mercoledì 30 ottobre 2019

Halfy: la promozione di qualità è servita all'insegna di un'esperienza completa

Si scrive Halfy, si legge esperienza completa di alto livello, in grado di mettere d'accordo le esigenze degli esercenti e del cliente finale. Tutti soddisfatti dunque.
  
Halfy, infatti, è l'innovativa piattaforma per il marketing promozionale gratuita e senza vincoli, ideata da Luca Canonico e Angelo De Caro, due imprenditori partenopei con esperienze lavorative all’estero che hanno pensato ad un’offerta che mette al centro la qualità e la reputazione del prodotto.

Niente politica di extrasconti, dunque, che finisce per scontentare il cliente, perchè inevitabilmente la qualità del servizio offerto viene penalizzata, nè l'esercente, che deve offrire un pacchetto "chiuso" ad un prezzo stracciato, sostenendo inoltre ulteriori costi di intermediazione e promozione.

COME FUNZIONA LA PIATTAFORMA DI MARKETING PROMOZIONALE
Scegliendo un’esperienza su Halfy.it, i clienti otterranno uno sconto del 50% al momento del pagamento, versando un importo fisso di 5 euro per prenotazione.
Quattro i settori per ora previsti: ristorazione, bellezza e benessere, sport ed intrattenimento. 
Nel creare la piattaforma i due imprenditori partenopei hanno messo a sistema, come si suol dire, anni di esperienza nel settore della ricettività e della ristorazione, maturati sia in Italia sia all'estero, in team o in solitaria.
Un'idea che ha visto confluire, in maniera virtuosa e fruttuosa sia le proprie esperienze personali, perchè ognuno, almeno una volta nella vita, è stato un cliente "soddisfatto o rimborsato",  sia le proprie conoscenze e competenze professionali.
Poi è stata la volta di trovare dei finanziatori, che credessero in questa'idea e contribuissero a renderla realizzabile, attraverso tanto lavoro ed una intensa spinta pubblicitaria.
"I clienti, navigando sul sito - spiega Luca Canonico - vedono delle attività che erogano dei servizi e alcuni orari resi disponibili. In quegli orari è possibile usufruire di uno sconto del 50%".
E' dunque l'utilizzatore, il cliente, come ribadiscono gli ideatori, a scegliere cosa fare o cosa degustare, per poi ricevere uno sconto del 50%. Non è un pacchetto chiuso, anzi blindato, bensì un'esperienza completa.

L'esercente invece, sceglie i giorni della settimana, gli orari e il numero di posti disponibili. Non deve sostenere sforzi economici aggiunti e, soprattutto, non è obbligato ad aderire a strategie di scontistica estesa che finiscono spesso per danneggiare sia gli coloro che erogano beni e servizi sia gli acquirenti.
 I vantaggi per gli esercenti, dunque, sono l'assenza di commissioni e la totale flessibilità di utilizzo, con la possibilità di usare lo strumento solo nei giorni e negli orari desiderati e nelle quantità preferite.
"In questo modo - evidenziano gli ideatori - la qualità del servizio e dei prodotti è elevata e garantita e l'esercente riesce a  avere clienti nei giorni e negli orari di minore affluenza. In più l'esercente non paga alcun costo per ottenere questa visibilità, in maniera tale che possa essere per lui sostenibile l'offrire un servizio ed un prodotto di qualità. In caso contrario, infatti, inevitabilmente la qualità finirebbe per essere  bassa".
Da una parte, Halfy si pone l’obiettivo di proporre ai clienti un nuovo modo più consapevole di fruire dei servizi offerti. Dall’altra, aiuta gli esercenti, qualunque sia la tipologia della loro attività (sport, cultura, ristorazione, benessere), a promuovere il prodotto, arrivando a nuovi clienti realmente interessati e scegliendo in maniera autonoma quando e come offrire gli sconti. 
Un modo semplice e diretto per rendere equo e sostenibile il meccanismo del marketing promozionale, senza danneggiare l’attività, ma offrendo un vantaggio a clienti vecchi e nuovi.
"L'esercente - continua Canonico - in questo modo vede garantito e tutelato il valore del proprio marchio, mentre anche un nuovo cliente, che magari non sceglierebbe quel locale di primo acchitto, per tutta una serie di ragioni,  può conoscerlo e godere di un'esperienza di elevata qualità, garantita anche dal fatto che essendo ospitato in una fascia oraria di minore affluenza tutta l'attenzione è concentrata sul rendere la sua permanenza il più gradevole ed unica possibile".
Il cliente, dunque, non soltanto può godere di un'esperienza luxury a portata di tasca, ma diventerà anche il più potente veicolo di pubblicità positiva per l'esercente, dato che non c'è miglior passaparola di quello che nasce da un utilizzatore realmente soddisfatto e desideroso di rivivere e condividere con gli amici un servizio realmente orientato al cliente.
I vincoli da rispettare per il clienti sono davvero minimi: oltre alle fasce orarie, ai giorni ed al numero di prenotazioni messe a disposizione dall'esercente, quest'ultimo può decidere l'intervallo di tempo che dovrà intercorrere affinchè lo stesso cliente possa riprenotare. Inoltre, il cliente non può preotare per due volte di seguito presso lo stesso esercente, ma deve prima rivolgersi ad un'altra attività presente sulla piattaforma. Questo per garantire un certo livello di turnover, ma anche per permettere al cliente stesso di godere di variegate esperienze ad alto gradimento. 


Halfy si rivolge a esercenti di livello alto, che non desiderano svendere il proprio marchio, ma che sono interessati ad attrarre clienti nuovi, nei momenti della settimana di minore affluenza. 
Un'esperienza "al rialzo della qualità" per l'utilizzatore, ma che assicura anche visibilità e sostenibilità all'attività che offre i propri servizi e prodotti.
L'utente finale che sceglie Halfy è una persona smart, avvezza alla tecnologia, che sa come sfruttare il web per ottenere informazioni utili su cosa sta per comprare e che sarà felice di approfittare di un notevole sconto, senza rinunciare alla qualità del prodotto, accettando di buon grado di rispettare le condizioni della prenotazione. 
Ma si tratta di una possibilità così ghiotta che probabilmente conquisterà tipi di clientela trasversali, favorendo anche l'aggregazione ed il dialogo intgenerazionale. Figli di varie età che vogliono fare un regalo ai genitori. Nipoti che aiutano i nonni a prenotare un pranzo o una cena romantici, fuori dai circuiti del già noto e vissuto, solo per fare qualche esempio.

L'azienda
Halfy nasce nel 2018 e si dà come obiettivo il lancio nelle città di Milano e Napoli, dopo il raggiungimento di un minimo di 60 esercenti partner per città nelle diverse categorie merceologiche. 
Dopo la messa online del sito Halfy.it (lanciato ufficialmente ieri, martedì 29 ottobre, con un incontro nel partenopeo palazzo Fondi) , entro dicembre la piattaforma di marketing promozionale lavorerà a pieno regime. Già sono allo studio nuovi settori merceologici da inserire in un prossimo futuro e gli occhi sono puntati, ad esempio, verso l'area della ricettività alberghiera.

martedì 29 ottobre 2019

I cocktail di Salvatore D'Anna all'Archivio Storico: molto più di un drink


Ai cocktail targati Archivio Storico ci pensa Salvatore D’Anna, bar manager del locale.

“Siamo alla VII edizione del menù – sottolinea il bar manager dell’Archivio Storico - . Anche questa volta si riconferma un forte legame con la tradizione del passato”.



Un passato che per Napoli, come sottolinea Salvatore D’Anna , è caratterizzato da numerosi gap storici, in cui alcuni segmenti di cultura sono stati letteralmente presi forzosamente e portati via.

Tra l’800 e il 900 si registra un’evoluzione nella cultura e nei metodi enogastronomici. In particolare, vi sono dei momenti storici in cui cucina, medicina e liquoristica convergono.

Tuttora alcuni liquori vengono prodotti con erbe coltivate nel giardino inglese della Reggia di Caserta, recuperando e valorizzando usi, costumi, antiche tradizioni e radici storiche.



“Si pensi che quando re Ferdinando – continua D’Anna – si trasferì in Sicilia volle assolutamente portare con sé  numerosi otri pieni della cosiddetta acqua delle mummare, frizzante e profumata”.

Oggi, ispirandosi a quell’acqua,  Salvatore D’Anna ha ideato il cocktail Fizz, vodka & lemon.

Gustoso, poi, il connubio con la pasticceria napoletana: entrambi i campi, infatti, sono connotati dal ricorso a dosaggi e tecniche estremamente precisi.

Secondo quanto ribadisce il bar manager, è necessario  coniugare tradizione ed innovazione, secondo regole precise, che consentano un incontro virtuoso con lo stile dell’american bar, senza abdicare alla propria identità forte e caratteristica.

Quattro le sezioni drink: i classici, caratterizzati da ingredienti raffinati e di elevata qualità. Le Grand Tour, ispirato al viaggio nei sapori del Regno delle due Sicilie da parte dei giovani aristocratici del XVII secolo. Le ricette ò Monzù, un termine che designava i capocuochi delle case aristocratiche in Campania. I Cinque Martini per 5 Re, uno per ogni sovrano della Casa di Borbone.



Due, dunque, le direttrici principali: quella dei cocktail classici ed intramontabili, reinterpretati all’insegna di raffinatezza ed elevatissima qualità. E quella dei drink di tendenza: i più richiesti, divenuti dei must rispetto ai trend canonici, ma con un quid di diverso.

Tre i punti di forza delle scelte adottate dall’Archivio Storico: l’orientamento al cliente, la valorizzazione della tradizione e l’ecosostenibilità.

“La nostra filosofia – evidenza D’Anna – è quella dello zero waste, dell’impatto ambientale zero. Tutto viene riutilizzato, ad esempio, per le decorazioni, come avviene per la polvere di lime o per quella di peperone”.

Decorazioni e deliziosi tocchi di colore, dunque.

Niente cannucce o, per chi proprio non possa farne a meno, si va da quelle di ferro a quelle di carta, passando per le compostabili.

Ed ora si punta alla vittoria ai Bar Awards 2019 che si terranno a Milano i primi di dicembre.

IL PERCORSO DI DEGUSTAZIONE PROPOSTO

Si comincia con una rivisitazione del Campari Spritz, un cocktail denominato Bicicletta. Lo ha sempre chiamato così, infatti, Salvatore D’Anna, sin da quando  ne ha memoria. 

I drink ideati e preparati dal bar manager introducono, per poi accompagnare, il pasto, valorizzandone i sapori, esaltandoli e rendendoli ancora più intensi. 

Dopo aver stuzzicato le papille gustative, le danze del gusto si aprono con un antipasto di cavolo cappuccio brasato nel burro di nocciola, uova di lompo e capesante scottate. In questo incontro tra mare e monti, la gustosa salsa nasconde quello che c’è sotto, creando  un raffinato effetto sorpresa, in grado di soddisfare, viziandoli, anche i palati più esigenti.  

Si continua, in un crescendo di sapori, con i Vermicelli alla Borbonica, spaghetti all’aglio nero, olio e peperoncino, su carpaccio di orata e mollica di pane.



E’ poi il momento del secondo, con la braciola di vitello ripiene di pizza di scarola, salsa di pinoli tostati e alici di Cetara. Un intreccio di sapori, tra antico e nuovo, che delizia.

La coccola finale è rappresentata dal dolce, un eclair mandorle e lamponi, che ci riporta ai profumi, ai sapori ed alle consistenze della Francia dei Monzù (il termine è una rivisitazione tutta partenopea del francese monsieur), un pasticcino dalla tipica forma allungata, concepito come un intenso dialogo tra l’involucro glassato, composto da una pasta choux , e l’interno, caratterizzato da un cuore di crema pasticcera.

Il gusto del dolce è accompagnato ed esaltato da un drink classico, ideato dal bar manager che non abbandona mai i menu targati Archivio Storico:  un Clover  Club, a base di gin, vermouth dry, succo di limone, sciroppo di lampone ed albume, a richiamare, gemellandosi con esso, i sapori che caratterizzano l’appetitoso protagonista del fine pasto. 


** Foto di Paola Tufo

lunedì 28 ottobre 2019

Menù in versione invernale per l’Archivio Storico: delizia del palato firmata da Pasquale Palamaro


Il nuovo menù, arrivato a salutare l’autunno e ad anticipare l’inverno, pensato da  Pasquale Palamaro, chef stellato consulente dell’Archivio Storico, ha il sapore della valorizzazione delle radici identitarie e delle tipicità territoriali, anche di quelle dimenticate, ma anche dei connubi arditi, che non ti aspetti, capaci di far incontrare materie prime apparentemente contrastanti ed inusitate, ma che solleticano fantasia, creatività e curiosità, viziano il palato, conquistando il gusto, e regalano un’esperienza sensoriale unica.


Un esempio? La sapiente silloge tra porcini, spigola ed olio alla vaniglia.

“Voglio – spiega lo chef stellato – che le persone si sentano trasportate dal gusto e in loro si generi la curiosità che il cambiamento porta con sé. Il mio obiettivo è creare cose nuove, che coniughino piacere ed emozione, e che portino le persone , sull’onda della curiosità, a tornare in un posto già vissuto con un’emozione diversa”.

Un viaggio nei sapori e nelle tradizioni della cucina borbonica che è anche una sfida, affrontata assieme a Luca Iannuzzi, con “forte rigore, nel preservare la storia e l’identità partenopea”.
Pasquale non nasconde che all’inizio si è dedicato a studiare ed approfondire le caratteristiche della cucina borbonica, dei piatti maggiormente graditi e consumati, e del Regno di Napoli, cercando poi di coniugare tradizione e innovazione.


“Mi soffermo sulle caratteristiche della materia prima e su come abbinarla – continua Palamaro –. Oggi prima creo il gusto e poi l’estetica del piatto, che è legata alla tecnica.  Una lezione che ho appreso dal grande tenore Andra Bocelli, che mi porta a pensare il piatto,  per poi assaggiarlo, ad occhi chiusi. Un piatto, quando lo mangi, deve emozionare,  regalando una sensazione di amore e naturalità”.

Insomma: un bel piatto potrebbe incantare gli occhi, portando l’avventore ad innalzare le aspettative del palato, ma poi risultare ingannevole e deludere il gusto. 

Tempi duri per chi crea in cucina, ed ama il cibo e le materie prime, tenendo conto di un percorso difficile ed a ostacoli tra allergie ed intolleranze alimentari, malattie metaboliche e patologie sistemiche.

Palamaro, in tal senso, parla di “senso della tavola”, della responsabilità, gravida di conseguenze, di non rovinare una serata a chi, per necessità o scelta, non può mangiare determinati alimenti e condimenti e che, magari, si è fatto coinvolgere dagli amici, nella speranza di visitare un nuovo locale, a tutta gradevolezza. E’ proprio lui a dover stare bene.




“Il nostro scopo – evidenzia lo chef – è donare un esperienza unica e ci dispiace se qualcuno è costretto a rinunciarvi. I nostri piatti, nel momento in cui li pensiamo, vengono letteralmente messi sotto esame, per farne emergere le criticità. La ricetta, ad esempio, viene sperimentata senza alcuni elementi, come il lattosio o l’olio d’oliva”.

Se nonostante gli stress test applicati, che sottraggono alla ricetta alcuni degli elementi, possibile causa delle principali allergie e intolleranze, il piatto non fosse comunque compatibile con le esigenze alimentari speciali del cliente, si può optare per un piatto basic, all’insegna della semplicità.
“Se serviamo uno spaghetto al pomodoro, ad esempio – ribadisce Palamaro – facciamo in modo che sia il miglior spaghetto al pomodoro mai gustato dal cliente”.

Se si parla di alimenti funzionali, che lo siano per caratteristiche intrinseche, signori  facciano un passo avanti le spezie, per sedersi in trono, dato che, per naturalità e proprietà terapeutiche, fanno davvero bene alla salute, intesa come benessere globale dell’individuo.

“La spezia è l’elemento integrante della ricetta – spiega Palamaro. In tal senso, io mi rifaccio alla scuola di Anthony Genovese che è riuscito in un piatto ad usare armoniosamente ben 5 tipi di spezie”.

Ad ingolosire anche i palati più esigenti la sua braciola cotta al vapore immersa nel brodo insaporito con limone e chiodi di garofano, per dare freschezza, come sottolinea lui stesso.

IL PERCORSO DI PASQUALE PALAMARO

Ventisei anni passati in cucina. E’ la sua tenacia, la sua passione e la sua esperienza ad aver portato Pasquale Palamaro ad essere ciò che è oggi: uno chef stellato, capace di ideare piatti in grado di stupire, abbinando materie prime di altissima qualità e sapori delicati o intensi,  che si muovono tra tradizione ed innovazione.

La sua grande occasione arriva già a 26 anni,  nel 2004, quando approda al Regina Isabella. Tranne alcune brevi parentesi, il Regina Isabella punta ancora, quasi esclusivamente, su una cucina di tradizione. 

Pasquale, però, ha voglia di imparare e di diversificare le sue proposte gastronomiche: per questo, con i guadagni estivi, riesce a frequentare 7-8 stage nel periodo invernale. Niente paga, lo fa a titolo gratuito, ma così ha la possibilità di apprendere alcune preziose lezioni all’interno di ristoranti stellati.

Di queste lezioni fa tesoro e così, nel 2010, arriva il salto di qualità, con l’idea di fare cucina gourmet al Regina Isabella. Un’idea che la famiglia Carriero sposa e sostiene. Così allo Sporting ed al Dolce Vita si affianca il ristorante Indaco.

I risultati, però, nei primi 3 anni, sono assai modesti, addirittura deludenti: dai 4 ai 6 coperti a settimana. Tra i 50 ed i 100 in un anno. Pasquale è demotivato ed amareggiato: pensa che la sua sia stata una scommessa persa, nonostante la passione, la forza di volontà e le competenze profuse. Sta per gettare la spugna, ma ecco che arriva una telefonata che cambia le cose e rimescola le carte: gli è stata conferita la stella Michelin. 

Siamo nel 2013: Pasquale Palamaro diventa uno chef stellato , portando con sé, tra gli astri, anche  il ristorante Indaco  e riscuotendo, finalmente, a conferma del fatto che la sua sia un’ide a vincente, un amplissimo consenso di pubblico, all’insegna del gusto.



Una competenza, una passione ed una creatività che oggi Pasquale Palamaro mette a disposizione anche dell’Archivio Storico, di cui è consulente.

La perizia sul versante beverage & food  ha trovato casa in un luogo suggestivo che Luca Iannuzzi ha letteralmente fatto realizzare da  0, partendo  dalle cantine di un palazzo situato nel cuore del quartiere Vomero. Un’operazione che è valsa al locale il premio Cultura Crea.

“Miriamo – spiega Iannuzzi  - ad offrire l’eccellenza assoluta, sia per la parte food sia per i cocktails. Questo grazie ad una ricerca accurata delle materie prime, che permettano di riprodurre il gusto dell’epoca, attraverso l’utilizzo di una certa pasta, ad esempio o di una certa verdura, caratteristici anche per la zona di provenienza”.

Come si può raggiungere quella che il filosofo Popper avrebbe definito la quadratura del cerchio, tra elevata qualità e prezzi, tale da permettere di gustare la cucina borbonica, non precludendosi un’esperienza unica?

Al fine di sostenere l’economia del locale c’è  un accurato studio del food cost, della marginalità, sia dei piatti sia dei cocktails, per permettere al locale di rimanere in vita, garantendo, al contempo, la massima qualità al cliente, senza che quest’ultimo sia costretto a privarsi di golosità irrinunciabili. 


IL TOUR NEL GUSTO PROPOSTO

Si comincia con una rivisitazione del Campari Spritz, un cocktail chiamato Bicicletta. Lo ha sempre chiamato così, infatti, Salvatore D’Anna, sin da quando  ne ha memoria.

Dopo aver stuzzicato le papille gustative, le danze del gusto si aprono con un antipasto di cavolo cappuccio brasato nel burro di nocciola, uova di lompo e capesante scottate. In questo incontro tra mare e monti, la gustosa salsa nasconde quello che c’è sotto, creando  un raffinato effetto sorpresa, in grado di soddisfare, viziandoli, anche i palati più esigenti. 

Si continua, in un crescendo di sapori, con i Vermicelli alla Borbonica, spaghetti all’aglio nero, olio e peperoncino, su carpaccio di orata e mollica di pane.



E’ poi il momento del secondo, con la braciola di vitello ripiene di pizza di scarola, salsa di pinoli tostati e alici di Cetara. Un intreccio di sapori, tra antico e nuovo, che delizia.

La coccola finale è rappresentata dal dolce, un eclair mandorle e lamponi, che ci riporta ai profumi, ai sapori ed alle consistenze della Francia dei Monzù (il termine è una rivisitazione tutta partenopea del francese monsieur), un pasticcino dalla tipica forma allungata, concepito come un intenso dialogo tra l’involucro glassato, composto da una pasta choux , e l’interno, caratterizzato da un cuore di crema pasticcera.



Il gusto del dolce è accompagnato ed esaltato da un drink classico, ideato dal bar manager che non abbandona mai i menu targati Archivio Storico:  un Clover  Club, a base di gin, vermouth dry, succo di limone, sciroppo di lampone ed albume, a richiamare, gemellandosi con esso, i sapori che caratterizzano l’appetitoso protagonista del fine pasto. 

** Foto di Simone La Rocca e di Paola Tufo