Coelho ci dice che quando si fa l'amore con chi è frammento della nostra anima si è costantemente immersi in un dialogo amoroso con suo corpo.
Andrea Gruccia
riprende e rinforza il concetto dicendo che è come fare l'amore con lei
attraverso qualunque cosa... Anche attraverso un delicato gelsomino o
un profumo, rendendola gravida attraverso parole e pensieri pieni di
desiderio.
Quello che Andrea Gruccia
delinea ne Il tatto delle cose sporche, edito da Milena Edizioni, è un gioco di specchi. Tutti i
protagonisti si specchiano negli altri e dal fondo delle loro anime
emerge, per risonanza, il medesimo tumulto, gli stessi dubbi o, al
contrario, un bacino valoriale che resiste e sfida la ferocia della
quotidianità. O, ancora, una lama tagliente di oscurità che, come una
falena, è inesorabilmente attirata dalla luce.
Tutto
si svolge in una Torino calda e decadente, che a tratti sa mostrare il
suo volto accogliente ed a tratti indica come le nuove tendenze figlie
della parte oscura della globalizzazione fagocitino le tracce di ciò che
è tradizione e antichità.
In questo intrico di
dolenti vicende umane, di disperazioni, di bisogni e nervi scoperti che
si intrecciano in maniera ansimante ed a tratti compulsiva, si
rincorrono, attraverso lo spazio e il tempo, tre identità. Intorno a
loro, che trovano il loro trait d'union e strumento di dialogo nel
sesso, nel contatto ossessivo dei corpi, eternato attraverso alcune
fotografie, si muove un microcosmo di personaggi, pulsanti di feroce
umanità e fragilità.
Andrea Gruccia usa un
lessico ricercato, dove nulla è lasciato al caso. Parole che traducono
attimi di vitalità sfrenata dove si mescolano umori, odori e sapori.
Dove, quasi inaspettatamente, dato che si ha il coraggio di toccare con
mano anche ciò che è considerato proibito, la poesia trova spazio e una
dimensione saldamente disvelatrice.
Il finale resta
aperto, parafrasando un anelito di poesia preso in prestito da Leonard Cohen, come una ferita o una crepa da cui far entrare la luce che
possa rischiarare l'oscurità. Punto non di fine, ma di ripartenza per un
nuovo viaggio, che si muoverà a metà tra il reale e il surreale.
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