di formazione mirati (entrambi i progetti sono portati avanti dallo stesso Lovegiver).


“L'ho fatto  - continua – con la consapevolezza dell'importanza di creare risonanza mediatica su un tema così forte e controverso, al fine di poter offrire un modello in cui riconoscersi a tutte quelle persone, soprattutto donne, che per loro natura vivono la capacità di trasmettere benessere attraverso la sessualità, ma che la morale comune avrebbe additato come fonte di scandalo. Spero, attraverso il mio esempio e approccio sereno e consapevole, di poter essere un esempio di come approcciarsi a questa professione estremamente delicata e che nulla ha a che vedere con la prostituzione- cioè  con la mercificazione del corpo dell'operatore/trice- e tutto ha a che vedere con il benessere/consapevolezza corporea sia dell'assistente che della persona che beneficia del suo aiuto nel gestire correttamente la propria energia sessuale”.


Ulteriore tappa di un processo legato alla liberazione dell’energia sessuale, quale fonte di benessere e consapevolezza personale tutta al femminile, non solo del proprio corpo, ma anche del proprio spirito (il riconoscimento e la valorizzazione della propria deità appunto), si registra nel 2014, anno in cui, per aggiungere un ulteriore tassello al proprio percorso di donna costantemente interessata alla propria e altrui creascita e consapevolezza, si abilita come consulente dell'azienda Rosso Limone, che si occupa principalmente di portare aventi progetti informativi sulla sessualità.


“Anche qui – ribadisce -  la spinta è stata data dall'innovazione di questa azienda che, attualmente unica nel panorama italiano, pur occupandosi di vendita di supporti legati alla prevenzione e alla promozione di una corretta sessualità e consapevolezza corporea, si propone anche e soprattutto di informare la società civile in tema di educazione sessuale ed eventualmente fare da tramite con specialisti, qualora se ne presenti l'esigenza”.Quale che sia la strada in cui l’energia creativa si esprime, l’obiettivo è la piena consapevolezza di Sé… Per trovare e ritrovare se stessi e realizzare i propri desideri è necessario sapere dove si vuole andare e dove no, altrimenti si rischia di girare in tondo per poi scoprire di non essersi mai davvero mossi.


In tal senso, il buddhismo dei desideri terreni, di Nichiren Daishonin, suo fondatore, esorta ad essere liberi, consapevoli e felici ed a trovare la deità qui ed in se stessi.


 La domanda sgorga dalle labbra e dal cuore: “Cosa significa essere una Dea?”


Il percorso di Debora De Angelis verso il disvelamento della divinità interiore è cominciato molti anni fa.


All'età di ventiquattro anni (attualmente ne ha trentadue), dopo aver deciso di interrompere gli studi universitari a un paio d'esami dal conseguimento della Laurea in Scienze della comunicazione con indirizzo giornalistico, Debora sente nascere in sè la voglia di riprendere in modo autonomo gli studi filosofici cominciati alle superiori, ma all'epoca vissuti come imposti, calati dall’alto e quindi percepiti “senza anima”. Quella che lei definisce 'una chiamata della Dea a cui non ho potuto né voluto sottrarmi'.




La scintilla scatta in seguito all’incrocio con una citazione di Pitagora “L’anima è un dio soggetto a metempsicosi".


 Un’anima che trasmigra di corpo in corpo e di stato in stato, rimanendo fedele a se stessa ed al contempo evolvendosi.


“Essere un 'dio' o una 'dea' – spiega Debora - per me significa realizzarci non come persona (che significa null'altro che maschera temporanea della personalità assunta in questa vita), ma come anima, come coscienza superiore, colei che mantiene il seme di tutte le sue esistenze passate e future. Se così è, è inevitabile arrivare alla conclusione che di vita in vita siamo stati tutto e in ogni luogo, maschi e femmine. Proprio per questo questo la divinità è androgina, cioè partecipa di aspetti tanto femminili quanto maschili".

Ognuno, dunque può incarnarsi in varie forme, mantenendo intatta l’essenza della propria anima.“Nella contingenza della mia incarnazione attuale – sottolinea Debora - essendo in forma femminile, essere Dea significa incarnare i mille aspetti della divinità femminile”.

Ecco il Pantheon greco, il pensiero corre veloce ad esso, con la sua ricca rosa di divinità femminili, ognuna delle quali simbolo di una caratteristica caratteriale specifica : Afrodite, Athena, Hera, Diana, Demetra e così via.



 Secondo la sua spiegazione, la Dea interiore, pienamente dispiegata, è tutti questi aspetti contemporaneamente: è integra, non spezzata, una creatura femminile completa, che riconduce ad unità gli opposti all’insegna della complementarietà. Che sa essere tutto contemporaneamente, senza percepire antitesi e contraddizioni tra i diversi aspetti di sé. Tanto luminosa quanto oscura, tanto virginale quanto passionale, tanto bambina quanto anziana.

E’ il tutto, che in qualche modo richiama il concetto dell’uno plotiniano.


 E’ l’apoteosi della completezza dell’essere umano in quanto tale.




“Una Dea - dice -  è una donna che ha realizzato in coscienza la vastità del pantheon femminile in sé. A me viene naturale incarnare via via anche i principi esemplificati dalle divinità maschili, in aggiunta, esteriorizzando questo concetto attraverso un percorso da Drag King. Percorro, per così dire, una Via androgina”.




martedì 1 aprile 2014

Gioielli etici che proteggono l'ambiente ed esaltano la bellezza

Questa è la storia di tanti oggetti belli e luccicanti: bottoni, laccetti dai colori brillanti e metalizzati, ma anche plastica multicolore e piccoli e grandi pezzi di latta.

Esistono gioielli bellissimi, una vera e propria gioia per gli occhi e per chi li indossa, ma anche, a guardarli ed accarezzarli, un tesoro per l’ambiente.

Perché sono fatti con materiali “di scarto”, ossia materiali poveri, recuperati da diversi oggetti.

Fondi e linguette di lattina, pet, piccoli laccetti, spirali di vecchi block notes, avanzi di anelli che si usano per rilegare le fotocopie e così via.

Sono i “gioielli di scarto” di Elisa Lanna.



Il nome non deve ingannare: il risultato è bello e scintillante, di sicuro effetto.

Solo che a ringraziare non è solo il collo o i polsi delle gentili dame, ma anche l’ambiente, perché questi materiali non finiscono in discarica e rinascono a nuova, luminosa vita, una vita ancora più “bella”.

L’occhio è sempre curioso e la creatività pronta a scatenarsi per creare nuovi accostamenti insoliti ed impensati.

Un percorso che Elisa Lanna comincia per passione ed un po’ per gioco, da quando guardava le sfilate di moda in tv con sua madre, proprietaria di un atelier di moda, e sognava di poter un giorno creare accessori per quelle ragazze filiformi, giocando con tessuti, consistenze e colori. Lei e sua madre sono attente a cogliere i minimi particolari e le nuove tendenze… spesso ‘giocano’ ad anticiparle.

Dopo aver aiutato la madre a realizzare alcuni abiti, con  quello che avanza ed  apparentemente non serve più ed è quindi destinato a finire in pattumiera, dagli scampoli di stoffa alla passamaneria passando per i bottoni, Elisa comincia a dare forma alla sua fantasia e creatività, realizzando alcuni quadri e suppellettili varie.



“Mia madre – racconta -  ha lavorato nel campo della moda per più di 50 anni. Immaginate dunque l'influenza che ha potuto avere su di me che ho vissuto una vita tra stoffe, bottoni, riviste di moda.
Da piccola i miei giochi erano mettere a posti bottoni e suddividerli per colori e generi. Sistemare le spolette di cotone nei cassettini. Giocare ad attrarre con la calamita, gli spilli e a farli ‘danzare’ sul tavolo”. 

La mente nel racconto vola lontano a quando, ancora bambina, si andava a Napoli nei negozi che vendevano stoffe a metraggio e scegliere le fantasie, i colori più adatti al modello scelto dalla cliente.

Nel futuro di Elisa però non sembra esserci la moda bensì le forme architettoniche. Trait d’union: la ricerca dell’armonia, di una complementarietà tra le forme, resa possibile dallo studio e dalla conoscenza .

Infatti – continua Elisa - come la maggior parte dei figli, decido di non continuare il lavoro di mia madre e intraprendo gli studi di architettura, laureandomi con ottimi voti”.

In lei “convivono due anime”.



L'anima tecnica del progettista e quella più modaiola dell'artista e della designer. Il peso di queste due componenti sui due piatti della bilancia dell’anima e della sua attenzione si equivale. Guai a dirle che una delle due sia di minore importanza rispetto all’altra!

“Il mio intento – spiega -  è proprio quello di portare l'esperienza creativa e tecnica del progettista, la conoscenza dei materiali (in questo caso di scarto) e delle loro proprietà al servizio della moda. I miei gioielli ‘di scarto’ nascono proprio  tra questa  forte passione per la moda e gli studi progettuali di architettura. Alcuni nascono da una semplice operazione che mette insieme creatività e attenzione per l'ambiente. In altri invece, l'uso di perfette geometrie e di ripetitività di moduli mi coinvolge a tal punto da far venire fuori la mia parte razionale, più tecnica che comunque si fonde con la creatività e genera un gioiello con un forte potenziale estetico.”



La spinta a creare ed il gusto estetico, come ribadisce lei stessa, nascono dall’osservazione delle opere degli artisti del ‘900 che riescono ad amalgamare, ad ‘impastare’ la tecnica ed il gusto del bello con le loro emozioni autentiche tratte dalle vicende del loro vissuto.

“Questi artisti – sottolinea Elisa – affrontano, in modo polemico, il rapporto tra estetica e vissuto, tra le forme espressive e lo scorrere concreto della vita, realizzando opere d'arte con materiale di scarto. Dunque ho sempre prestato attenzione alle loro opere”.

A questo tipo di inclinazione, coltivata con studio e attenzione costante ai particolari, si aggiunge un’educazione familiare “etica” , appresa sin dalla più tenera età, intencentrata sul non “sprecare nulla”, dall'acqua, al cibo, fino ad arrivare agli abiti.

“Mia nonna, ad esempio, riciclava e riparava di tutto, dagli ombrelli alle vecchie sedie. Dunque penso che mi sia anche venuto naturale l'avere avuto l'idea di utilizzare per le mie creazioni, materiali riciclati. Una naturale sensibilità, che affonda le radici lontano, per i temi ambientalisti del riciclo e del riuso”.

Nelle opere di Elisa Lanna i colori ed i motivi dei suoi gioielli camminano a braccetto con le fantasie degli abiti di grandi stilisti secondo un rapporto biunivoco.



“ A volte – spiega - cerco negli abiti un motivo, un colore, un segno che possa abbinarsi al mio gioiello. A volte è l'abito che mi da' lo spunto per disegnare il gioiello”.



Lo zoccolo duro dei materiali utilizzati per la creazione di monili alternativi, ecologici ed etic, i è  l'alluminio delle lattine, ma non c’è limite alla fantasia ed alla sperimentazione quando la creatività, unita alla conoscenza della duttilità dei materiali e  quella del modo migliore per plasmarli, viene liberata.

A quel punto qualunque “scarto” le possa  tra le mani, come una spirale di block notes, una pallina colorata, custodia di un piccolo giocattolo,  proveniente da un distributore automatico, o ancora il  colletto in plastica progettato per irrigidire un collo di camicia, posso dare vita a qualunque cosa.

Persino il piccolo aggeggio di plastica nera che unisce le pantofole per appenderle.



Di fronte a questa  vera e  propria esplosione di idee che prendono forma tanti riconoscimenti si susseguono in poco tempo.

“Tanti giornali hanno pubblicato le mie creazioni, non ultimo la rivista Vogue accessori.
Ma essere stata selezionata per un concorso nazionale di "Moda Etica", è stata la mia più grande felicità. Un riconoscimento inaspettato”

 "Gli autori selezionati al concorso, hanno con creatività e ingegno proposto idee innovative e di qualità per una moda etica e responsabile". Questa la motivazione di una selezione dai paramentri rigidi e stringenti.



Ma la spinta più forte a creare, a reinventarsi, a reagire anche ai momenti più difficili arriva proprio dalle tante persone che credono in un nuovo modo di concepire la moda e lo stile. Da tutti coloro che dello stile “non prezioso, ma preziosissimo per la collettività,” di Elisa si innamorano al primo sguardo, sposandolo e facendolo diventare il proprio stile, rappresentativo di un sentire e di uno stile di vita.




Prima fra tutti Annalisa Tortora, in arte Lisa Tres Chic con la sua boutique del baratto in via Duomo a Napoli, con cui è nato un gemellaggio virtuoso ed un sodalizio destinato a dare sempre nuovi frutti.