domenica 21 luglio 2019

L'universo drammaturgico di Giovanni Meola e le sue Tre Sorelle Prozorov alle Stufe di Nerone


Conto alla rovescia per la messa in scena di Tre. Le sorelle Prozorov, per l’adattamento e la regia di Giovanni Meola

L’appuntamento, infatti, è per stasera, domenica 21 luglio, alle 21.30, nella suggestiva location delle Terme Stufe di Nerone a Bacoli, nell’ambito dell’ottava edizione di Teatro alla Deriva ( la rassegna è ideata da Ernesto Colutta e Giovanni Meola), il teatro che ha trovato casa, ed un’inedita ed innovativa dimensione scenica che si rinnova, su una zattera.

Meola, che è anche direttore artistico dell’intera rassegna, cura questo raffinato lavoro di “taglia, cuci e rielaborazione” sul testo di Cechov, che promette di fornire al pubblico numerosi elementi di riflessione sulle dinamiche relazionali e su quell’incapacità di tirarsi fuori da alcune insidiose sabbie mobili dell’esistenza.



LA PECULIARE MESSA IN SCENA

Tre. Le sorelle Prozorov (il trailer qui), messo in scena dalla Compagnia indipendente Virus Teatrali (il sito qui),  è frutto di un certosino lavoro di “smontaggio e rimontaggio” del testo originale, tradizionalmente articolato in 3 atti con 14 personaggi, di cui quasi tutti, se non quattro minori, come ricorda il regista, sono co-protagonisti.

In questo caso tutti i personaggi sono interpretati dalle tre attrici in scena, Roberta Astuti, Sara Missaglia e Chiara Vitiello,  e la scenografia risulta volutamente assente.



“Le attrici – racconta Meola- conoscono a menadito il testo originale. Proprio per questo  è stato possibile smontarlo e rimontarlo creando un’opera che pur essendo legata a doppio filo a quella originaria è sicuramente ‘originale’. Si è proceduto con una serie di improvvisazioni guidate e, nella scelta di cosa insierire nell’adattamento, alcuni panel scenici ed alcune dinamiche relazionali si sono letteralmente imposti all’attenzione rispetto agli altri, si sono amplificati e sono esplosi, spesso confliggendo”.


Come sottolinea il regista a muoversi fisicamente sulla scena sono le tre sorelle ma dentro, fuori ed intorno a queste ultime si muovono anche tutti gli altri co-protagonisti che si relazione con loro e tra di loro.

A livello temporale la narrazione si dipana a un anno dalla morte del padre, generale di un avamposto molto lontano dalla Russia (sembra di ritrovare qui l’espediente narrativo tipico del teatro greco, che ambienta le narrazioni, soprattutto quelle che ruotano attorno a temi delicati e spinosi, lontane dalla madrepatria). Una sorta di fantasma, che pur non lì fisicamente è una presenza-assenza fortissima, continuamente richiamata dalle figlie.

Anche i vestiti delle donne, dal profondo valore simbolico (nero ad indicare il lutto, bianco a richiamare lo sforzo estremo di chi tenta di liberarsi da questo lutto e blu per ricollegarsi alla rigidità ed al rigore tipici di un collegio femminile), ricordano delle divise militari, così come gli anfibi che le sorelle calzano.


“Alcune dinamiche relazionali – evidenzia il regista – si sono in qualche modo autoimposte all’attenzione. A me, poi, è toccato tirare le somme, creare i collegamenti tra le stesse, anche se il tutto è stato testato durante le prove. La mia attenzione si è volutamente incentrata su alcuni rapporti:  anche per questo gli elementi scenografici sono del tutto assenti. Inoltre, attualmente, la scenografia è assolutamente demandabile alla fantasia degli spettatori. Vengono presentate e messe in scena, solo lievemente modificate, e questo rappresenta un ulteriore elemento di innovazione, anche le didascalie di Cechov, che descrivono situazioni e scenografia, in realtà assente visivamente”.

Gli abiti delle tre sorelle, in base alla spiegazione di Meola, rappresentano una sorta di divisa proprio ad indicare la forte appartenenza ad una famiglia dell’aristocrazia militare e ad un mondo che, nella percezione cechoviana, poi confermata dal tempo, stava cominciando a scomparire.

“Le tre sorelle – sottolinea il regista – sono prigioniere di vite ineffettuali, non reali e prive di concretezza. Il loop in cui loro stesse sembrano gingillarsi, servono a raccontare il loro immobilismo, l’impossibilità, o forse l’incapacità, di agire, di sfuggire a se stesse per sopravvivere. Un’incapacità che si traduce nell’impossibilità di vivere davvero, lasciandole intrappolate in situazioni conflittuali che si ripetono all’infinito”.  


GLI ALTRI PROGETTI

Cresce l’attesa, dopo il successo riportato al teatro Tram di Port’Alba, per rivedere in scena Il Bambino con la bicicletta rossa, ispirato al caso Lavorini, un rapimento ed un omicidio che fecero scalpore circa 50 anni fa, ma poi finirono vittime del silenzio.

“Ho lavorato sulle poche fonti disponibili – spiega Meola - ed ho scritto un testo quasi tutto in versi. Anche in questo caso c’è un unico attore in scena, che interpreta vari personaggi, ma questo espediente è funzionale al progetto, perché è lo stesso bambino ucciso a richiamare alla memoria coloro che a lui erano legati in vario modo”.

Dopo il debutto del 2004 ed il ridebutto del 2007 bisognerà aspettare il 30 settembre 2019 per il nuovo allestimento di Frat’ ‘e sanghe. Siamo nella Napoli del 31 dicembre 1999, afflitta dai suoi problemi atavici, ed in scena troviamo questi giovani uniti coattivamente da una fratellanza di sangue, ma che in realtà si odiano profondamente… Anche in questo caso  le vere protagoniste sono alcune  dinamiche conflittuali molto forti.
Se per Tre. Le sorelle Prozorov ci sono voluti ben 7 mesi di gestazione, si sale ad 8 per Amleto, che avrà come location il teatro Tram.

Promette di aumentare vertiginosamente il numero di repliche il progetto teatrale Io so e ho le prove, in scena ormai da 3 anni, con l’esordio nel 2016, che ha toccato quasi quota 40.

“Il lavoro teatrale – evidenzia Meola – è tratto dal libro, divenuto un caso letterario nel 2015, di Vincenzo Imperatore, un vero e proprio memoriale. Infatti, Vincenzo Imperatore è la prima gola profonda del sistema bancario e ne denuncia le nefandezze dopo esserne stato, per sua stessa ammissione, colpevolmente connivente. Con questo lavoro, dopo un periodo di voluta assenza, sono tornato nuovamente a calcare le scene. Quindi sono attore, regista ed interprete”.

Tanti gli appuntamenti previsti in sei-sette regioni. Attesa la tappa campana al teatro Moliere di Pozzuoli.

Vincenzo Imperatore è protagonista anche del film-documentario Conversione, dove la sua vita è raccontata in parallelo a quella di Giuseppe De Vincentis.

“Io li definisco – rincara la dose Meola – come due ex ladroni, la cui vita viene letteralmente rivoluzionata grazie all’incontro con il teatro. Le riprese termineranno il I agosto e poi ci sarà tutta la fase di post-produzione”.

Personaggio eclettico Giovanni Meola è impegnato anche nel progetto di un corto animato The Flying Hands, che vede coinvolto un team internazionale, dall’Italia a Teheran, passando per Londra, e progetta per il 2021 il debutto di un lavoro dedicato all’affascinate Purgatorio di Dante, che lo vedrà nuovamente impegnato anche come attore.

Nel frattempo continua l’esperienza , ideata e diretta da lui, del Teatro Deconfiscato. Infatti, dopo le prime due edizioni presso l'ex-tenuta Magliulo, la terza si è svolta presso il Castello Mediceo di Ottaviano, l'ex-castello di Raffaele Cutolo. Nevralgico Teatro & Legalità, un progetto nato nove anni fa sull'onda di alcuni laboratori teatrali scolastici svolti sul territorio campano.

Tante le anime di Meola, diviso tra teatro, sperimentazione, docenze e scrittura. Infatti è anche autore del libro Teatro, una raccolta di sette delle sue drammaturgie (ne ha scritte oltre 30), di cui 4 in Italiano e 3 in lingua napoletana, con la prestigiosa prefazione di Elena Bucci.


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