Sono passati alcuni giorni, coaguli di ore e microcosmi di attimi dalla conclusione della mostra Partono 'e Bastimènte, a cura di Chiara Reale.
L'esposizione, visiva e sonora, promossa dall'Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, è stata ospitata nella Sala delle Carceri del partenopeo Castel dell'Ovo, che sorge sull'isolotto di Megaride, dove si dice sia stato sepolto il corpo della Sirena Partenope o, forse, ci sia la tomba di Ifigenia.
Forse il tempo giusto per far sedimentare le emozioni e trovare le parole giuste per condividere le impressioni suscitate...
Le voci che intonano un canto ed un controcanto sono quelle di Stefania Raimondi ed Angela Colonna, ognuna secondo il registro dei propri specifici linguaggi espressivi.
Alle loro si uniscono tante altre voci, i cui volti spesso rimangono in ombra o si dissolvono... Quelle dei migranti, quelle degli esseri umani sopravvissuti, a demoni esterni ed interni in lotta tra loro, la cui battaglia all'ultimo sangue ha lasciato sui corpi di questi esseri umani, usati come agone e campo di battaglia, graffi, ferite, cicatrici, danni, ma anche nuove consapevolezze.
Le voci, modulate in canti, delle sirene. Le voci di una città che al di là ed al di sopra del frastuono del traffico e dei rumori molesti ed assordanti, mantiene una propria identità forte.
Una città, il cui corpo, fatto di luoghi fisici, di vicoli e di frammenti di presente e di passato, si mischia, impasta ed amalgama con i corpi dei suoi abitanti.
Una città in cui anche gli odori ed i sapori si traducono in suoni: quelli degli inviti a pranzo gioiosi, quelli del rumore dei mestoli, dei piatti e delle stoviglie, accompagnati, in sottofondo, dallo sciabordio del mare e dai racconti di chi di questa urbe è memoria storica individuale e collettiva, attraverso i racconti degli usi, dei costumi. delle tradizioni, dei miti e dei riti che testimoniano un radicamento territoriale che si declina alla voce appartenenza.
E' proprio il corpo al centro della riflessione pittorica di Stefania Raimondi, profonda conoscitrice dell'anatomia umana, un organismo insieme fisico e simbolico.
"In queste opere - racconta Chiara Reale - Stefania trasfonde anche parte della sua biografia. Si tratta di un dolore, di una ferita esteriore, impressa nel corpo, che si riverbera nell'anima, sotto forma di dolore interiore. Questo percorso pittorico ha anche un valore catartico".
Trentasette tavole con figure incise su legno, gessi, cartoni, realizzate utilizzando materiale di recupero.
Stefania, richiamando un concetto caro anche alla cultura Mahori, compie un'operazione maieutica. Non inventa nulla, come sottolinea lei stessa, ma si limita a svelare quanto quegli oggetti recano già al loro interno, l'anima che celano e proteggono, srotolando il filo di una narrazione.
"Togliendo l'eccesso - spiega la curatrice - svela quello che c'è sotto, portando alla luce quello che già esiste. Parallelamente, porta avanti un processo di scavo interiore, una migrazione in se stessi".
Figure nude, inscheletrite, il cui viso è nascosto o sbiadito e quasi si dissolve. Alcune hanno i genitali esposti, quasi che per loro non fosse immaginabile la possibilità di tutelare una legittima sfera di intimità. Altre li celano, pudicamente, con un cencio o un velo.
Con quel velo, facendosene quasi scudo, alcune figure sembrano accennare passi di danza nel e con il vento.
Alcuni hanno persino rinunciato a coprire le loro nudità, quasi che il loro anelito e slancio vitale sia definitivamente azzerato, ma si coprono gli occhi, la testa ridotta ad un teschio, a voler nascondere a se stessi nuovi orrori.
Altri voltano lo sguardo, l'espressione imbarazzata e vergognosa, le braccia dietro la schiena, in un misto di pudicizia e rassegnazione, o forse le loro mani sono legate, come avviene per chi è prigioniero o viene torturato
Corpi, come evidenzia la curatrice, di sopravvissuti, che hanno attraversato un inferno personale, riportando profonde cicatrici su cui costruire altro. Un inferno fisico ed emotivo, che ha permesso loro di trovarsi in una nuova dimensione.
"Si tratta - continua Reale - di migrazioni fisiche, ma anche attraverso molteplici stati d'animo".
Corpi "messi in croce", come lo siamo in fondo tutti, secondo quanto ribadiscono gli addetti ai lavori.
Grazie a una composizione di file recordings, un vero e proprio intervento di sound art ideato da Angela Colonna, alla polirumorosità cittadina, come la definisce l'artista, si sostituisce il soundscape, il paesaggio sonoro. Le stratificazioni pittoriche e le tracce sonore si rincorrono e si completano.
La bellezza delle opere dialoga e si compenetra con quella del luogo, in perfetta armonia, una location da vivere e "respirare".
Un luogo "abitato", anche momentaneamente, da tanti personaggi di spicco, dall'ultimo imperatore romano a Tommaso Campanella, ma anche da tante vite di "uomini non illustri, come li avrebbe definiti Giuseppe Pontiggia, che hanno fatto la storia, hanno contribuito ad intesserne le trame, ma che non vedranno mai i loro nomi riportati e ricordati nei libri.
Angela Colonna, nel suo soundscape, ricostruisce il corpo di Napoli, anche quello martoriato, attraverso le voci di persone che non hanno un volto e un nome, a delineare il percorso di una mostra che non si propone di fornire risposte, ma di sollevare dubbi e domande.
Così il corpo di Napoli si fonde e si compenetra con il nostro stesso corpo, divenendo insieme carcere corporeo e carcere che ci costruiamo attraverso i legacci imposti dalla nostra stessa mente. Un limite visto e vissuto sempre come una sfida, un qualcosa da attraversare e da superare, per non ristagnare, rimanendo fermi nello stesso punto.
Un gioco di specchi tra interno ed esterno.
"Non a caso - ribadisce la curatrice - la genesi di quest'esposizione è durata tre anni, per riuscire a valorizzare nel modo giusto un'arte figurativa e concettuale insieme".
Il peculiare allestimento completa questo percorso, dove contenitore e contenuto si confondono così come significante e significato.
Grazie al valente contributo di due architetti sono, infatti, state realizzate delle grate sulle quali montare le tavole pittoriche.
"E' anche importante il movimento della luce - dice Reale -. Esse rimandano al carcere, ma stimolano ancora una volta all'attraversamento. Sono fisiche, palpabili, ma anche proiezioni e si riverberano a terra sotto forma di ombra. Si tratta, dunque, di un carcere vero o di una sorta di illusione, costituita dalla nostra area di comfort, all'interno della quale ci rannicchiamo e rinchiudiamo, pur di sentirci al sicuro?".
Un blog nato per farvi appuntare l'attenzione su alcuni aspetti della realtà sociale economica e perchè no? dell'anima...attraverso le mie parole. E per assaporare gioie e dolori, confortandoci e confrontandoci, sempre e comunque. Perchè il confronto è la chiave di un reale sviluppo...
giovedì 30 gennaio 2020
mercoledì 29 gennaio 2020
Gaetano Genovesi e Cipajo: l'arte della pizza incontra l'anima strong del panino
Secondo il disciplinare
internazionale stilato dall'associazione Verace pizza napoletana, questa
leccornia dedicata alla regina Margherita, dopo la cottura nel forno a legna,
deve avere un aspetto tondeggiante, un diametro non maggiore di 35 cm, essere
morbida, leggera e digeribile, ma anche fragrante, ed avere un cornicione di
massimo 1-2 cm, gonfio e privo di bruciature.
Lo sa bene Gaetano Genovesi, degno figlio d'arte di suo padre Antonio,
che fu il primo ad esportare la pizza in Oriente, facendola conoscere in
Giappone.
Fedele alla tradizione, ma desideroso di sperimentare e di creare nuove contaminazioni e gemellaggi, Gaetano, con l'anima e la creatività instancabile di un vero scugnizzo, ha lanciato una nuova sfida: quella di far incontrare l'arte della pizza con quella del panino.
Fedele alla tradizione, ma desideroso di sperimentare e di creare nuove contaminazioni e gemellaggi, Gaetano, con l'anima e la creatività instancabile di un vero scugnizzo, ha lanciato una nuova sfida: quella di far incontrare l'arte della pizza con quella del panino.
Dalle mani sapienti e dall'estro di uno dei pizzaioli più noti d'Italia è
nato il panino “Mommò”, figlio di una sapienza ed esperienza antiche e
consolidate e di un'imprenditoria partenopea giovane e frizzante.
Così da lunedì 3 febbraio nel
menù di Cipajo Pub & Grill (via Franscesco
Morosini, 44 - Napoli, quartiere Fuorigrotta) sarà possibile ordinare questa nuova pietanza.
Il “Mommò” punta decisamente sulla valorizzazione delle eccellenze territoriali (ed in questo mutua le provienienze dop, doc ed igp della pizza) con ingredienti nostrani, rigorosamente prodotti in Campania, tant’è vero che è farcito da una cheese
steak di maialino nero casertano in cbt (cottura a bassa temperatura) al
pepe rosa e provolone del Monaco, con cotoletta di provola dei Monti Lattari, zucca stufata e fogliolina di mentuccia
fresca. Il tutto avvolto in un bun ai pomodori secchi con 4 tipi di semi in
superficie: papavero, lino, quinoa e sesamo.
Raccoglie competenze ed esperienze maturate nel tempo lentamente, così come la pizza che ha bisogno di tempo per lievitare, ma allude ad uno stile di vita smart, come smart è questa nuova alleanza del gusto: non a caso la pizza la si può mangiare anche sciuè sciuè nella sua versione "a portafoglio".
Ma ce ne sarà davvero per tutti i gusti, tra mari e monti: a partire dal baccalà fritto rivisitato, passando per la provola di Agerola e la classica scarola, proposta in una nuova versione, fino ad arrivare ai crocchè, cavallo di battaglia partenopeo, in taglia mignon dove "uno tira l'altro ed un altro ancora".
Infatti, la nuova creazione si inserisce nel menù che prevede tra i
tanti panini il Verdebaccalà (con
baccalà fritto, reso croccante da una particolare impanatura, ed esaltato dalla
crema di scarola e dal patè di olive nere), il Papapollo (con burgher di “Figlie di Apollo” su un letto di
insalata iceberg, provola di Agerola e patate al forno ricoperte da dressing
caesar), il Panzer (con hamburger di
Marchigiana da 180 gr, provola di Agerola, prosciutto cotto vellutato,
bocconcini di crocchè di patate e crema di parmigiano.
Tra i dolci spicca il panettone
di Capri, omaggio all'isola dell'amore, che lo chef Pasquale Rinaldo,
volto della trasmissione “La prova del cuoco” su RaiUno, ha creato in
partnership con Cipajo.
Completano il tutto una vasta gamma di vini, tra rossi
e bianchi, e birre, tra artigianali e alla spina.
«Sono molto contento di aver realizzato questa
collaborazione con dei giovani imprenditori del nostro territorio. Abbiamo
provato a creare un qualcosa di diverso rispetto al solito ma al tempo stesso
gustoso, genuino e all’altezza della situazione» spiega Genovesi, titolare
dell’omonima pizzeria in via Alessandro Manzoni 26/i.
L’intuizione di legare
queste due realtà è venuta a Stefano
Siviero, giovane creativo che sviluppa idee e contenuti per il web.
«Ho
provato a creare questa sinergia qui per qui, perché credo molto nelle energie
positive che lascia la mia terra. Tutto è nato da una riflessione sui social
network che hanno praticamente distrutto ogni tipo di distanza, spezzando in
maniera drastica i tempi. È vero che i social, utilizzati bene, sono produttori
di legami ed opportunità anche se spesso ci spingono a vivere con dei ritmi
poco umani. Ed è vero anche che in un attimo potrebbero cambiarti la vita.
Siamo tutto ciò che postiamo, nel bene e nel male. Chiaramente mi affascinano le
storie di ragazzi che con sacrifici riescono a raggiungere massimi livelli
grazie all’appoggio di questa rete immensa di canali virtuali. A fronte di chi
vorrebbe raggiungere tutto e subito.
Ecco l’ispirazione al nome del panino “Mommò” che in italiano si traduce “adesso”, “ora” pronto ad unire le realtà del territorio rispettando i valori di tempo, dedizione e talento».
“Not just another Pub”, recita il
claim di Cipajo, un format che unisce cibo,
passione e gioventù.
Un luogo di aggregazione e amore per il proprio
territorio. Oltre al locale di Fuorigrotta, Cipajo è presente anche a
Giugliano, in Via S. Giovanni a Campo 8, e a Frattamaggiore in Via Padre Sosio
del Prete, 26/28.
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martedì 28 gennaio 2020
Tramonti di cartone e le sue emozioni. Prossima tappa al Riot giovedì 30 gennaio
"Siamo tutti intrecciati, siamo tutti figli dello stesso dolore, a livello umano".
Comincia con questa frase di Valentina Bonavolontà la presentazione, la prima ufficiale (ma preceduta da altre due di grande successo, al teatro Tram di Portalba ed al liceo Nazareth) del progetto editoriale Tramonti di cartone.
Le parole sono di Marcello Affuso, Valentina Bonavolontà e Giulia Verruti, accompagnate da un’appendice fotografica a colori di 32 pagine con opere di Federica Crispo ed Erica Bardi.
In esso si intrecciano poesia, prosa, fotografia e disegni, per delineare la fisionomia del desiderio di ritorno alla propria casa dell'anima, come sottolinea la giornalista e scrittrice Armida Parisi durante la presentazione alla Feltrinelli dello scorso 22 gennaio 2020.
Un desiderio che, come sottolinea la giornalista, che ha introdotto l'incontro con gli autori e le varie anime che fanno parte di questo progetto, coincide con quello, vivo, intenso, anche se non sempre confessato, neanche a se stessi, di essere "ricevuti ed abbracciati", pur nella paura di non essere visti davvero e compresi.
" Ognuno nel proprio percorso - evidenzia Marcello - attraversa zone profondamente buie, per esempio costituite dalla malattia. Ma il sole non scompare: si nasconde solo dietro un muro molto alto e spesso. Bisogna avere, però, il coraggio di andare dall'ombra alla luce. Il comun denominatore dei nostri linguaggi, in questo libro, è che ogni forma espressiva 'enfatizza' l'altra, passandosi il testimone".
Gli autori, come sottolineano a più riprese, credono nell'empatia, come persone persone tout court.
" Inizialmente - racconta Valentina - nei nostri brani si avverte un senso di smarrimento e solitudine che risuona. Poi, però, mettendo a nudo le nostre emozioni, le nostre parole non si sono sentite più sole ed i nostri linguaggi si sono intrecciati. Abbiamo riscoperto nell'altro un sentimento, un'emozione, simili alle nostre e non ci siamo sentiti più soli".
Un libro che, dunque, ha la nota caratteristica di un agire sulla scia delle emozioni, un fare per esserci e per compiere la propria parte nella spinta propositiva per andare dall'ombra più densa verso la luce, a livello individuale e collettivo.
Gli incassi, infatti, saranno interamente devoluti all'associazione I Care Onlus, per contribuire a costruire scuole ed offrire assistenza e cure in Africa.
"Da sempre - ribadisce Giulia - amo ricercare il particolare e soppesare le parole, dando loro il giusto valore. Particolare dopo particolare, si arriva alla parola nuda. In questo progetto, gli stessi scrittori si mettono a nudo, uscendo dalla loro zona di comfort, di sicurezza".
Si tratta di un libro politico, che si innesta su una raffinata ricerca letteraria ed espressiva, dove la politica ritorna ad avere il suo senso più pieno e puro del compiere gesti di trasformazione sociale, indicando una strada diversa di pensiero ed azione, come sottolinea anche Armida Parisi.
Come evidenziano gli autori, "siamo tutti uniti dalle emozioni", per scrivere una storia che è l'insieme di tanti percorsi, di tante storie.
Il prossimo appuntamento, per unire la propria storia a quelle narrate in Tramonti di Cartone - Suggestioni Visive, è per giovedì 30 gennaio al Riot Laundry Bar, in via M. Kerbaker, 19 (Na), a partire dalle 18.30, con uno stuzzicante aperitivo letterario, che coinvolga cuore mente e stomaco (il nostro secondo cervello, dove si annidano le emozioni più profonde e viscerali), con a corredo una mostra a cura di Erica Bardi e Federica Crispo.
Comincia con questa frase di Valentina Bonavolontà la presentazione, la prima ufficiale (ma preceduta da altre due di grande successo, al teatro Tram di Portalba ed al liceo Nazareth) del progetto editoriale Tramonti di cartone.
Le parole sono di Marcello Affuso, Valentina Bonavolontà e Giulia Verruti, accompagnate da un’appendice fotografica a colori di 32 pagine con opere di Federica Crispo ed Erica Bardi.
In esso si intrecciano poesia, prosa, fotografia e disegni, per delineare la fisionomia del desiderio di ritorno alla propria casa dell'anima, come sottolinea la giornalista e scrittrice Armida Parisi durante la presentazione alla Feltrinelli dello scorso 22 gennaio 2020.
Un desiderio che, come sottolinea la giornalista, che ha introdotto l'incontro con gli autori e le varie anime che fanno parte di questo progetto, coincide con quello, vivo, intenso, anche se non sempre confessato, neanche a se stessi, di essere "ricevuti ed abbracciati", pur nella paura di non essere visti davvero e compresi.
" Ognuno nel proprio percorso - evidenzia Marcello - attraversa zone profondamente buie, per esempio costituite dalla malattia. Ma il sole non scompare: si nasconde solo dietro un muro molto alto e spesso. Bisogna avere, però, il coraggio di andare dall'ombra alla luce. Il comun denominatore dei nostri linguaggi, in questo libro, è che ogni forma espressiva 'enfatizza' l'altra, passandosi il testimone".
Gli autori, come sottolineano a più riprese, credono nell'empatia, come persone persone tout court.
" Inizialmente - racconta Valentina - nei nostri brani si avverte un senso di smarrimento e solitudine che risuona. Poi, però, mettendo a nudo le nostre emozioni, le nostre parole non si sono sentite più sole ed i nostri linguaggi si sono intrecciati. Abbiamo riscoperto nell'altro un sentimento, un'emozione, simili alle nostre e non ci siamo sentiti più soli".
Un libro che, dunque, ha la nota caratteristica di un agire sulla scia delle emozioni, un fare per esserci e per compiere la propria parte nella spinta propositiva per andare dall'ombra più densa verso la luce, a livello individuale e collettivo.
Gli incassi, infatti, saranno interamente devoluti all'associazione I Care Onlus, per contribuire a costruire scuole ed offrire assistenza e cure in Africa.
"Da sempre - ribadisce Giulia - amo ricercare il particolare e soppesare le parole, dando loro il giusto valore. Particolare dopo particolare, si arriva alla parola nuda. In questo progetto, gli stessi scrittori si mettono a nudo, uscendo dalla loro zona di comfort, di sicurezza".
Si tratta di un libro politico, che si innesta su una raffinata ricerca letteraria ed espressiva, dove la politica ritorna ad avere il suo senso più pieno e puro del compiere gesti di trasformazione sociale, indicando una strada diversa di pensiero ed azione, come sottolinea anche Armida Parisi.
Come evidenziano gli autori, "siamo tutti uniti dalle emozioni", per scrivere una storia che è l'insieme di tanti percorsi, di tante storie.
Il prossimo appuntamento, per unire la propria storia a quelle narrate in Tramonti di Cartone - Suggestioni Visive, è per giovedì 30 gennaio al Riot Laundry Bar, in via M. Kerbaker, 19 (Na), a partire dalle 18.30, con uno stuzzicante aperitivo letterario, che coinvolga cuore mente e stomaco (il nostro secondo cervello, dove si annidano le emozioni più profonde e viscerali), con a corredo una mostra a cura di Erica Bardi e Federica Crispo.
martedì 21 gennaio 2020
Le rotte dei sapori: la tradizione sofisticata dell'Imperium Bistro vince la sfida del gusto
Risorgere dalle ceneri, quelle del Luna Rossa, e come una fenice immaginare orizzonti diversi sui quali librarsi, più forti e combattivi di prima, con rinnovati progetti, stili ed obiettivi.
E' questo il percorso intrapreso dall'Imperium Bistro (via Calastro 3) a Torre del Greco. Dalla balaustra in pietra di fronte si vede il porto, che sorge non distante.
E dal porto, dal pescato del giorno, lo chef Vincenzo Langella, assieme alla sua brigata di cucina, trae ispirazione e sapori, abbinandoli sapientemente a quelli di terra, creando piatti con una struttura sapida e sorprendente, all'insegna di una tradizione rivisitata in chiave moderna.
La stella polare, la guida, però, è proprio la tradizione, quella che esce dalle cucine e dalle ricette della nonna.
Da lei, infatti, Vincenzo Langella ha imparato l'arte della pazienza, quella di saper aspettare i tempi giusti, e quella del sorriso che non si arrende. Dalle mani che si muovono veloci ed instancabili ha tratto insegnamento.
Dal padre, poi, ha imparato quanto sia importante saper fare sacrifici e arricchire e diversificare le proprie competenze, senza adagiarsi mai, nutrendo la propria creatività.
Per l'Imperium Bistro ha immaginato un menu aperto, che cambi pelle ogni due mesi, per rispettare la stagionalità degli ingredienti, il km 0, che attinga alle primizie dei produttori locali, secondo l'ottica dello zero waste.
Niente scarto, dunque: tutto viene riutilizzato, come è proprio di una cucina povera ed autentica.
Con quello che avanza dai broccoli, ad esempio, viene fatto il pane o dei brodi saporiti e, ancora, vengono decorati e "colorati" i piatti.
Vincenzo si occupa di tutto dai lievitati, come i panini al timo e limone ed il pane di semola, senza dimenticare i gustosi grissini, al dolce, passando per entree, antipasti, primi e secondi. Ha fortemente voluto fosse così e si è formato ed aggiornato attraverso vari corsi.
Il suo scopo è quello di incuriosire ed ingolosire anche chi ormai ha sviluppato una certa familiarità verso il locale, inducendolo a ritornare, attratto da una cucina sempre diversa, ma con una precisa identità fondante.
Quale? Quella fedele alla tradizione, ma che non ha paura di osare, di deviare dalle rotte del noto, rivisitandola e modernizzandola.
La tartare di manzo avellinese, ad esempio, è davvero semplice e delicata, ma sorprende grazie ad un bon bon di bufala che "scoppia in bocca".
Una tradizione, quella perseguita da Langella, che strizza l'occhio all'Oriente, con i suoi sapori speziati alla soia, alla curcuma, allo zenzero... e gioca con le cotture: al vapore, sottovuoto, alla piastra, mista.
Come per il maiale stracotto per 72 ore, arricchito con soia salata, per donare sapidità, secondo una cottura tale da garantirne la morbidezza, ma caramellato al miele, scottandolo in padella, per creare un mix croccante.
Lo stracotto viene poi adagiato su una zuppetta di patate, realizzata con un fondo di sedano, carote e cipolla.
A conferire una nota amarognola il pestato di rucola selvatica, mentre al retrogusto ferroso ci pensa la bieta.
"Grazie alla bassa temperatura della cottura sottovuoto - spiega lo chef - conserviamo la morbidezza e tutte le proprietà delle proteine e dei succhi della carne. Abbinando, poi, una breve cottura violenta, dopo averlo tamponato per non farlo bruciare, conferiamo croccantezza al piatto".
Ogni cottura, dunque, anche quella mista, dona al piatto strutture profondamente diverse, come nel caso delle costolette, le ribes, di maiale, cotte sottovuoto, per poi essere laccate sulla piastra, ed aromatizzate con zenzero, aglio ed erbe, come timo, salvia, rosmarino ed alloro, per conferire un intenso profumo, che richiami quelli tipici della montagna.
Inedita la formula mangia e bevi che associa i piatti ai cocktail.
"Essendo, nell'anima, un bistrot - continua Langella - perchè non si può gustare un piatto e contemporaneamente bere un cocktail di accompagnamento?".
I cocktail, infatti, sono studiati da Ivan Cerbone, Rosario Marciano e Sandro Azam. in collaborazione con lo chef (nascono prima i piatti e poi i coktail), per richiamare il piatto, ma anche per pulire ed "appiattire" il palato, preparandolo a ricevere un nuovo gusto.
Nell'aria dedicata al bar, poi, dodici posti sono pronti per gli amanti dei cicchetti, da abbinare a taglieri composti con prosciutto crudo di Parma gran riserva, prosciutto cotto affumicato, pancetta aromatizzata al vino, culatello di Zibello, coppa di parma, bacon affumicato, salame napoli nostrano, salame di cinghiale, salsiccia stagionata dolce con finocchietto selvatico, salsiccia stagionata piccante, salamini di cinghiale, lardo di Conca, provolone stagionato piccante, formaggio pecorino stagionato, formaggio di fossa, formaggio stagionato di vaccina e molto altro, in una sinfonia di sapori, tale da rendere ogni assaggio un viaggio multisensoriale nel gusto.
IL LOCALE
E' questo il percorso intrapreso dall'Imperium Bistro (via Calastro 3) a Torre del Greco. Dalla balaustra in pietra di fronte si vede il porto, che sorge non distante.
E dal porto, dal pescato del giorno, lo chef Vincenzo Langella, assieme alla sua brigata di cucina, trae ispirazione e sapori, abbinandoli sapientemente a quelli di terra, creando piatti con una struttura sapida e sorprendente, all'insegna di una tradizione rivisitata in chiave moderna.
La stella polare, la guida, però, è proprio la tradizione, quella che esce dalle cucine e dalle ricette della nonna.
Da lei, infatti, Vincenzo Langella ha imparato l'arte della pazienza, quella di saper aspettare i tempi giusti, e quella del sorriso che non si arrende. Dalle mani che si muovono veloci ed instancabili ha tratto insegnamento.
Dal padre, poi, ha imparato quanto sia importante saper fare sacrifici e arricchire e diversificare le proprie competenze, senza adagiarsi mai, nutrendo la propria creatività.
Per l'Imperium Bistro ha immaginato un menu aperto, che cambi pelle ogni due mesi, per rispettare la stagionalità degli ingredienti, il km 0, che attinga alle primizie dei produttori locali, secondo l'ottica dello zero waste.
Niente scarto, dunque: tutto viene riutilizzato, come è proprio di una cucina povera ed autentica.
Con quello che avanza dai broccoli, ad esempio, viene fatto il pane o dei brodi saporiti e, ancora, vengono decorati e "colorati" i piatti.
Vincenzo si occupa di tutto dai lievitati, come i panini al timo e limone ed il pane di semola, senza dimenticare i gustosi grissini, al dolce, passando per entree, antipasti, primi e secondi. Ha fortemente voluto fosse così e si è formato ed aggiornato attraverso vari corsi.
Il suo scopo è quello di incuriosire ed ingolosire anche chi ormai ha sviluppato una certa familiarità verso il locale, inducendolo a ritornare, attratto da una cucina sempre diversa, ma con una precisa identità fondante.
Quale? Quella fedele alla tradizione, ma che non ha paura di osare, di deviare dalle rotte del noto, rivisitandola e modernizzandola.
La tartare di manzo avellinese, ad esempio, è davvero semplice e delicata, ma sorprende grazie ad un bon bon di bufala che "scoppia in bocca".
Una tradizione, quella perseguita da Langella, che strizza l'occhio all'Oriente, con i suoi sapori speziati alla soia, alla curcuma, allo zenzero... e gioca con le cotture: al vapore, sottovuoto, alla piastra, mista.
Come per il maiale stracotto per 72 ore, arricchito con soia salata, per donare sapidità, secondo una cottura tale da garantirne la morbidezza, ma caramellato al miele, scottandolo in padella, per creare un mix croccante.
Lo stracotto viene poi adagiato su una zuppetta di patate, realizzata con un fondo di sedano, carote e cipolla.
A conferire una nota amarognola il pestato di rucola selvatica, mentre al retrogusto ferroso ci pensa la bieta.
"Grazie alla bassa temperatura della cottura sottovuoto - spiega lo chef - conserviamo la morbidezza e tutte le proprietà delle proteine e dei succhi della carne. Abbinando, poi, una breve cottura violenta, dopo averlo tamponato per non farlo bruciare, conferiamo croccantezza al piatto".
Ogni cottura, dunque, anche quella mista, dona al piatto strutture profondamente diverse, come nel caso delle costolette, le ribes, di maiale, cotte sottovuoto, per poi essere laccate sulla piastra, ed aromatizzate con zenzero, aglio ed erbe, come timo, salvia, rosmarino ed alloro, per conferire un intenso profumo, che richiami quelli tipici della montagna.
Inedita la formula mangia e bevi che associa i piatti ai cocktail.
"Essendo, nell'anima, un bistrot - continua Langella - perchè non si può gustare un piatto e contemporaneamente bere un cocktail di accompagnamento?".
I cocktail, infatti, sono studiati da Ivan Cerbone, Rosario Marciano e Sandro Azam. in collaborazione con lo chef (nascono prima i piatti e poi i coktail), per richiamare il piatto, ma anche per pulire ed "appiattire" il palato, preparandolo a ricevere un nuovo gusto.
Nell'aria dedicata al bar, poi, dodici posti sono pronti per gli amanti dei cicchetti, da abbinare a taglieri composti con prosciutto crudo di Parma gran riserva, prosciutto cotto affumicato, pancetta aromatizzata al vino, culatello di Zibello, coppa di parma, bacon affumicato, salame napoli nostrano, salame di cinghiale, salsiccia stagionata dolce con finocchietto selvatico, salsiccia stagionata piccante, salamini di cinghiale, lardo di Conca, provolone stagionato piccante, formaggio pecorino stagionato, formaggio di fossa, formaggio stagionato di vaccina e molto altro, in una sinfonia di sapori, tale da rendere ogni assaggio un viaggio multisensoriale nel gusto.
IL LOCALE
Il locale nasce dalla scommessa vinta da Lorenzo Villani, Riccardo Azam e Anna Villani. Percorsi umani e professionali diversi, ma accomunati dalla cura e dall'orientamento al cliente/utente e dalla capacità di intercettarne e soddifarne necessità e bisogni.
Dalle loro idee, cui hanno dato corpo l'archittetto Valentina D'Urzo e la decoratrice d'interni Rossella Guarino, nasce un ambiente dalle linee pulite, molto luminoso, arricchito da particolari shabby, affidati a Graziella, che ha curato anche il restauro dei mobili, dove c'è tanto di antico, anche se "restituito" alla vista in chiave moderna, come sottolinea Anna.
Ottanta tavoli che configurano un ambiente caldo ed accogliente, non dispersivo, ma in grado di assicurare agli astanti il giusto livello di privacy ed intimità.
La clientela cui il locale punta è quella degli over 30, stanchi dei soliti panini, incuriositi da piatti fedeli alla tradizione, proposti in chiave modernizzata ed in grado di affascinare anche lo sguardo grazie ad una presentazione sofisticata.
IL MENU
*ENTREE'*
Tartare di manzo con bon bon di bufala
COCKTAIL IN ABBINAMENTO:
Passion Apple (liquore di mele - sciroppo passion fruit - succo di mandarino - succo limone - succo mela verde)
*ANTIPASTO*
COCKTAIL IN ABBINAMENTO:
Unicorno (unicum -disaronno - affumicatura con legno di melo e timo)
*PRIMO*
COCKTAIL IN ABBINAMENTO:
French75 (gin Hendrix - succo limone fresco - sciroppo zucchero - vino bianco)
*SECONDO*
Stracotto di maiale alla soia e miele con bieta e rucola selvatica
COCKTAIL IN ABBINAMENTO:
Dolceamaro (lime - rucola prestata - sciroppo d agave - zenzero pestato – vodka - ginger ale)
*DESSERT*
COCKTAIL IN ABBINAMENTO:
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lunedì 20 gennaio 2020
Una cura per Samuel: la ricerca di occhi che sappiano vedere unita alla speranza di una terapia genica
Lui è Samuel, per la sua mamma Lorena Bisogni ed il suo papà, Cristian Nocerino, Samu.
Cinque anni ed un corpicino dormiente, ma scosso da continui tremiti: epilessia farmacoresistente, accompagnata da mioclonie, cioè da una perdita di contatto con la realtà, in un'alternanza terribile tra crisi convulsive ed un profondo sonno innaturale che dura tutta la giornata.
Samuel nasce con un ritardo psico-motorio, ma inizialmente nessuno segue ed indirizza la famiglia, per cercare di capirne le cause.
A sei mesi Samu viene ricoverato all'ospedale di Caserta con una febbre altissima e l'impossibilità di urinare ed è in quell'occasione un medico, notando le orecchie grandi e lo strabismo consiglia un'indagine genetica.
Così... per caso...
Samuel non cammina, non parla, a 6-7 mesi non riesce neanche a girare la testa.
"Abbiamo dovuto battagliare - racconta mamma Lorena - per farci assegnare la psicomotricità. Così fino a luglio scorso Samu ha potuto fare logopedia, psicometricità e fisioterapia".
Dopo tre anni di peregrinazioni arriva la diagnosi: si tratta di un'anomalia del gene NALCN, quello deputato a regolare il canale del sodio.
Solo 20 casi in tutto il mondo, con un'etereogeneità di espressione tale che ogni individuo, che reca nel proprio DNA questo gene mutato, può essere considerato un caso a sè, anche il piccolo Samuel.
Ad agosto, poi, improvvisamente Samuel "si spegne".
"Prima - racconta Lorena - era un bimbo gioioso, coccolone, urlacchiava, rideva. Oggi è in questo stato di sonno perenne: devo soffiargli sul viso anche solo per fargli aprire la bocca ed imboccargli un chiacchiaio di pappa. Siamo dovuti ritornare dalla pasta alle pappine".
Inizia un'attesa logorante e nuove ipotesi. Lorena e Cristian non si fermano e non si arrendono, in una corsa contro il tempo: dagli ospedali al Tigem, l'Istituto Telethon di Genetica e Medicina, per cercare di capire se si tratti del decorso della malattia.
Sorretti dalla speranza di far percepire al loro scricciolo, in ogni momento, che lo amano e manca loro terribilmente, lui che quando apre gli occhi sorride loro e tenta di abbracciarli, prima di ricadere in un torpore senza tempo.
"Vorrei riuscire - continua Lorena - a mettermi in contatto con persone che abbiano lo stesso gene mutato, per unire le forze. Vorrei creare le precondizioni per avviare una sperimentazione, raccogliendo fondi. Mi hanno detto che una speranza risiede nella terapia genica".
Molti dei medici incontrati non hanno assolutamente idea di quello che sta accadendo: nel frattempo la situazione si fa sempre più difficile, perchè Lorena e Cristian hanno difficoltà anche ad alimentare il bimbo che, nonostante dorma, è scosso continuamente da crisi epilettiche, seguite da crisi di pianto.
Nel frattempo gli orizzonti si sono ristretti sempre di più, fino ad annullarsi: nonostante il prezioso supporto delle nonne, la famiglia non riesce ad avere una vita sociale. Anche un giretto breve, in una giornata di sole, con il passeggino è un'impresa ardua.
Il senso di isolamento sociale si è amplificaro, anche a causa delle lungaggini burocratiche e delle tante, troppe, falle del sistema.
"Abbiamo fatto richiesta delle terapie domiciliari - evidenzia la mamma - . Ci hanno riconosciuto logopedia e fisioterapia, ma questi diritti, anche se riconosciuti, non sono esigibili per carenza di personale. Abbiamo fatto anche richiesta del passeggino posturale, ma per ora non abbiamo ancora un riscontro effettivo".
Lorena e Cristian però non demordono e sperano che attraverso il tam tam e il passaparola la loro storia e quella di Samu arrivi agli occhi, alle orecchie ed al cuore del medico giusto, che ne abbia già sentito parlare e li possa guidare o combattere al loro fianco per avere maggiori conoscenze sulla patologia, che si traducano in possibilità concrete di azione.
"L'unica certezza che abbiamo - ribadisce Lorena - è che non si tratti di una malattia degenerativa. Non ci arrendiamo: il coraggio e la tenacia talvolta possono cedere, l'amore mai!".
E' possibile seguire la storia di Samuel attraverso la pagina Facebook: nalcn cercasi __ una cura per samuel
Cinque anni ed un corpicino dormiente, ma scosso da continui tremiti: epilessia farmacoresistente, accompagnata da mioclonie, cioè da una perdita di contatto con la realtà, in un'alternanza terribile tra crisi convulsive ed un profondo sonno innaturale che dura tutta la giornata.
Samuel nasce con un ritardo psico-motorio, ma inizialmente nessuno segue ed indirizza la famiglia, per cercare di capirne le cause.
A sei mesi Samu viene ricoverato all'ospedale di Caserta con una febbre altissima e l'impossibilità di urinare ed è in quell'occasione un medico, notando le orecchie grandi e lo strabismo consiglia un'indagine genetica.
Così... per caso...
Samuel non cammina, non parla, a 6-7 mesi non riesce neanche a girare la testa.
"Abbiamo dovuto battagliare - racconta mamma Lorena - per farci assegnare la psicomotricità. Così fino a luglio scorso Samu ha potuto fare logopedia, psicometricità e fisioterapia".
Dopo tre anni di peregrinazioni arriva la diagnosi: si tratta di un'anomalia del gene NALCN, quello deputato a regolare il canale del sodio.
Solo 20 casi in tutto il mondo, con un'etereogeneità di espressione tale che ogni individuo, che reca nel proprio DNA questo gene mutato, può essere considerato un caso a sè, anche il piccolo Samuel.
Ad agosto, poi, improvvisamente Samuel "si spegne".
"Prima - racconta Lorena - era un bimbo gioioso, coccolone, urlacchiava, rideva. Oggi è in questo stato di sonno perenne: devo soffiargli sul viso anche solo per fargli aprire la bocca ed imboccargli un chiacchiaio di pappa. Siamo dovuti ritornare dalla pasta alle pappine".
Inizia un'attesa logorante e nuove ipotesi. Lorena e Cristian non si fermano e non si arrendono, in una corsa contro il tempo: dagli ospedali al Tigem, l'Istituto Telethon di Genetica e Medicina, per cercare di capire se si tratti del decorso della malattia.
Sorretti dalla speranza di far percepire al loro scricciolo, in ogni momento, che lo amano e manca loro terribilmente, lui che quando apre gli occhi sorride loro e tenta di abbracciarli, prima di ricadere in un torpore senza tempo.
"Vorrei riuscire - continua Lorena - a mettermi in contatto con persone che abbiano lo stesso gene mutato, per unire le forze. Vorrei creare le precondizioni per avviare una sperimentazione, raccogliendo fondi. Mi hanno detto che una speranza risiede nella terapia genica".
Molti dei medici incontrati non hanno assolutamente idea di quello che sta accadendo: nel frattempo la situazione si fa sempre più difficile, perchè Lorena e Cristian hanno difficoltà anche ad alimentare il bimbo che, nonostante dorma, è scosso continuamente da crisi epilettiche, seguite da crisi di pianto.
Nel frattempo gli orizzonti si sono ristretti sempre di più, fino ad annullarsi: nonostante il prezioso supporto delle nonne, la famiglia non riesce ad avere una vita sociale. Anche un giretto breve, in una giornata di sole, con il passeggino è un'impresa ardua.
Il senso di isolamento sociale si è amplificaro, anche a causa delle lungaggini burocratiche e delle tante, troppe, falle del sistema.
"Abbiamo fatto richiesta delle terapie domiciliari - evidenzia la mamma - . Ci hanno riconosciuto logopedia e fisioterapia, ma questi diritti, anche se riconosciuti, non sono esigibili per carenza di personale. Abbiamo fatto anche richiesta del passeggino posturale, ma per ora non abbiamo ancora un riscontro effettivo".
Lorena e Cristian però non demordono e sperano che attraverso il tam tam e il passaparola la loro storia e quella di Samu arrivi agli occhi, alle orecchie ed al cuore del medico giusto, che ne abbia già sentito parlare e li possa guidare o combattere al loro fianco per avere maggiori conoscenze sulla patologia, che si traducano in possibilità concrete di azione.
"L'unica certezza che abbiamo - ribadisce Lorena - è che non si tratti di una malattia degenerativa. Non ci arrendiamo: il coraggio e la tenacia talvolta possono cedere, l'amore mai!".
E' possibile seguire la storia di Samuel attraverso la pagina Facebook: nalcn cercasi __ una cura per samuel
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