giovedì 18 maggio 2017

Lunadigas: le donne e la loro scelta di non essere madri

L'appuntamento è per giovedì 18 maggio, alle 21, al cinema Hart, in via Crispi, 33 a Napoli, con la proiezione del film-documentario "Lunadigas, ovvero delle donne senza figli", per la regia di Marilisa Piga e Nicoletta Nesler.

Chi sono le Lunadigas?

Nella lingua sarda indicano gli animali,  pecore perlopiù ma anche cavalle o capre, che per una stagione, o per sempre, "decidono" di non riprodursi, pur essendo, in alcuni casi, fertili.
Secondo il blog "Sogni digitali" il termine lunadigas sembrerebbe rinviare alla parola lunatiche. Secondo il dizionario Treccani, lunatico è un aggettivo derivato da Luna, con l'antico originario significato d'indicare:
  • chi patisce di accessi di pazzia ricorrenti con le fasi lunari;
  • per estensione, anche chi è epilettico, visto che l'epilessia era chiamata male lunatico perché si credeva dovuta a influenza della Luna.
Oggi, più modernamente, lunatico si dice di chi ha carattere strano, estroso, incostante, umore instabile e facile ad alterarsi. 

Insomma una persona "strana", ed inaffidabile, delle cui decisioni si diffida e che non si ritengono particolarmente fondate.
Marilisa Pigas e Nicoletta Nesler hanno deciso di intraprendere un viaggio tra queste donne, per capirne le ragioni e dar loro voce, per indagare e ricostruire i volti di questo fenomeno, che parla il linguaggio di una scelta, spesso anche dolorosa, di una presa di consapevolezza profonda, della volontà di autodeterminazione, del "desiderio di riprodursi in un altro modo", esprimendo se stesse attraverso una strada altra, senza rinunciare, in molti casi, anche se non in tutti, scelta ugualmente legittima, ai compiti di accudimento, ma nella veste di zia amica, insegnante, educatrice e così via.
Abbiamo fatto una chiacchierata con Marilisa Piga per saperne qualcosa in più di questo progetto documentaristico che parla la lingua del coraggio perchè sembrerebbe remare  "in barca a vela contromano", parafrasando il titolo di un film del 1997 per la regia di Stefano Reali. Cioè di affrontare un argomento "scomodo", andando in controtendenza.
D. Quali sono le radici dalle quali è germogliata l'idea di questo docufilm?
R. Il nostro intento era di scandagliare un aspetto dell'universo femminile. Abbiamo scelto da sempre di parlare di argomenti "poco frequentati", optando  per onestà intellettuale, di mettere al centro dei nostri progetti ciò che conosciamo meglio. In tal senso Lunadigas infrange, per una scelta  consapevole, una serie di "regole" cinematografiche e quelle caratterizzanti un iter di ricerca.
Il nostro viaggio, infatti, ha il sapore della ricerca, anche se non portiamo alla ribalta grandi numeri, come alcune ricerche che contano migliaia di casi. Ciononostante siamo riuscite a dare spazio ad una pluralità di voci, alternando testimonianze più ampie, riportate quasi integralmente, con spezzoni più brevi, quasi telegrafici. Abbiamo scelto le parti più significative, al fine di ricostruire un fenomeno. Potremmo dire che questa "fotografia" scattata equivale a una sorta di piccolo carotaggio. Ovviamente non potevamo esimerci dal seguire i tempi del linguaggio cinematografico, rispettandone l'andamento nella fase di montaggio. Ma di regole ne abbiamo infrante, ripeto con acuta consapevolezza, molte: da quella cinematografica che impone all'autore-regista di rimanere dietro la macchina da presa, a quella, più propria di un'indagine conoscitiva, di rimanere in un rapporto "oggettivo" e distaccato con l'oggetto di ricerca. Noi abbiamo scelto di far parte, in prima persona, delle voci indagate e narrate.

D. Voi, dunque, vi siete messe in gioco in prima persona. Protagoniste tra le protagoniste. In che modo?
R. Il documentario non è una sequenza ininterrotta di testimonianze di donne, un gruppo variegato per età e provenienza geografica. Abbiamo deciso, consapevolmente di interrompere le testimonianze, in alcuni snodi, per dare il nostro contributo in prima persona. Per tutte si tratta di un viaggio in un tema molto intimo, dove spesso, si ha il coraggio di scendere nel dettaglio.
D. Spesso siamo abituate ad assistere a film, documentari e campagne mediatiche che ci raccontano le difficoltà di diventare madri e volerlo essere ad ogni costo e nonostante tutto. Questo lungometraggio ribalta la visione. Chi sono le donne di cui parla?
R. Sono donne che hanno scelto di non diventare madri. Donne famose o anonime, giovanissime, giovani e meno giovani. Testimoni di epoche e luoghi, memorie storiche o semplici testimoni della loro propria esistenza. Donne che abbiamo incontrato quasi casualmente sul nostro percorso, donne che già conoscevamo ed abbiamo contattato. Donne che, venendo a conoscenza dell'iniziativa attraverso una sorta di passaparola, ci hanno contattato per "esserci" e raccontarsi. Dalla politologa Lidia Menapace all'attrice Veronica Pivetti, passando per la scienziata e astrofisica Margherita Hack. Il progetto è molto più vasto di quello che è confluito nel film vero e proprio che verrà proiettato all'Hart e lo testimonia il web-documentario. Ma ci riproponiamo di aggiungere nuove tappe a questo viaggio, coinvolgendo, ad esempio, donne di altre culture e dando spazio al controcanto degli uomini. In ogni caso si tratta di donne che, ieri come oggi, hanno avuto il coraggio di affrontare un tabù (che oggi forse è o dovrebbe essere meno forte di ieri): di essere una donna che è qualcosa d'altro rispetto ad una madre e che rifiuta pubblicamente questa condizione, una scelta che può lasciare sconcertati. Sono donne che hanno scelto di non avere figli,una scelta frutto di un percorso anche doloroso, e di realizzarsi, di esprimere se stesse in un altro modo o di dar vita a un altro tipo di "maternità". Noi abbiamo scelto di dar voce a tutti: a persone giovanissime, adolescenti di 13-14 anni anni, che naturalmente non hanno ancora fatto una scelta definitiva ma le cui opinioni in merito risultano molto interessanti, a donne giovani, giovanissime o in una fase avanzata della vita. Oltre alle donne che hanno scelto di non essere madri vi è anche la voce di donne, come un gruppo di giovani 24enni che stanno studiando per diventare ostetriche, che sostengono che una donna che non sia madre non è completa.

D. Il leitmotiv che fa da sottofondo al documentario, un leitmotiv canticchiato, dice "Scegliamo di essere come siamo, scegliamo la libertà". E poi c'è il Fertility Day... Cosa ne pensi?
R. Mi pare un grosso passo indietro, per molti versi inquietante e pericoloso. Una violazione del dovere/diritto di non ingerenza sul corpo delle donne, davvero pesante. Ognuno può decidere chi essere e cosa fare della propria vita. Una donna che decide di non essere madre, dunque, secondo l'ottica che è alla base del Fertility day, è improduttiva... Non credo... vuol dire che ha scelto di essere produttiva in un altro modo. E' un'ottica anche pericolosa, perchè conferma e riconferma che il ruolo della donna, o quantomeno quello dominante, è quello riproduttivo. Attenzione non si dice alle donne: "Studiate, laureatevi... andate all'estero, siate competitive... che ne so... più dei Cinesi....Si dice loro siate mogli e fate figli". Un'ottica passatista che si riflette anche nelle polemiche e nelle alterne vicende della legge sull'aborto. Al contrario ci sono donne anche in Italia che hanno scelto di orientare diversamente la loro vita, arrivando ad optare per una scelta definitiva e senza ritorno come quella della sterilizzazione. Semplicemente perchè hanno deciso che il loro percorso fosse un altro. Una scelta fatta con consapevolezza. Ovviamente hanno scelto di non esporsi... Già dichiarare di non voler avere figli, senza specificare il come... le espone alle critiche di madri ed amiche con frasi del tipo "Se perdi questo treno... Se fai questa scelta poi te ne pentirai".

La realizzazione del film è stata resa possibile dai contributi della Regione Sardegna (Assessorato della Pubblica istruzione, Beni culturali, informazione Spettacolo e Sport), della Fondazione di Sardegna, dell’IDM Alto Adige e della Roma Lazio Film Commission. Un viaggio in bilico tra percorsi esistenziali incrociati e la storia di varie terre, che oltre a dare voce alle donne, la dà anche ai luoghi, ai paesaggi, alle tradizioni culturali.

Per visionare il trailer è possibile cliccare qui

mercoledì 17 maggio 2017

Shara e Napoli Underground: un vento del Sud che parla della speranza di riscatto di una terra

Giovedì 18 maggio è atteso il gran finale della seconda edizione della rassegna “Napoli Underground”. Location, come di consueto, il teatro Il Primo, in via Del Capricorno, 4 a Napoli.


Ed è già tempo di tirare le somme e di tentare un primo bilancio.

La rassegna, infatti, sembra aver bissato il successo riportato nell'edizione precedente,  in termini di consensi e presenze di pubblico. 

Anche quest’anno molti giovani emergenti del panorama musicale partenopeo hanno avuto la possibilità di esibirsi e presentare i loro lavori, in molti casi delle opere prime, suscitando l’interesse e l’approvazione del pubblico accorso numeroso ad ogni evento. 

La conferma del successo ottenuto - sottolineano i direttori artistici Andrea Bonetti e Reika Hinch - ha aumentato ancora di più l’entusiasmo al punto che già si lavora alla terza edizione".



E, come tutte le manifestazioni che si sono dimostrate vincenti, si preannuncia un gran finale.

Infatti, giovedì 18 maggio, a partire dalle 21.00, il palco dell'accogliente teatro, dalle cui tavole spira aria di talento, speranza e grinta, salirà la cantautrice Shara con i suoi talenti, figli delle terre del Sud.

E' lei infatti, la promotrice, con l'animo da pigmalione, in grado di portare alla luce talenti in boccio o virtù sonore in ombra, ad aver dato vita, da fine 2011, al TERRONIAN PROJECT, teso a valorizzare e a promuovere le eccellenze del Sud del Paese. Un gemellaggio virtuoso e gustoso tra musica, immagini e arte, all'insegna di culture autoctone, usi e tradizioni.

Gli arrangiamenti sono stati realizzati dal musicista ed arrangiatore Pasquale Faggiano. Tra i musicisti che hanno suonato nelle canzoni ci sono alcuni nomi noti del panorama musicale italiano come il chitarrista Carlo Fimiani, il bassista ed arrangiatore Gigi De Rienzo, il bassista Aldo Vigorito, il batterista Vittorio Riva, il violinista Gennaro Desideri, il compositore ed arrangiatore Flavio Gargano, il polistrumentista Antonio De Luise ed altri ancora. Per mantenere una linea di coerenza con l’intero progetto tutti i musicisti che hanno suonato nell’EP sono di origine meridionale. Eccezione fatta per "Infinito sei" in cui la sessione orchestrale è stata interamente registrata alla Magyar Radio di Budapest con la Budapest Scoring Symphonic Orchestra


Un gemellaggio all'insegna dell'arte e della cultura, quella mira ad abbattere ogni confine, inteso come cesura, e divisione, tra passato, presente e futuro.

Un Vento del Sud, questo il nome dell'EP, che spira forte, coinvolge, ammalia e rivela cuore e professionalità, dalla personalità forte e determinata. Un vento che sa accarezzare, lambire, sedurre, ma anche sollevare il velo e farsi denuncia, dichiarando, senza mezzi termini, la voglia e il legittimo diritto al riscatto di una terra e delle sue tante anime.

 L'ultimo brano che verrà lanciato sarà quello ispirato a "Il bacio del risveglio", quello in grado di riscuotere dal torpore delle coscienze e di promuovere la valorizzazione di un esistenza, artistica, culturale e sociale, dei singoli e della collettività di cui fanno parte.

Il singolo, infatti, è ispirato e dedicato alla città partenopea, quella città delle Sirene da sempre pervasa da unna musica e da un canto capaci di incantare. Lo dice la storia, lo dice il mito e lo dicono i figli di queste terre, abitate da conflitti, da contraddizioni, ma anche da tanta creatività che ha voglia di mettersi e rimettersi in circolo. 

Musica ed immagini viaggeranno alla stessa velocità con l'uscita, in contemporanea, anche del videoclip, che ha ricevuto il patrocinio del Comune di Napoli per mano del Sindaco Luigi De Magistris in persona. Dato che lo scopo di questo progetto made in sud e per il Sud è quello di valorizzarne e farne scoprire le bellezze e la storia, così affascinante ed a volte imprevedibile da mozzare il fiato, il videoclip stato inoltre inserito nel programma del Maggio dei Monumenti e verrà presentato in tre importanti strutture storiche della città. La prima tappa è stata toccato lo scorso 6 maggio.



Ad accompagnare Shara in questo viaggio tra musicva, parole e luoghi incantati, che meritano di essere visitati e riscioperti, la sua band composta da: Pasquale Faggiano alle tastiere, Carlo Fimiani alle chitarre, Enzo Autuori al basso, Davide Cantarella alla batteria ed alle percussioni e le due violiniste Roberta Amirante e Federica Chello.

Ed ora lasciamo spazio alle parole di Shara che ci parla del suo progetto tra musica, immagini e luoghi d'arte.

D. Ci spieghi meglio la ratio di questo progetto che ha le sue radici nel Sud, nei suoi talenti e nelle sue sonorità?

R. La mission, quindi l’intento, di questo progetto è quella di mettere in luce gli aspetti positivi, tutto il buono e, ovviamente, i talenti e le varie espressioni artistiche presenti nei territori del sud. Tutto questo, secondo me, avrebbe potuto raggiungere la sua massima espressione soltanto attraverso un lavoro che avesse messo insieme sia il mondo dei suoni che quello delle immagini col proposito di far vedere e sentire a chi non conosce ancora queste terre meravigliose cosa esse custodiscono.



    D. In che modo la musica potrebbe contribuire a promuovere il riscatto di una terra?

R. La Musica è una forma d’arte i cui differenti generi sono strettamente legati agli abitanti di un determinato territorio. Essa diviene, così, un’espressione culturale che porta in sé tutti i moti e le trasformazioni del tessuto sociale di un popolo. Proprio perché la musica è parte intrinseca del popolo stesso ha la facoltà di divenire voce portatrice di messaggi che incoraggiano chi li ascolta stimolando, così, il cambiamento di uno stato di cose che non vanno.


   D. Il riscatto non può prescindere dal momento della denuncia. In che modo la si potrebbe amplificare, anche attraverso la musica?

R. Sicuramente col coraggio di superare il limite dell’ “omertoso silenzio”… affidando alle parole di un brano ed all'intensità di un’armonia sonora tutto ciò che si vorrebbe tramutare in un cambiamento positivo.


D. Un riscatto che parte dal basso. Come definiresti l'iniziativa di Napoli Underground finalizzata a dare spazio ai giovani talenti in un panorama che spazio, troppo spesso, al già noto e consolidato?

R. Un modo coraggioso di rompere gli schemi, la volontà di credere ed affermare che ci sono tanta arte e musicalità ancora da scoprire nascoste all'ombra del nostro Vesuvio.








martedì 9 maggio 2017

Sanità campana tra speranze di rinnovamento e venti di bufera

Ieri, lunedì 8 maggio, ben 490 giovani medici napoletani hanno giurato di assistere con coscienza e nel rispetto dell'etica i loro pazienti.

Con loro anche la vecchia guardia, coloro che hanno festeggiato ben 60 anni dalla laurea.

Location il teatro Augusteo, gremito con i suoi 1300 posti riempiti da genitori e parenti, coloro che hanno sostenuto, emotivamente ed economicamente, il percorso formativo ed umano di queste nuove speranze della medicina. A coadiuvarli gli amici.

"Perchè - come hanno ricordato i rappresentanti dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Napoli, con in prima linea Silvestro Scotti - si va avanti insieme. Si fa parte del gruppo".

Un richiamo alla centralità dell'ambito relazionale, innestato sulle dinamiche riconoscimento e rispecchiamento reciproco, che permetterebbero al medico di riconoscersi nell'altro e di riconoscerne le fragilità e l'umanità, non riducendolo a un numero e ad una mera patologia. L'ascolto empatico, infatti, è alla base della costruzione di un autentico rapporto medico- paziente basato, basato sulla consapevolezza che anche chi è affetto dalla medesima patologia ha una storia, un vissuto e un'emotività diverse, che nessun essere umano è omologabile ad un altro, nè tantomeno intercambiabile. 
Parole d'ordine di questa giornata,dunque, umanizzazione, rispetto della privacy e della segretezza professionale, competenza, personalizzazione del percorso di cura, nazionalizzazione della sanità regionale, sinergia pubblico/privato a favore di un'erogazione di servizi di elevato livello e di miglioramento dei LEA, i livelli essenziali di assistenza.


Un mestiere nevralgico, quello del medico, dall'alta valenza professionale e sociale, che consta di tre componenti fondamentali. Sapere, il livello più propriamente nozionistico, saper fare, coniugando conoscenza e professionalità, e saper essere con umanità ed empatia ricordandosi che si hanno di fronte persone piene di paura fragilità ma anche di speranza di riappropriarsi del futuro, come hanno ricordato i rappresentanti dei camici bianchi.

A ricordare l'importanza dell'ascolto empatico e di un mestiere che non diventi mai mestiere ma che conservi la sua "anima" di missione al servizio del paziente, attraverso un'interazione ad alta "carica" empatica ed umana, è stato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris.


Popolato da maggiori ombre il discorso di Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, che ha ricordato come la Sanità Campana arranchi, a causa dei 5 miliardi di debiti, che hanno portato al commissariamento ed all'obbligo di adozione di uno stringente piano di rientro, con vincoli di contabilità coattivi che si sono tradotti in un'inevitabile abbassamento degli standard dei servizi erogati.

E' un panorama oscuro quello prospettato dal governatore De Luca.

Tredicimila unità di personale in meno rispetto ai bisogni sanitari e assistenziali rilevati.
Tra un miliardo e 600.000  e 1 miliardo e 700.000  di risorse in meno rispetto a quelle disponibili per le altre regioni. Come si arriva a questo "ammanco" forzato è presto detto. Con il nuovo sistema contabile, che obbliga le regioni a rispettare i vincoli di bilancio, non appare più possibile indebitarsi, a meno di non dover far fronte ad eventi eccezionali, avvenuti per causa di forza maggiore. Inoltre vi è una stima preventiva dei bisogni assistenziali in base ad una serie di parametri. Da ciò discende che, mentre con il precedente sistema contabile chi più spendeva (e si indebitava) aveva diritto a chiedere sempre maggiori risorse, anche per tamponare i buchi, oggi a vedersi premiare, sono le cosiddette "regioni virtuose", soprattutto quelle che si dimostrano particolarmente capaci di risparmiare.

 Altro tasto dolente per i cittadini: il piano di rientro, dovuto ad una condizione di pre-dissesto, impone di fissare le aliquote di varie tasse e contributi al tetto massimo: qui si veda la voce ticket, sui medicinali e sulle ricette, bollo auto (+ 10%) e Irap e Irpef tra i più elevati. 

Passiamo alla seconda voce che contribuisce indirettamente a sottrarre risorse alla sanità campana. Servizi meno efficienti e abbassamento "forzoso" della qualità globale delle prestazioni  alimentano una vera e propria fuga dalla Campania, un flusso di persone che sceglie giocoforza di farsi curare in altre regioni o all'estero, come sottolinea lo stesso De Luca.

Il bilancio disastroso di questi viaggi della speranza si aggira intorno ai 250-300 milioni di euro. A ciò si aggiunge, quale ulteriore fattore di debolezza, che si riflette sulla qualità dei servizi, l'accantonamento necessario per "parare i colpi" di eventuali contenziosi giudiziari.
Una sanità per molti, troppi, versi in affanno che si traduce in 3-4 anni in meno nell'aspettativa di vita rispetto alla media nazionale.

Ulteriori punti oscuri sono costituiti dall'età media dei medici, che si aggira attorno ai 60 anni e un turn-over bloccato, che non lascia spazio alle nuove leve,a partire dall'accesso, davvero arduo e non per mancanza di competenze in ingresso, alle specializzazioni. A completare un quadro a tinte fosche lunghe lista d'attesa per l'erogazione delle prestazioni specialistiche. Un esempio? Fino a qualche tempo fa il periodo di "vuoto", intercorrente tra una frattura al femore e l'operazione sfiorava i 15 giorni. Altra ombra: l'eccesso di parti cesarei che sfondava il tetto del 95%. 

A fronte del bilancio negativo imperante il governatore campano fa intravedere una luce tenue in fondo al tunnel, che parla il linguaggio dell'innalzamento dei LEA, dello sblocco del turn-over, il che si tradurrebbe in nuova linfa in termini di competenze e aggiornamento e in uno spazio adeguato per quei 490 medici che su questo percorso hanno investito risorse a 360 gradi. Ed ancora: la possibilità di abbattimento dei tempi d'attesa. A testimoniare l'impegno messo a frutto dalla Regione Campania sembrerebbe esserci un dato incoraggiante: il passaggio dai 15 giorni necessari per ricevere un'operazione per frattura del femore alle 36 ore, in linea con la media europea, come ribadito dal governatore regionale.

Altro obiettivo ambizioso presente nell'agenda delle priorità: creare una rete di servizi territoriali, per far fronte alle urgente, rete per ora del tutto assente. Le principali dovrebbero essere quelle relative a: politrauma, materno infantile, ictus e infarto del miocardio .

"Bisogna creare - ribadisce De Luca - nuovi pronto soccorsi e dar vita a presidi territoriali autorevoli".

Ma i tasti dolenti non sono finiti: continua, infatti la lunga e tormentata saga dell'Ospedale del Mare, dove sarebbero dovuti confluire tutti i piccoli ospedali del centro storico, diventati sempre più simili a rami secchi.

Una volta di più il numero uno della Regione Campania ne annuncia il completamento, ma sembra di sentire una battuta di un film trasmesso troppe volte. Infatti, benchè il presidio ospedaliero risulti sostanzialmente ultimato già da un anno (lì'11 maggio 2016), attualmente sono fruibili  solo i reparti di radiologia, radioterapia e dialisi, inaugurati lo scorso dicembre.

Quando l'ospedale entrerà in funzione a pieno regime dovrebbe comunque portare una boccata d'ossigeno, sia a livello assistenziale, sia per un preannunciato parziale sblocco del turn-over, con l'assunzione, in totale, di ben 2mila nuovi dipendenti nel settore della sanità pubblica.

Altro obiettivo: pagare con regolarità i conti "in sospeso" (e non certo a livello metaforico) con la sanità privata che lavora in convenzione ed attrarre investimenti privati, giocando la partita sul tavolo della competenza e della trasparenza degli obiettivi, delle azioni concrete e dei conti.


Di bisogni insoddisfatti e di "affanni" per i pazienti parlano anche gli esponenti del segmento odontoiatrico.

Infatti, solo il 5-6 per cento della popolazione sembrerebbe ricorrere alle opportune cure dentistiche, facendo riferimento alle strutture pubbliche. 

Il resto si affida, nel bene e nel male, al settore privato. In linea generale solo il 20% della popolazione che abbisogna di prestazioni dentistiche si fa curare. Il restante 70-80% non può, soprattutto per ragioni di ordine economico. 

Percentuali tali da far assimilare, parola di camici bianchi, la situazione campana a quelle più "esposte" e "a rischio"del continente africano.

In Campania, a conti fatti, sussistono tre grandi obiettivi nel segmento dentistico: un' odontoiatria pubblica, d'urgenza e sociale.

Obiettivi che a detta di De Luca, sembrano oggi più vicini o verso cui si è quantomeno fortemente orientati ed a cui si sta lavorando alacremente.

Ma, puntuale, scatta la polemica tra il primo cittadino partenopeo, Luigi De Magistris, e il governatore campano.

De Magistris, infatti, in un'intervista apparsa, tra gli altri, su "Il Mattino" e "Repubblica", sottolinea come in realtà non si sia fatto niente per risanare e migliorare il livello della martoriata sanità campana, come si continuino a fare solo proclami senza passare alle vie di fatto e si sia ormai giunti alla preannunciata inaugurazione n. 3, in programma per fine anno, dell'Ospedale del Mare.

Il rischio paventato, insomma, sembrerebbe essere che il presidio ospedaliero divenga per molti versi un ospedale fantasma, che rischia di allungare la lunga fila delle opere pubbliche incompiute, almeno parzialmente. 

Gli obiettivi, insomma, secondo l'ex pm, apparirebbero tutt'altro che vicini ed i propositi tutt'altro che concreti, soprattutto se si considera la lunga scia di arresti e scandali che continuano a imperversare in Regione.

Una lunga scia di frecciate e dichiarazioni dure anche se tra i due sembra ancora mancare all'appello un incontro diretto, che sembrerebbe essere stato più volte richiesto dal primo cittadino.

E poi ci sono loro: i nuovi medici. Per loro che hanno giurato con solennità di adempiere al loro mandato con scrupolosità, e per i pazienti che assisteranno, l'aspettativa e quella di riuscire ad erogare prestazioni che ridiano speranza e rispettino la dignità e l'umanità del paziente.

Loro, tesi tra il vecchio giuramento di Ippocrate, risalente al V secolo a.C, ed il nuovo, approvato nel 2014. pronti a servire la loro missione con scrupolo e secondo coscienza, senza discriminazioni e non perseguendo il proprio, bensì l'interesse degli assistiti.

Tra la primigenia versione del giuramento e la nuova parrebbe essere teso un sottile e tenace filo rosso: simile è l'ethos, anche se fra quelle righe aleggia l'eco di temi caldi e controversi come quelli del testamento biologico o del suicidio assistito.

Chiudo parafrasando quanto avevo riportato all'inizio: per vincere occorre fare gruppo e squadra. La speranza è che la squadra dei pazienti e dei neo medici riesca a riportare una vittoria che ha il sapore di un futuro all'insegna della tutela della dignità.