D. Teatro alla Deriva è una rassegna che dura da dodici anni. Più longeva solo qualche serie televisiva. Gli ingredienti di questa continuità?
R. Io credo che tra me ed Ernesto Colutta, uno dei proprietari e gestori delle Stufe di Nerone, che della rassegna è stato ideatore principale e che, bontà sua, mi ha affidato la direzione artistica dal secondo anno in poi, si sia creata da tempo una sintonia non solo di tipo culturale e artistico, ma anche di tipo caratteriale. I primi tre, quattro anni il pubblico era pochino ma noi sentivamo che la nostra zattera aveva tutte le potenzialità per attrarre e far innamorare le persone di questo progetto così singolare. Ecco, diciamo che uno dei segreti è stata la nostra determinazione di farcela a coinvolgere tanta gente. Così, anno dopo anno, passo dopo passo, siamo riusciti ad allargare sempre un po’ di più la base e credo che questo sia uno dei segreti della longevità, finora, di Teatro alla Deriva.
D. La famiglia Colutta ha fatto una scommessa. In cosa ha creduto?
R. La famiglia Colutta ha creduto, e continua fermamente a credere, nella creazione di una comunità teatrale, oltre la clientela che da decenni anima la loro struttura termale. Questa rassegna non li fa di sicuro arricchire, anzi. Ma è fantastico l’entusiasmo che anima tutti i componenti di questa numerosa famiglia: ogni Luglio da 12 anni io assisto davvero a una sorta di trasformazione, dato che quelli che fino all’ora di chiusura sono i responsabili di uno stabilimento termale, molto accorsato e molto suggestivo, in un attimo si trasformano in tutt’altro, accogliendo il pubblico e dando modo a me e al mio staff (fatto di poche persone ma davvero eccezionali per impegno, capacità e attenzione, da Gabriella Galbiati a Vincenzo Coppola e a tutti gli altri che da molti anni, o solo da qualcuno, sono con noi in questa avventura) di operare in piena autonomia all’interno di una macchina che funziona come tutt’altro. Ce ne fossero di altre famiglie o di altri imprenditori come i Colutta, con la loro apertura mentale e il loro entusiasmo.
D. Se dovessi esprimere una costante nelle reazioni del pubblico in quest'ultima edizione?
R. Il pubblico di questi ultimi anni ha avuto la costante voglia di tornare. Si è creata una fetta di pubblico affezionato, che apprezza le scelte in cartellone e il modo in cui organizziamo il tutto. E questo ci rende davvero orgogliosi del percorso fatto finora.
D. Pubblico che apprezza non si cambia. C'è una porzione di fedelissimi e una che si è progressivamente aggiunta?
R. Questo è indubbio, ormai ci sono dei fedelissimi. Ma ovviamente, e fortunatamente, c’è anche una porzione di pubblico che sceglie di seguire questa o quella compagnia, come è naturale che sia. Ogni pubblico è la summa di tante diverse dinamiche che vanno a combinarsi.
D. Se sì qual è il suo profilo?
R. Direi che da qualche anno a questa parte si sia affezionato alla rassegna una buona parte di pubblico del territorio flegreo che prima, durante la nostra fase iniziale, non ci seguiva molto. Oggi, invece, dal territorio abbiamo una risposta significativa. Ma allo stesso tempo, abbiamo avuto in questi anni tanto pubblico proveniente da Napoli e provincia. Del resto, le Stufe di Nerone sono un patrimonio conosciuto in tutta la regione e la particolarità della location spinge molti a incuriosirsi e ad essere dei nostri. Molti che poi, spesso, ritornano. In quanto al dato anagrafico, c’è una grande varietà, devo dire. E anche questo è un dettaglio non da poco.
D. Qualche sapida anticipazione in merito all'edizione 2024?
R. Diciamo che è davvero troppo presto. Le mie scelte vanno di pari passo con ciò che vedo durante la stagione teatrale. Fino ad un certo punto accumulo titoli in una sorta di long list, che poi viene scremata col passare dei mesi, fino ad una short list da cui scegliere in via definitiva. Ovviamente, possono essere presi in considerazione anche spettacoli che hanno debuttato una o più stagioni prima, o lavori che vedo in extremis e che inserisco in lista perché particolarmente adatti alla cornice o al fil rouge che, di anno in anno, cerco di avere come guida. Ma a conti fatti, direi che l’unica cosa che ho sempre presente è di provare a scegliere lavori in cui gli interpreti, la regia o la drammaturgia, o tutti questi elementi assieme, abbiano una loro propria forza in grado di suggestionare a prescindere e di combinarsi al meglio con la location e la zattera, elemento assolutamente non trascurabile nelle valutazioni da fare prima di invitare o meno uno spettacolo.