lunedì 8 aprile 2019

Attesa per l’incontro in programma, lunedì 15 aprile, a Montecitorio, sulla sessualità delle persone con disabilità. In cantiere un master universitario di I livello dedicato a questi temi


Lunedì 15 aprile, alle 17.30, verrà presentato a Montecitorio, nella Sala Aldo Moro, il volume Loveability, edito da Erickson, un momento per riflettere, confrontandosi, sul tema del diritto alla sessualità delle persone con disabilità. 

A partecipare Maximiliano Ulivieri, curatore del volume e presidente del Comitato LoveGiver, Fabrizio Quattrini, psicoterapeuta sessuologo e docente presso l’Università degli Studi dell’Aquila, Carmelo Comisi, presidente dell’associazione Disability Pride, Marica Pugliese, tra i referenti del centro d’ascolto Duchenne dell’associazione Parent Project, Viola Tofani dell’associazione Luca Coscioni e Anna Pierobon, operatrice all’emotività, all’affettività ed alla sessualità per persone con disabilità LoveGiver. Sul fronte politico: il presidente della Camera, Roberto Fico ed i deputati del Movimento 5 Stelle Francesca Troiano e Lorenzo Aldo Penna. A moderare l’incontro il giornalista Onofrio Dispenza.



Un’occasione preziosa per una possibile rivalutazione del progetto arrivato in Senato, in precedenza, grazie al sostegno del senatore Sergio Lo Giudice. Attualmente, però, a causa della mancata rielezione di Lo Giudice, il disegno di legge 1442, essendo stato solo calendarizzato ma non discusso in tempo, è decaduto. 

Sulla linea dell’orizzonte lo sviluppo di un percorso universitario, organizzato da Quattrini, sotto forma di un master di I livello, incentrato sui temi della disabilità, dell’affettività e della sessualità, rivolto, come potenziali interlocutori, a medici, infermieri, sociologi e assistenti sociali. Saranno loro, infatti, a formarsi per diventare supervisori dei futuri operatori all’emotività, all’affettività ed alla sessualità per persone con disabilità.

La data d’avvio della prima edizione è fissata per il 2020.
Nell’attesa di scoprire i risvolti di quest’incontro ormai vicino, ne abbiamo approfittato per fare il punto della situazione con Fabrizio Quattrini, ripercorrendo le tappe del progetto LoveGiver e del percorso di formazione degli O.E.A.S.

DOVE ERAVAMO

Tutto è nato nel 2013 quando Maximiliano Ulivieri, ideatore, fra gli altri, del sito www.diversamenteagibile.it, dedicato ad un turismo accessibile, che conosce il mondo della disabilità “dall’interno”, dato che è affetto da una neuropatia motorio-sensitiva ereditaria, fonda il Comitato LoveGiver e lancia la proposta di prevedere quella che allora viene definita assistenza sessuale

Infatti, i potenziali utenti di questo tipo di sostegno sarebbero proprio le persone con disabilità, in special modo grave e gravissima.

Nel 2014 comincia un ragionamento più articolato e strutturato sul progetto che viene trasformato in un disegno di legge che approda in Senato. Nel 2014 esce anche il libro Loveability, che può essere considerato, a tutti gli  effetti, un manifesto scritto a più mani, come sottolinea Quattrini. Già all’atto della presentazione del disegno di legge si segnala una svolta evolutiva nel progetto, poiché il termine assistenza sessuale viene sostituito con quello di operatore all’emotività, all’affettività ed alla sessualità per persone con disabilità.


“La locuzione assistenza sessuale  - racconta Quattrini – risultava troppo fuorviante e facilmente accostabile alla prostituzione. Di conseguenza, in raccordo anche con il senatore Lo Giudice, abbiamo deciso di sostituirla con  quella di operatore all’emotività, all’affettività ed alla sessualità, che sgancia definitivamente questo ambito da quello del sex working, andando, invece, ad individuare una persona formata per operare un intervento mirato”.

Negli altri Paesi il sex worker, come sottolinea il sessuologo, pratica anche l’assistenza sessuale alle persone con disabilità, ma il termine rischiava di risultare monco  e non sufficiente per spiegare il percorso proposto in Italia dal Comitato LoveGiver.

La definizione di operatore all’emotività all’affettività ed alla sessualità, secondo quanto ribadisce Quattrini, fa comprendere immediatamente che la questione non è riducibile solo al fare sesso ma che intercetta anche tutta una serie di bisogni emotivi, con lo scopo di condurre la persona al riconoscimento del piacere, ma anche e soprattutto per renderla autonoma e consapevole nel contatto con il proprio corpo.

“L’operatore – evidenzia Quattrini - arriva a praticare la masturbazione alla persona con disabilità come possibilità estrema e solo per quei soggetti che abbiano gravi compromissioni nell’attività masturbatoria e non abbiano mai lavorato sulla propria autonomia”.

Prima di arrivare all’eventuale, e non scontata, fase della masturbazione, in base alla spiegazione dei promotori, vi è tutto un percorso che permetta di comprendere la reale condizione vissuta dalla persona con disabilità, dopo un’attenta valutazione dell’educazione sessuale e corporea posseduta.



IL PERCORSO 

Nell’estate del 2014 comincia la selezione degli aspiranti operatori, mentre tra il 2015 ed il 2016 coloro che sono stati selezionati siedono tra i banchi per la fase di formazione in aula. Nel 2017 si comincia a strutturare l’alternanza tra le 200 ore di teoria e le 100 ore di tirocinio. Sulla tabella di marcia del 2019  sei persone risultano seguite sul campo nell’ambito di alcuni tirocini resi possibili grazie all’attivazione di convenzioni con enti ed associazioni afferenti all’Osservatorio Nazionale sull’Assistenza Sessuale italiana.

“Applichiamo un protocollo formativo ed operativo – spiega Quattrini -   strutturato secondo parametri e fasi ben precisi. Cerchiamo di rendere concretamente sostenibile il percorso formativo, prevedendo una quota di partecipazione poco dispendiosa a livello economico. Siamo consapevoli di dover completare la parte che riguarda l’approccio alle disabilità psichiche e cognitive, che attualmente costituisce una parziale lacuna nell’iter conoscitivo, ma nel frattempo abbiamo voluto far partire il lavoro sul campo”.



Rispetto ai potenziali beneficiari del futuro intervento, secondo quanto spiegano ancora i promotori, è prevista un’attenta valutazione del loro grado di consapevolezza sessuo-corporea, affinché possano assumere una progressiva confidenza con il proprio corpo, per poi permettere loro di comprendere come funzioni  il motore del desiderio e farglielo sperimentare.

Nel percorso che li condurrà ad un contatto autentico ed autonomo con il loro corpo, inteso come un corpo sessuato e  desiderante, si cerca innanzitutto di comprendere perché, nell’ambito del contesto familiare, la persona con disabilità non sia stata educata alla gestione della propria privacy e perché non gliene venga riconosciuta una sfera sua propria.

“Il contesto familiare e relazionale – continua Quattrini – rappresenta un ambito nevralgico all’interno del progetto”.