Creators – the Past:
un film fantasy con un cast d’eccezione, tra i quali Eleonora Fani, Gérard
Depardieu e William Shatner,
diretto da Piergiuseppe Zaia, che
coniuga un contenitore caratterizzato da effetti speciali tipico della
filmografia apocalittica americana ed un contenuto, a livello di storia
narrata, personaggi e simbolismi, che rimanda ad un filone tutto europeo per
modalità e profondità di scandaglio mitopoietico e maieutico-interpretativo.
Respiro internazionale, dunque, anche per il dialogo tra attori aventi
provenienze geografiche e retroterra umano e professionale variegato, ma un'anima
narrativa tutta italiana.
Otto divinità
configurano un pantheon regnante in un ipotetico tempo aionico (aion),
caratterizzato dalla sincronicità, un tempo imperturbabile ed immutabile, ed in
quanto tale eterno, all’interno del quale si muovono due donne forti: un’aliena
ed un adotta contagiata.
Donne guerriere e condottiere, capaci di tessere la
trama degli eventi e di muovere i fili delle decisioni al momento giusto.
Lady Airre, in cui Eleonora si trasforma attraverso 8 ore di trucco e costumi studiati ad hoc,rappresenta, come ci racconta il suo alter ego, un modello femminile completo: una figura muliebre guerriera, sexy e felina, ma anche profondamente materna ed umana, pur essendo un'aliena.
L’attrice Eleonora Fani, autrice anche dell’ omonimo libro assieme a Gea Mizzani Corio,
che nella pellicola interpreta Lady
Airre, raccoglie l’eredità, ampliandola e diversificandola in un’ideale
continuità, di un suo libro precedente: Psiche e Afrodite, un saggio di
mitologia e psicologia classica al femminile.
“Queste divinità – racconta l’attrice - dominano su un’umanità profondamente
manipolata, che dovrebbe, però, riuscire a risvegliarsi per prendere in mano il
suo presente e il suo futuro, recuperando il senso di sé e della propria
storia”.
Altre protagoniste del film sono le Lens, sfere paragonabili, come ruolo assunto, al pomo della
discordia, quello che Paride dovette assegnare, rinfocolando la rivalità tra
Era, Afrodite ed Atena. Una sorta di memoria collettiva della Terra e del
sistema solare.
Il film è ambientato
in una dimensione parallela, utilizzando un espediente narrativo ed una
modalità di rappresentazione presente sin dal teatro tragico greco antico
che, quando voleva trattare temi delicati e scomodi, lì trasponeva in tempi e
luoghi lontani.
Secondo Francesco Pellegrino <<raffigurazioni
cinematografiche, insomma, consentirebbe di rilevare comportamenti diffusi,
saperi condivisi, valori morali, simboli, interpretazioni, ideologie, paure
collettive, stili di vita e molti altri aspetti del reale, magari ancora opachi
o inesplorati, presenti in una società durante un preciso momento storico. L’occhio
cinematografico, contribuendo a definire la maniera in cui va percepito o
immaginato il mondo, parteciperebbe inoltre alla determinazione della realtà
attraverso l’edificazione di una memoria e di una coscienza collettiva[1]>>.
La pellicola, pur nelle sue fattezze esteriori, che
occhieggiano ai film ad effetto (speciale) del cinema a stelle e strisce, segue
un filone simbolico ed esoterico, che affonda le radici nell’immaginario italiano
ed europeo, con il ricorso ad una serie di elementi simbolici che attraversano
l’opera e dialogano all’interno di essa, posti appena sotto la superficie ed il
livello apparente.
Un’operazione, quella di Creators – The past, che appare
trina: da una parte, infatti, vi è il libro scritto da Eleonora Fani ed edito
da Albatros; dall’altra la pellicola,
che presenta uno strato multiplo di visione e decodifica. Poi c’è la colonna
sonora, nata dalla creatività dello stesso regista, Piergiuseppe Zaia (la canzone dei titoli di coda, Across endless dimension, è interpretata da Dimash Qudaibergen, una voce intensa, capace di emozionare):
75 brani che rinviano ognuno ad uno specifico personaggio e ad una peculiare
location, varianti sul tema, composte per instaurare un’ideale continuità, che
non sempre si coglie al primo ascolto, ma che è strutturalmente intrinseca a
questo racconto sonoro parallelo.
Le tracce musicali sono raccolte in un album con 24 brani
long version in uscita grazie all’etichetta discografica Sony.
“E’ come se – spiega Eleonora Fani – durante l’ascolto
scattasse una sorta di molla e di richiamo interni che riportano ad un certo
tipo di luoghi e situazioni”.
Un film che, in qualche modo, sembra composto da un sistema di specchi: alcuni riflettono e
richiamano, in maniera quasi profetica ed anticipatoria, l’attuale situazione
vissuta a livello mondiale, con un progressivo processo di distruzione del
pianeta terra che è al collasso, a livello di ecosistema e di risorse
disponibili, ed una pandemia in atto a causa di un virus.
Poi c’è il sistema di
specchi in cui l’esterno risuona in base a ciò che alberga all’interno dell’animo
dei protagonisti e viceversa.
A tal proposito, un proverbio indiano sottolinea che se l’uomo non
è in pace e in equilibrio con se stesso e con la casa che lo ospita, per
risonanza i fiumi straripano, i terreni franano e l’ecosistema collassa.
Un modo che il cinema utilizza per oggettivare le paure più
ataviche, dipingendo panorami apocalittici in maniera esasperata. Paure che,
però, trovano spazio ed espressione in un orizzonte lontano, addirittura in
dimensioni e mondi paralleli, venendo al contempo esorcizzate.
“Come accade nella tauromachia, però – continua Eleonora –
nel momento più buio risiede anche la possibilità di ribaltamento della
prospettiva. Infatti se da una parte vi è il panico, figlio del buio più denso,
dall’altra parte c’è la luce. L’essere umano viene posto di fronte ad una
scelta: o risvegliarsi o frammentarsi a tal punto da perdersi, diventando un
automa”.
Ad essere messo in scena, in circa 100 minuti (estratti
dalle 250 pagine del libro) è un vero e proprio percorso iniziatico, simile a
quello compiuto da Ermete Trismegisto,
autore del Corpus Hermeticum.
Sullo sfondo di questa vicenda c’è una terra cava, dotata di
un sole interno.
Un mondo che trasforma il proprio aspetto in base allo stato d’animo
di chi la abita, dove il dentro fa continuamente da specchio al fuori.
Una pellicola ricca di simboli, tra cui spicca il numero 8, che
allude all’infinito e alla rinascita, che viene ripetuto in varie circostanze,
per esempio nel numero di lati che costituiscono il battistero.
Nell’attesa che i cinema riaprano, permettendoci di godere
dei vari livelli narrativi, di complessità crescente, che caratterizzano la
pellicola Creators – the past, non ci resta che cominciare a pregustarlo.
Un po’ come facevano le anime di artisti, sacerdoti e re,
riposandosi presso il castello di
Arianrhod, detto anche ruota della rinascita (da arian argento e rhod
ruota), nell’attesa di reincarnarsi.
Per approfondimenti e anticipazioni è possibile seguire il canale youtube dedicato:qui
Ed il sito: qui
[1]
Pellegrino Francesco (2009), Sguardi di
terrore paure collettive “intercettate”
dal cinema, in Annali della facoltà
di Scienze della formazione, Università degli studi di Catania, n. 8, p. 188.