giovedì 26 aprile 2018

L'amore e i suoi danni: E' crazy BEAR love

L'amore e le sue follie o per meglio dire le sue nevrosi.

Woody Allen rispetto a questo incipit "terrorifico" risponderebbe, saggiamente, L'importante è che funzioni.

Potrebbe essere questo il leitmotiv del libro crazy BEAR love (amorso) di Carlo Kik Wisaky Ditto edito da You Can Print.




Ce lo si chiede, infatti, sin da subito rispetto alla storia di Matteo (voce narrante) e Rodrigo, i due protagonisti bear di questa storia agrodolce.

Loro sono due bear, dicevamo, una parola che nel  gergo del mondo omosessuale indica una tipologia fisica nerboruta, villosa e amante delle camice a quadri.



Forti fuori, dunque, ma come si scopre sin dalle prime battute, in cui Matteo è alle prese con una crisi di panico, fragili dentro.

Tant'è vero che si sono conosciuti ad una seduta psicanalitica per ansiosi, depressi.

Un'altalena tra ansia e depressione che loro combattono a colpi di glitter e psicofarmaci, con il prozac in testa, arrivando persino a farci un brindisi.

A fare da contraltare a questi uomini apparentemente forti , ma fragili, le donne che con loro si relazionano, che invece sono apparentemente eteree e delicate, ma in realtà coriacee emotivamente. Dei veri e propri fiori d'acciaio.


Ha questo tipo di carattere spigoloso e pungente persino il terzo incomodo di questa coppia, la bambola Lacy, che apparentemente dovrebbe essere una dollina perbene, ma che in realtà resiste fieramente ad una treccia sfatta, a capelli bruciacchiati, ad una ferita sulla coscia e parla come uno scaricatore di porto: in modo sboccacciato, sconcio, volgare, prendendo in giro, senza riguardo, le paure e le fobie di Matteo.

Ma passiamo la parola al suo autore, Carlo, affinché ci guidi, dall'interno, nella genesi di questo libro.

D. Questo è il tuo secondo libro.  Quale percorso di evoluzione hai compiuto?

R. La pecora rosa è stato terapeutico. In quel libro, in una forma abbastanza grezza, a mo' di diario, racconto l'esperienza del coming out e del bullismo, vissuti sulla mia pelle. Le emozioni che provavo sono state espresse di getto e fermate attraverso la pagina scritta. Mi sono messo a nudo. In crazy BEAR love, invece, l'intento era di divertirmi e di dar vita a una vera e propria prova narrativa. In questo libro, non a caso, ci sono pochissimi elementi biografici tratti dalla mia ultima relazione. Il tono del racconto è volutamente iperbolico e sopra le righe, a tratti surreale.



D. Che tipo di pubblico legge crazy BEAR Love e, se c'è, per quale pubblico l'hai immaginato tu?

R. Il pubblico è essenzialmente legato alla comunità LGBT. Ma di questo libro penso si possa fare una lettura "a strati". I sentimenti, in qualche modo sono universali e, anche se alcune dinamiche relazionali che racconto a mio parere sono tipiche, o maggiormente presenti, nelle coppie omosessuali,  altre sono trasversali alle differenze di genere e ognuno può riconoscervisi. Non a caso, ogni lettore trova la parte della storia che per lui è maggiormente significativa in segmenti differenti e il libro appare suscettibile di svariate interpretazioni, tante quanti sono i lettori stessi.



D. Una possibile lettura a strati cui fa da contraltare una scrittura a strati. Qual è il tema sotteso al racconto?

R. Io direi che, al di là dell'artificio narrativo, è la ricerca della stabilità emotiva. Una stabilità che credo sia fittizio cercare fuori o in altre persone, ma che si può trovare solo dentro se stessi. La felicità troppo spesso si rivela una chimera o si nutre, al più, di attimi. Proprio perché si cerca questa stabilità, in mezzo ai marosi dell'instabilità, troppo spesso si finisce per legarsi a qualcuno per i motivi sbagliati. A causa dell'innescarsi di processi di fuga dalla solitudine e di idealizzazione. Ma cosa succede quando si cominciano ad intravedere le crepe di quell'immagine ideale? Si riesce veramente a trovare un equilibrio con la persona reale? Questo ci conduce all'altro tema affrontato: quello relativo alla dipendenza emotiva. E' il processo che si scatena in Matteo, che non è una persona realizzata, e che appena "intravede" la possibilità di avere  accanto un compagno più forte vi si lega. E' l'ennesima ricerca di una componente esterna che possa renderci stabili e felici. Ma un tipo di ricerca del genere non può che rivelarsi fallimentare.



D. Nevrosi, dipendenza emotiva e ricerca della felicità attraverso la stabilità emotiva. Temi delicati. Eppure il linguaggio è lieve, a tratti paradossale. Perché questa scelta?

R. Il mio intento non era scrivere né un saggio di sociologia né un trattato medico, né d'altronde ne avrei avuto le competenze. Io volevo scrivere un romanzo. Di conseguenza ho scelto uno stile di scrittura leggero, con l'intento di sdrammatizzare.

D. Quella che racconti è una storia d'amore?

R. Durante la fase di stesura del romanzo credevo vi fosse amore, ma mi illudevo... Forse. Alla fine, probabilmente, è prevalsa la volontà dei protagonisti che, in qualche modo, vivono di vita propria e percorrono la propria strada muovendosi all'interno delle reciproche esistenze. Credo che, rileggendo quello che avevo scritto, io abbia assunto coscienza che non era e non poteva essere amore. Non so... forse avendo fallito io in alcune relazioni volevo, inconsciamente, che fallissero anche loro.

D. E' un romanzo autobiografico allora?

R. Ribadisco... no (sorride). Ma pur non essendo autobiografico, la mia vita, i miei umori, i miei stati d'animo, le mie credenze, vi si sono inevitabilmente riversate.



L'esercito di terracotta ed il Primo imperatore della Cina: un viaggio lungo millenni

Napoli - Le suggestioni cominciano sin da subito facendo il proprio ingresso alla mostra L'esercito di Terracotta e il primo imperatore della Cina. Sarà per quei guerrieri imponenti che trovi a darti il benvenuto. Sarà per l'illuminazione sapiente che trae riflessi rossastri dalla terra brunita di cui sono fatti quei giganti che hanno sfidato i millenni. Un colore che contrasta ed insieme si sposa con il nero delle passerelle. Sarà per la bellezza di una chiesa che possiede un piccolo gioiello architettonico e pittorico, ma anche dal grande valore socio-antropologico: la cappella barocca (che contiene l'affresco della Vergine del Soccorso, il reliquiario, tale da renderla idonea a concedere l'indulgenza plenaria e tre pietre nere, utilizzate per il martirio dei primi seguaci cattolici, i cui corpi venivano smembrati proprio attraverso l'apposizione di questi pesi al collo ed ai piedi).




Un'imponente mostra, che Napoli ha il privilegio di ospitare fino al 1 luglio, per la prima volta in Italia, che ripropone le riproduzioni fedelissime di alcuni degli 8000 guerrieri di terracotta, sepolti assieme all'imperatore, nella necropoli che doveva riprodurre il suo microcosmo. Quindi, il palazzo ed il suo entourage, con l'esercito a guardia, pronto a difenderlo dall'attacco dei nemici, la famiglia, le concubine, gli alti dignitari, il corpo amministrativo, la servitù e tutto l'insieme di comodità che avevano contraddistinto la vita di questo "imperatore" cosmico, che si era autoproclamato tale ed era riuscito ad unificare ed a governare un regno immenso, per la prima volta, ponendo fine ad annose e sanguinarie guerre intestine tra piccoli Stati, di cui però solo sette costituivano i più influenti.




La mostra, attraverso quello che è stato recuperato dalla necropoli a partire dal 1974 (le prime statue furono rinvenute da un contadino che stava scavando un pozzo per irrigare gli alberi della sua piantagione di loto, durante un periodo di siccità), è un importantissimo strumento di ricostruzione storica e di analisi socio-antropologica della vita dell'epoca, della condizione politica, dei processi espansivi e degli intrighi di corte, oltre, naturalmente agli strumenti e alle tecniche di combattimento.




LA STORIA

La dinastia Qin emerge dal fallimento della longeva dinastia Zhou. Il giovane successore, che salirà al trono all'età di soli 13 anni (anche se affiancato e rappresentato dal suo consigliere fino a 21 anni, data la giovanissima età), vede da subito adombrata la sua vita dagli intrighi di corte, dato che è figlio di una ex concubina, Lady Zhao, che prima è amante del consigliere in carica e poi viene sposata dal re. In seguito alcuni, dunque, metteranno in dubbio la paternità del giovane re e quindi il suo legittimo diritto di successione.




Il progetto di espansione di Qin Shi Huangdi (questo è il nome con cui il regnante si autoproclama imperatore di tutta la Cina) prevede alleanze con gli Stati più remoti, con cui non ci siano confini comuni, e guerre intraprese nei confronti degli Stati più vicini con interessi territoriali conflittuali.
Inoltre, l'imperatore avvia, con successo, una serie di riforme amministrative: un unico registro demografico, un unico sistema di pesi, un unico tipo e stile di scrittura, un sistema di accesso alle cariche basate su merito e competenza e dà molta importanza alla tutela e alla promozione della legalità.





L'ESERCITO DI TERRACOTTA

Dei circa 8000 guerrieri che si ritiene affollassero la necropoli del primo imperatore della Cina ne sono stati rinvenuti finora circa 1600. L'orientamento archeologico attuale è quello di non continuare a disotterrare reperti archeologici di inestimabile valore, laddove e fin quando non si sia sicuri di poterli tutelare e valorizzare pienamente. Altrimenti che si lasci che la terra generosa li continui a proteggere lì dove lì ha protetti e salvaguardati per millenni.

La costruzione della necropoli fu iniziata quando l'imperatore salì al trono a 13 anni. Egli volle che fosse costruita lontano dalle tombe degli antenati, perchè Qin Shi voleva segnare, anche metaforicamente, attraverso una serie di tratti distintivi, una frattura con il passato e l'inizio di una nuova epoca , contraddistinta dalla sua magnificenza indiscussa. Tant'è vero che aveva deciso che le sue dinastie successive si sarebbero chiamate seconda, terza, quarta, fino all'infinito. Purtroppo non andò così. A succedergli, infatti, fu solo il figlio, prima che il regno si disgregasse e piombasse nel caos. 

Ci vollero 36 anni per completare la necropoli, attraverso l'impiego di migliaia di operai.
La necropoli, però, non fu completata secondo lo schema originario (già oggetto, nel corso degli anni, di numerose espansioni), perché nel 210 a. C. l'imperatore morì improvvisamente durante un viaggio militare, forse avvelenato da quella stessa mistura che assumeva per vedersi assicurata la vita eterna, e che si è poi scoperto contenere un elemento chimico in massicce quantità altamente tossico, in grado di portare alla morte se assunto quotidianamente.

L'esercito è disposto per file, al pari di quello reale.





Nella prima vi sono i fanti leggeri, ricoperti solo da vesti lunghe, tali da assicurare loro mobilità e velocità dei movimenti, ma anche perché le armi e le armature, con la protezione che ne conseguiva, si guadagnavano solo con il tempo, i rischi assunti e le vittorie riportate.

Poi ci sono i fanti dall'armatura "pesante", gli arcieri, con i loro archi, capaci per forma e caratteristiche, di attraversare i secoli, gli ufficiali di rango basso, medio e alto, con le loro armature fatte di lacci di cuoio indurito dalla lacca e tenuti insieme da nastri colorati (alcuni con una doppia copertura sul petto e sulla schiena e sotto, vari strati di vestiario), il copricapo a farfalla o adornato di piume di fagiano e l'acconciatura bassa, ed i generali (ve ne sono solo due nell'ultima sala della mostra, che ripropone la magnificenza di parte dell'esercito, carri compresi) con le scarpe quadrate, dalla punta rialzata, e l'armatura fatta di frammenti dai colori sgargianti o neri.




Molto importante anche il ruolo dei cavalli, utilizzati in ogni settore della vita cinese, per arare, per tirare i carri ed in battaglia.

Inizialmente viene utilizzata  una razza, tipica della steppa, molto tozza e poco agile, della stessa altezza del guerriero (come testimonia una statua), ma tenace e resistente agli sforzi. 




Con il cambiare dei metodi di battaglia verranno utilizzati i cosiddetti Celeste, una razza molto più alta, veloce ed agile. Anche l'utilizzo dei carri cambia. Verranno, infatti, utilizzati soprattutto per trasportare persone, equipaggiamenti e vettovaglie, ma non in battaglia, perché le ruote si bloccavano nei terreni paludosi e fangosi. Anche le ruote progressivamente vengono modificate, divenendo più piccole e con un numero superiore di raggi.

Queste modifiche funzionali sono testimoniate anche dalla riproduzione in scala di due tipi di carro: uno dotato di un ombrello alto oltre un metro e l'altro, chiamato carro dalla temperatura regolabile o dello spirito, dotato di un doppio ambiente, uno destinato al cocchiere, che guidava il carro in ginocchio, e l'altro al trasporto degli alti dignitari di corte, che vi potevano anche dormire, con l'ingresso ricavato nell'area posteriore del veicolo.




LE TECNICHE DI COSTRUZIONE

Queste statue, le cui dimensioni sono leggermente più grandi del reale, tra 1,66 e 2,02 metri, furono costruite dai sapienti artigiani dell'epoca secondo una tecnica via via standardizzata ed in qualche modo seriale.

Furono creati 8 stampi per le teste e apposti stampi anche per piedi, braccia e mani. 

I vari pezzi poi venivano cotti ed assemblati dal basso verso l'alto, cioè dal basamento, dai piedi e dalle gambe, fino alle mani ed alla testa, infilata in una scanalatura (mentre le mani venivano infilate nella tunica con l'aiuto di un attrezzo di legno). 

L'argilla doveva essere abbastanza corposa e indurita da reggere il peso della parte superiore ma abbastanza morbida e flessibile da continuare ad essere modellabile.

Come si spiega la varietà di espressioni facciali, data il ricorso ad un tipo di produzione in qualche modo standardizzata?




Questo aspetto  nevralgico si deve alla  bravura degli artigiani, che prima della cottura (il forno doveva essere di notevoli dimensioni data l'imponenza delle statue e non lontano dalla necropoli, perché il peso non permetteva di trasportarle per lunghi tratti, ma non è stato ancora rinvenuto allo stato attuale), modellavano le espressioni facciali nella terracotta ancora fresca e modificavano la postura di gambe, braccia e mani, a seconda che si trattasse di un fanciullo, un fante, un arciere o un auriga. 

Un'altra modifica veniva fatta ad orecchie, occhi, sopracciglia e baffi dopo la cottura e il tutto veniva completato con la pittura delle statue, momento in cui venivano inseriti ulteriori elementi mimici di differenziazione.





IL CONTROLLO QUALITA'

Qin Shi  era molto attento alla qualità di tutti i materiali utilizzati, affinché fossero di primissima scelta e aveva fatto in modo da rendere ricostruibile l'intera filiera. 

Il laboratorio artigiano, infatti, doveva rendere individuabile la propria ubicazione ed apporla sulla statua e il capomastro doveva essere rintracciabile, in caso di un difetto di fabbricazione, apponendo il proprio sigillo e vergando il proprio nome in un angolo dell'opera.

CURA ESPOSITIVA

La mostra presenta una cura eccezionale nella redazione dei pannelli espositivi, che ricostruiscono la vita dell'epoca, la periodizzazione, i processi di espansione, le lotte intestine e gli intrighi di corte, le figure chiave, le tecniche di guerra, nonché le caratteristiche minuziose delle statue esposte.




 Di pregio anche il materiale audiovisuale a corredo. 




Una notazione va alle panche poste strategicamente, affinché lo spettatore possa riposarsi ma anche leggere ed ammirare alcune sezioni della mostra stessa.

I GEMELLAGGI

Una mostra che propone un ulteriorie arricchimento di visioni e prospettive grazie al dialogo con altre forme di cultura ed arte e la collaborazione con realtà virtuose del territorio.

Dalle degustazioni di tè, come quella a cura di Qualcosa di tè, il primo tea shop partenopeo, che ripropongono, magistralmente, la solennità dell'antica cerimonia che a questa bevanda è dedicata; agli approfondimenti dedicati all'arte funeraria, realizzati in collaborazione con il MANN, il Museo Archeologico Nazionale partenopeo, diretto da Paolo Giulierini. Fino ad arrivare alla realizzazione delle visite dei medici cinesi, ospiti del'Istituto dei Tumori e fondazione G. Pascale ed al concerto, suggestivo ed intenso, Nessun Dorma




**Le foto sono opera di Francesco Minopoli.