sabato 30 settembre 2023

Baccalà Village: la missione di destagionalizzare il consumo del baccalà è servita

 Mentre si conclude il secondo weekend dedicato alla tappa di San Marco Evangelista del Baccalà Village già si pensa - e si riaccendono i motori del fare e delle idee -  alla quinta e ultima tappa che sarà a Pignataro Maggiore, sempre nel territorio di Caserta.

Lo chef scellato Antonio Peluso è riuscito nel suo scopo di destagionalizzare il consumo di baccalà, mostrando come non sia solamente un alimento principe delle tavole natalizie, ma come si possa gustare anche d'estate in versioni sempre diverse e appetitose, che stuzzicano il palato.




Nell'attesa di conoscere maggiori dettagli di questa tappa natalizia, particolarmente attesa dai Campani che sono fedeli alla tradizione, il pensiero torna alla quarta tappa, dove sono state particolarmente apprezzate la versione  con le patate -  servita con pane verace e fragrante - e quella alla brace.




Nella ricetta alla brace, il baccalà viene cotto su una sorta di braciere di grandi dimensioni.

Essendo un alimento particolarmente ricco d'acqua, che lo rende spugnoso nella consistenza, viene posto prima su una griglia sospesa, dove perde l'umidità in eccesso, e poi adagiato su un piano di pietra lavica, sottoposto a una cottura lenta e dolce che gli permette di mantenere tutti i suoi succhi e quindi di rimanere morbido.




Ne deriva un piatto saporito, ma non salato, che sorprende per la sua delicatezza, legata anche all'utilizzo di una materia prima di elevata qualità. Ulteriore sapore viene conferito  da una spennellatura di olio d'oliva e erbe aromatiche. 




Come fine pasto, imperdibile lo sfiziosissimo cioccolatino al baccalà: un accostamento di sapori apparentemente improbabile , ma dagli esiti davvero golosi.

Adesso non ci resta che aspettare l'ultima tappa, che chiuderà il 2023. Si annunciano invitanti novità del gusto. Parola dello chef scellato e del suo team, dimostrazione in vivo del fatto che "crederci è potere".

Ph. Pino De Pascale

domenica 20 agosto 2023

Giovanni Meola: Teatro alla deriva è frutto di una profonda sintonia di intenti

E' ed è stata un'estate ricca di eventi culturali, svoltisi "a cielo aperto", in luoghi suggestivi, noti e meno noti.
Nell'attesa di assistere all'esordio della stagione teatrale autunnale, abbiamo colto l'occasione per ripercorrere alcune tappe importanti con Giovanni Meola, direttore artistico della rassegna Teatro alla Deriva e per gustare insieme qualche anticipazione della prossima stagione, "sbirciata" sulla sua agenda.

D. Quali sono i tuoi prossimi progetti?

R. In campo teatrale, la prossima stagione vedrà tornare in scena tre lavori a cui tengo, e teniamo, moltissimo: Io So e Ho Le Prove, tratto dall’omonimo saggio-memoriale di Vincenzo Imperatore, prima ‘gola profonda’ del mondo bancario italiano; TRE. Le Sorelle Prozorov, liberamente tratto da Tre Sorelle di Cechov, che sarà in cartellone al Teatro Nuovo a Marzo 2024; Amleto (o Il Gioco del Suo Teatro), da Shakespeare. Accanto a questi, diversi altri progetti sono in rampa di lancia, così come a livello cinematografico, con il nuovo documentario lungometraggio, Art. 27, comma 3, frutto di un progetto realizzato all’interno del carcere di Poggioreale, pronto ormai ad uscire, e un altro progetto in fase di sviluppo, di cui firmerò la regia a quattro mani con Raffaele Ceriello, che racconterà la vicenda politica e umana pluridecennale dell’ex-Sindaco di Napoli, Antonio Bassolino. Contemporaneamente, sto lavorando a due progetti di finzione, due film, molto diversi tra loro (uno di questi è l’adattamento cinematografico da Io So e Ho Le Prove), per i quali sto dialogando con diverse produzioni.

D. Teatro alla Deriva è una rassegna che dura da dodici anni. Più longeva solo qualche serie televisiva. Gli ingredienti di questa continuità?

R. Io credo che tra me ed Ernesto Colutta, uno dei proprietari e gestori delle Stufe di Nerone, che della rassegna è stato ideatore principale e che, bontà sua, mi ha affidato la direzione  artistica dal secondo anno in poi, si sia creata da tempo una sintonia non solo di tipo culturale e artistico, ma anche di tipo caratteriale. I primi tre, quattro anni il pubblico era pochino ma noi sentivamo che la nostra zattera aveva tutte le potenzialità per attrarre e far innamorare le persone di questo progetto così singolare. Ecco, diciamo che uno dei segreti è stata la nostra determinazione di farcela a coinvolgere tanta gente. Così, anno dopo anno, passo dopo passo, siamo riusciti ad allargare sempre un po’ di più la base e credo che questo sia uno dei segreti della longevità, finora, di Teatro alla Deriva.

 D. La famiglia Colutta ha fatto una scommessa. In cosa ha creduto?

R. La famiglia Colutta ha creduto, e continua fermamente a credere, nella creazione di una comunità teatrale, oltre la clientela che da decenni anima la loro struttura termale. Questa rassegna non li fa di sicuro arricchire, anzi. Ma è fantastico l’entusiasmo che anima tutti i componenti di questa numerosa famiglia: ogni Luglio da 12 anni io assisto davvero a una sorta di trasformazione, dato che quelli che fino all’ora di chiusura sono i responsabili di uno stabilimento termale, molto accorsato e molto suggestivo, in un attimo si trasformano in tutt’altro, accogliendo il pubblico e dando modo a me e al mio staff (fatto di poche persone ma davvero eccezionali per impegno, capacità e attenzione, da Gabriella Galbiati a Vincenzo Coppola e a tutti gli altri che da molti anni, o solo da qualcuno, sono con noi in questa avventura) di operare in piena autonomia all’interno di una macchina che funziona come tutt’altro. Ce ne fossero di altre famiglie o di altri imprenditori come i Colutta, con la loro apertura mentale e il loro entusiasmo.

D. Se dovessi esprimere una costante nelle reazioni del pubblico in quest'ultima edizione?

R. Il pubblico di questi ultimi anni ha avuto la costante voglia di tornare. Si è creata una fetta di pubblico affezionato, che apprezza le scelte in cartellone e il modo in cui organizziamo il tutto. E questo ci rende davvero orgogliosi del percorso fatto finora.


 

 D. Pubblico che apprezza non si cambia. C'è una porzione di fedelissimi e una che si è progressivamente aggiunta?

R. Questo è indubbio, ormai ci sono dei fedelissimi. Ma ovviamente, e fortunatamente, c’è anche una porzione di pubblico che sceglie di seguire questa o quella compagnia, come è naturale che sia. Ogni pubblico è la summa di tante diverse dinamiche che vanno a combinarsi.

 D. Se sì qual è il suo profilo?

R. Direi che da qualche anno a questa parte si sia affezionato alla rassegna una buona parte di pubblico del territorio flegreo che prima, durante la nostra fase iniziale, non ci seguiva molto. Oggi, invece, dal territorio abbiamo una risposta significativa. Ma allo stesso tempo, abbiamo avuto in questi anni tanto pubblico proveniente da Napoli e provincia. Del resto, le Stufe di Nerone sono un patrimonio conosciuto in tutta la regione e la particolarità della location spinge molti a incuriosirsi e ad essere dei nostri. Molti che poi, spesso, ritornano. In quanto al dato anagrafico, c’è una grande varietà, devo dire. E anche questo è un dettaglio non da poco.

D. Qualche sapida anticipazione in merito all'edizione 2024?

R. Diciamo che è davvero troppo presto. Le mie scelte vanno di pari passo con ciò che vedo durante la stagione teatrale. Fino ad un certo punto accumulo titoli in una sorta di long list, che poi viene scremata col passare dei mesi, fino ad una short list da cui scegliere in via definitiva. Ovviamente, possono essere presi in considerazione anche spettacoli che hanno debuttato una o più stagioni prima, o lavori che vedo in extremis e che inserisco in lista perché particolarmente adatti alla cornice o al fil rouge che, di anno in anno, cerco di avere come guida. Ma a conti fatti, direi che l’unica cosa che ho sempre presente è di provare a scegliere lavori in cui gli interpreti, la regia o la drammaturgia, o tutti questi elementi assieme, abbiano una loro propria forza in grado di suggestionare a prescindere e di combinarsi al meglio con la location e la zattera, elemento assolutamente non trascurabile nelle valutazioni da fare prima di invitare o meno uno spettacolo.

 



 


 

 

sabato 1 luglio 2023

Cenando sotto un cielo diverso: bellezza e buon gusto le parole d'ordine per fare inclusione

Il buon gusto e la bellezza, declinati secondo i loro multiformi volti : questi gli ingredienti dell'appuntamento con la quindicesima edizione di “Cenando Sotto un Cielo Diverso”, in programma per martedì 4 luglio 2023 presso Villa Tony (splendida struttura ubicata all’interno del Complesso Zeno, alle falde del Vesuvio).



 Il ricavato dell’iniziativa sarà in parte utilizzato per l’acquisto di un acquario che sarà collocato presso il reparto di Diabetologia pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli ha (responsabile: prof. Dario Iafusco). Tale reparto, afferente al DAI Materno Infantile, è Centro di Riferimento Regionale per la Diabetologia Pediatrica e Centro di eccellenza nazionale per lo studio e l’applicazione delle tecnologie nella terapia e nella gestione del diabete. La parte rimanente del ricavato dell’evento sarà destinata alla costruzione di un centro ludico – didattico per malati schizofrenici. A promuovere la kermesse l’associazione “Tra Cielo e Mare”, fondata nel 2013 da Alfonsina Longobardi – psicologa, sommelier ed esperta di food & beverage . L'iniziativa sarà realizzata anche grazie alla rinnovata collaborazione di alcuni volontari, che garantiscono il loro impegno attraverso gli anni, tra i quali i ragazzi del Centro Don Orione e le persone con disabilità sensoriale provenienti da Gragnano. C’è anche la cooperativa Sociale SIRIO che opera dal 2020 nel campo dell’impegno sociale, socio-sanitario ed educativo gestendo servizi a carattere territoriale e domiciliare. Infine, 14 alunni dell’Istituto “Raffaele Viviani” di Castellammare di Stabia saranno ai fornelli con gli chef stellati.

"Vogliamo agire sull'inclusione a 360 gradi - spiega l'ideatrice dell'evento -. Quindi gli alunni dell'istituto Viviani lavoreranno a supporto degli chef. Per loro è una grande occasione di imparare da professionisti che hanno un consolidato percorso professionale. Inoltre, sosterranno i loro compagni più fragili, così come fanno ogni giorno a scuola".

Il motivo ispiratore

Richiamando le parole di Alfonsina Longobardi il leitmotiv di questa edizione è la bellezza. Quella trasversale e divergente, baluardo dell'unicità dei territori e dell'individuo, non incline a piegarsi ai canoni dello stereotipo imperante del perfezionismo fisico. Lo stesso che spinge tanti adolescenti, per esempio, a ricorrere alla chirurgia estetica pur di conformarvisi, nella speranza di essere accettati e di fugare paure e insicurezze che hanno radici molto più profonde.

"La bellezza - evidenzia l'esperta di food & beverage - è un concetto molto più ampio e diversificato. Siamo corpi e anime. Noi puntiamo a valorizzarne le potenzialità, così come facciamo con gli odori, i sapori e i colori delle nostre realtà produttrici e delle nostre cantine".

Un cast stellare

Nel mondo dei riflettori e delle passerelle, le celebrità spesso sono oggetto di ammirazione per il loro talento artistico, la bellezza e lo stile di vita glamour. Tuttavia, c’è un lato di queste figure iconiche che spesso passa inosservato: il loro impegno per le cause benefiche e la volontà di utilizzare la loro influenza per fare la differenza.

Per l’evento di beneficenza “Cenando sotto un Cielo diverso” alcuni dei volti più noti e rispettati del panorama delle celebrità si sono uniti per sostenere una causa meritevole: attori, cabarettisti, scrittori, cantanti, influencer saliranno sul palco dell’evento introdotti dalla sua storica presentatrice, ovvero Ida Piccolo.

Anna CapassoCiro TorloDiletta AcanforaEnzo FichettiFrancesco AlbaneseGaia ZucchiGianluca ZeffiroGiuseppe MoscarellaLudo BruscoLuis NavarroMassimiliano CiminoMichele SelilloPeppe LauratoRebus ManRico FemianoRosa MirandaStefano De Clemente: sono solo alcuni nomi di questa straordinaria raccolta di ospiti VIP che sta generando un entusiasmo travolgente attorno a “Cenando sotto un Cielo diverso”. Un segno tangibile che il mondo dello spettacolo può essere un catalizzatore per una società più giusta e inclusiva.

Eccellenze culinarie al servizio della beneficenza

L’arte culinaria, con la sua capacità di deliziare i palati e creare esperienze indimenticabili, si unisce al nobilissimo scopo della beneficenza in un’occasione unica. Il connubio tra eccellenza culinaria e solidarietà promette di regalare una serata indimenticabile, in cui il piacere del gusto si fonde con la generosità di coloro che hanno fatto della loro arte una vera e propria missione. Saranno 150 gli chef, pasticcieri, pizzaioli, panificatori e produttori che delizieranno i numerosi avventori della quindicesima edizione di “Cenando Sotto un Cielo diverso”. 

Tante le novità: per esempio un vero e proprio angolo delle carni o i forni a legna dove verranno infornate molteplici pizze, fragranti nella pasta e gustose e creative nel topping.

In questa prestigiosa lista di artisti del gusto che parteciperanno all’evento si trovano nomi di spicco nel panorama gastronomico internazionale, ovvero gli stellati Domenico IavaroneMichele De LeoGiuseppe AversaCiro SicignanoLuigi SalomoneIgles Corelli. Le loro creazioni hanno incantato i commensali di tutto il mondo e il 4 luglio saranno protagoniste di una serata che resterà impressa nella memoria di tutti coloro che avranno la fortuna di parteciparvi.

martedì 13 giugno 2023

Uno chef per amico: la strada verso l'inclusione lavorativa continua

 Circa 40 professionisti -  tra cuochi, pasticcieri, pastry chef, master griller, pizzaioli -  hanno fatto squadra con ragazzi autistici, percorrendo le vie multiformi del gusto, per "nutrire" e far crescere le loro potenzialità e le loro capacità non solo teoriche ma anche, e soprattutto, pratiche ai fornelli.

La parola d'ordine, quindi è inclusione lavorativa, foriera di indipendenza decisionale e di vita, nonchè di acquisizione di una piena presa di consapevolezza su chi si è dove si vuole andare.

Tutto questo è l'evento - giunto alla terza edizione - Uno chef per amico, realizzato dall'event designer Mirella Greco negli spazi di Casale Irfid Ottaviano.



Una serata, che si dipana tra leccornie enogastronomiche, intrattenimento musicale e artistico, ma anche impegno istituzionale. Presenti, infatti, il neo sindaco di Ottaviano, Biagio Simonetti, il sindaco di Nola, Carlo Buonauro, l’ex senatore Francesco Urraro eil consigliere regionale Massimiliano Manfredi.


INCLUSIONE LAVORATIVA: IL GUSTO DELL'INDIPENDENZA

Un evento - ideato dagli chef organizer Tommaso Foglia e Gennaro Langellotti  - vissuto tra saperi, sapori e obiettivi importanti.

"Chi è più fortunato - evidenziano gli ideatori -  ha il dovere di donare il proprio tempo e impegnarsi in iniziative di responsabilità sociale in modo che nessuno resti indifferente a queste problematiche. Ma cosa ancor più importante dobbiamo fare rete, ciascuno con la propria professionalità per aiutare questi ragazzi a entrare nel mondo del lavoro perché il lavoro è un diritto e tutti hanno diritto ad una possibilità".

Mattatrice dell'evento la giornalista Rosa Iandiorio, che ha  presentatotra gli altriAndrea SanninoCiro Alma e Antonio D'Aquino della serie TV Mare Fuori

I corsi dell'associazione Micolorodiblu onlus sono volti a far emergere le potenzialità di ognuno, coniugandole con le richieste provenienti dal socio-economico - a forte vocazione turistica - così da aumentarne il livello potenziale di occupabilità.

Questo lavoro costante, certosino e instancabile ha prodotto i primi buoni frutti, che confermano il successo della serata. Infatti, il pizzaiolo Luca Doro di Macerata Campania ha offerto un regolare contratto di lavoro retribuito ad Alessandro, uno dei ragazzi che hanno partecipato alla serata, in qualità di supporto agli chef.

"Non vogliamo sostituirci alle istituzioni - sottolinea Maria Gallucci, presidente Associazione Micolorodiblu onlus - ma accompagnarle in un un percorso proficuo, sinergico e condiviso che dia risultati di occupazione, e quindi di dignità, nel breve e medio periodo".

IL NOSTRO PERCORSO DEL GUSTO

Abbiamo cominciato con un gustoso bocconcino di carne cotta lentamente, a bassa temperatura,  particolarmente morbida e scioglievole. 



Per poi passare al baccalà mantecato e aromatizzato con crema di limone. 




Gustoso intermezzo: un carpaccio di pesce crudo, speziato e croccante al punto giusto. Proseguiamo: un sushi di tonno dalle suggestioni fusion e interculturali, adagiato su un alga che lo accoglieva e contribuiva a esaltarne il sapore. 




Un assaggio di pasta e patate con la provola, davvero saporita, figlia della tradizione partenopea più antica e autentica, e una gustosissima pasta e fagioli bollente,  capace di rievocare le ricette della nonna. 

Per rinfrescare le nostre papille gustative e prepararle a immergersi in nuovi sapori, un trittico formato da un assaggio di mozzarella di bufala, una delicatissima ricotta e un bocconcino di provola affumicata, che abbiamo accompagnato con un pane brunito ai cereali. 

Degno accompagnamento un bicchiere di Aglianico e uno di Falanghina. Una spremuta di nettare degli dei proveniente dai territori locali, realizzata con un'uva profumata e dal sapore intenso. 

Infine un ricco buffet di dolci, davvero adatto a tutti i gusti e bisogni: erano presenti anche alcuni dessert studiati per le esigenze di chi ha particolari patologie metaboliche, che si riverberano in ambito alimentare, come per esempio i celiaci e i diabetici.



Abbiamo assaggiato del panettone e del pandoro a lunga lievitazione, impastati con lievito madre vivo, onde garantire loro il giusto livello di energia e di idratazione. 



L'OMAGGIO AI CAMPIONI D'ITALIA E AI FIGLI DEL VESUVIO 

A seguire, un piccolo vulcano dolce, creato dal Ruah e chiamato proprio Figli del Vesuvio, in onore dei campioni d'Italia. Una cheesecake ai limoni di Sorrento con inserimento di frutti di bosco. Una lava scura fuoriesce dal cratere ed è costituita da vera acqua di mare salina. La base è fatta di pasta di mandorle, attorniata da un mare di caramello e da un cremoso di mascarpone alla menta. 



TANTA BONTA' TALE DA CREARE RIMPIANTO

L'abbondanza, la completezza e la ricercatezza delle pietanze proposte - che erano particolarissime, ma al contempo semplici -  ha anche creato più di un rimpianto per quei piatti che - giocoforza - non siamo riusciti ad assaggiare: una frittatina tuffata nell'olio caldo al momento, guarnita con i fili d'angelo, cioè dei peperoncini ornamentali. 

Un raviolo fusion che richiama quelli tipici giapponesi, cotti al vapore, ma con un tocco di gusto nostrano. Dei mini bun ripieni di piccole perle di carne e, per concludere in bellezza, un goloso tiramisù cotto al forno. 

Per digerire però, non poteva mancare un cocktail: il Posie by Ruah. Un aperitivo o un fine pasto, realizzato con vodka, succo di cetriolo e arancia amara. 



CADEAUX DA GUSTARE E DA CONSERVARE

Graziosi cadeaux da conservare:  piccoli saponi e cere a forma di cuore inseriti in una scatolina con un fiocchetto blu, che richiama il colore della lotta per l'inclusione sociale delle persone affette da disturbi dello spettro autistico. Lo stesso colore si ritrova nella pochette da taschino - donata agli uomini - e nel braccialetto ornato di roselline, pensato per il pubblico femminile, ma anche nella spilletta-ricordo che ci aspettava all'uscita. Cadeaux da mangiare: dei cioccolatini avvolti uno ad uno in una carta dorata, seguiti da una confettata multigusto di CiocoSoft, offerta dall'azienda Crispo. 

COLLABORAZIONI E CONTINUITA'

Anche quest'anno continua il gemellaggio con l'evento Cenando sotto un cielo diverso, in programma il prossimo 4 luglio. Ideato e realizzato dall'associazione Tra cielo e mare, presieduta da Alfonsina Longobardi.

Il prossimo evento dedicato a solidarietà ed enogastronomia quest'anno proporrà partnership ancora più incisive per valorizzare i diversi volti all'inclusione: non solo il disagio psicofisico, ma anche il disagio relazionale ed emotivo dei ragazzi che crescono in casa famiglia, reduci spesso da abusi e maltrattamenti. 

"Ci saranno - racconta Alfonsina  Longobardi -  non solo i ragazzi del centro Irfid di Ottaviano e quelli del Don Orione, ma anche i ragazzi della rete di cooperative Sirio e Rugiada di Castellammare di Stabia e Torre Del Greco,  proprio per dare spazio in maniera sempre più incisiva a varie forme di disagio, ma anche alla possibilità di essere valorizzati e concretamente inclusi attraverso lo strumento del lavoro mettendosi alla prova sul campo". 

La terza edizione di Uno chef per amico si è svolta lo scorso 29 aggio. Qualche giorno  dopo, il 2 giugno, è stata la giornata dedicata ai disturbi alimentari.

 Il cibo, quindi, rivela ancora di più di essere legato a doppio filo con la questione identitaria sia perché bacino valoriale e espressione culturale multiforme a livello individuale e collettivo, sia perché lo sviluppo identitario passa attraverso la consapevolezza di sé, generata dall'implementazione del senso di autoefficacia  e di quello della propria autostima.



Ph, Pino De Pascale

domenica 11 giugno 2023

Aemorragia: il Nostos Teatro chiude la rassegna Approdi con un'opera intensa e inquietante

 Il teatro Nostos chiude la rassegna Approdi all'insegna della più elevata qualità, trait d'union che caratterizza tutta la sua produzione e gli spettacoli messi in scena.

Lo fa con un testo liberamente tratto dal Calderòn di Pasolini, ennesima ed efficace critica al sistema borghese e alle sue odiose ipocrisie.

L'atmosfera è noir, a tratti orrorifica. I protagonisti sono de-umanizzati e privati della loro identità, in nome di una cieca e acritica adesione alle regole imposte dal sistema: una sorta di zombie viventi o di marionette, che si muovono a scatti.

L'unica a fare eccezione è Rosaura - che non a caso in questo riadattamento - per la regia di Dimitri Tetta - mantiene il suo nome.

La protagonista - che cade in un sonno profondo, forse per sottrarsi alle vessazioni cui è sottoposta o, forse, perché tutti coloro che la attorniano le sottraggono costantemente energia vitale - si risveglia, per ben tre volte, in epoche e in condizioni sociali differenti.

Ma tutte sono accomunate dalla completa estraneità che lei avverte rispetto ai luoghi fisici in cui si ritrova e ai legami familiari che vengono millantati, Rosaura vorrebbe non limitarsi a sopravvivere come fanno tutti - ripetendo meccanicamente gesti e conversazioni svuotate di reale significato - ma aspira a vivere pienamente. 

Per farlo abbisogna del corpo, che è sia il substrato che, come sottolinea il filosofo Galimberti, le permette di proiettarsi nel mondo circostante, sia il nucleo del suo slancio vitale. Proprio per questo è il corpo a essere "svuotato" di pulsioni, emozioni e sentimenti. 

Non a caso lo psicologo Reich diceva che l'espediente utilizzato dai regimi per depauperare gli individui della loro forza creativa - e concomitantemente del loro spirito critico - è privarli della possibilità di vivere una sessualità piena e autentica.



Infatti, gli amori di Rosaura si rivelano tutti impossibili - perché incestuosi e in quanto tali doppiamente proibiti - ma ciononostante ella rivela il desiderio e il bisogno - che resterà insoddisfatto - di viverli ugualmente.

Amori che non regalano un senso di pienezza e completezza, ma che consumano, lacerano, frammentano, creando emorragie emotive.

L'atmosfera viene caricata di un pathos ansiogeno grazie a un uso sapiente delle luci  e del trucco con volti cerei, quasi esangui, dove spiccano profonde occhiaie scure.

Un solo punto luminoso - che sia un piccolo proiettore o una lampada da salotto -  che diffonde una luce cruda e dura, mentre il resto del teatro è immerso nel buio. Un punto di luce spot che a volte illumina i personaggi da dietro, inquadrandoli in controluce e rendendo le sagome nitide, ma il volto sfocato; altre volte mette a fuoco solo il viso, quando proviene dal basso, con un effetto ancora più spiazzante  e grottesco. Sembra che l'ambiente sia illuminato dalla fioca luce di una candela, e questo aumenta l'effetto di straniamento. 

Lo spettatore si sente risucchiato dalla scena, quasi fosse sul palco in una posizione defilata, e questo amplifica il senso di coinvolgimento, ma anche di terrore claustrofobico che piano piano si insinua sotto la pelle. In mezzo a un'atmosfera buia  e greve, immobile, spicca un solo punto di colore: è la poltrona rossa dove Rosaura giace addormentata. Il giaciglio, dov'è riversa a testa in giù, inquieta ancora di più.

Unica macchia di colore  - che pare una stilla di sangue - e di vita, che uno strenuo tentativo di vita autentica accoglie.

Strepitosi gli attori in scena - molto intensi e assolutamente credibili in un testo difficile come tutti quelli che richiamano temi così forti, nonché quando ci si confronta con il genio pasoliniano:  Adelaide Baldini, Teresa Barbato, Mattia D'Angelo, Mariarita De Lucia, Luigi Di Biase, Elisa Ferrara, Gaetano Ferrara, Marika Frongillo, Maria Francesca Iannicelli, Ilenia Lisbino, Federica Palmente, Antimo Puca, Mariano Scuotri, Antonella TranchinoDaniela Colella, Paolo Corso, Barbara De Gaetano, Salvatore De Leo, Giuliana Gravino, Salvatore Mangiacapra, Veronica Mele, Mariachiara Nardelli, Michele Pedata, Nicla Salve e Rosaria Truppo

I costumi sono di Gina Oliva, la produzione è del Nostos Teatro.

Ora lasciamo la parola al regista Dimitri Tetta.

L'intervista

D. Un'emorragia di sangue, di sentimenti, di slancio vitale. Cosa resta?

R. Resta Il Corpo, per dirla con le parole di Artaud -"un corpo vuoto, nuovo, diverso, che non potrete rivedere mai più". Rosaura viene continuamente svuotata dalle entità che la circondano, il cosa fare corrisponde sempre al contrario di quello che lei vorrebbe fare, viene letteralmente eviscerata in scena citando Lezione di Anatomia di Rembrandt. Il Corpo vuoto resta e non mente, il motivo della sua "prigionia" è proprio l'essere dotata di quel Corpo lì.

 D. La protagonista viene considerata aliena alla realtà che la circonda e quindi pazza. È  necessaria una spinta normalizzante. Ma essere fedeli allo standard non implica tradire dolorosamente e dolosamente sè stessi, se non vi si riconosce?

R. E' un tradimento necessario come necessario è uniformarsi allo standard se si vuole vivere, Rosaura però vuole essere viva. Anche quando prova, (finge?) a normalizzarsi dimostrando di essere pazza attraverso l'uso di frasi sconnesse, anche quando decide di comportarsi esattamente come "loro" vogliono, sono proprio "loro" che innalzano nuove barriere, nuovi pretesti per non considerarla "guarita".

D. La protagonista inciampa sempre in entità che parlano il linguaggio di amori impossibili. Come mai? Cosa racconta questa scelta di lei?

R. A Rosaura non è permesso vivere quelle tipologie di amori perché incestuosi, l'amore nei confronti del padre e del figlio. Credo che Pasolini prenda questa impossibilità estrema per attaccare la piccola borghesia bigotta e per toccare e trattare  - odio il termine diversità - dunque utilizzerò la parola singolarità, ecco,  la particolarità di ogni soggetto. Mi viene in mente "Respiro" di Crialese , film nel quale l'eccentricità della protagonista viene scambiata per follia, poiché inserita in un contesto quale una comunità di pescatori sull'isola di Lampedusa.

D. Quali sono i punti di contatto e quali le differenze rispetto all'originale pasoliniano?

R. Il testo è stato brutalmente tagliato, svuotato di tutto il significato partitico, sono stati eliminati tutti i nomi, tranne quello della protagonista e tutti i riferimenti ai luoghi. la struttura dell'opera tuttavia è rimasta la stessa, ma il significato è completamente mutato. La Rosaura dell'opera originale si risveglia in un lager, la nostra invece non beve dalla coppa del potere, lo rifiuta, è una protagonista vincente, almeno fino a poco prima del buio, quello che succede dopo non possiamo saperlo o forse possiamo intuirlo.

Ph. Simone Marigliano