domenica 11 giugno 2023

Aemorragia: il Nostos Teatro chiude la rassegna Approdi con un'opera intensa e inquietante

 Il teatro Nostos chiude la rassegna Approdi all'insegna della più elevata qualità, trait d'union che caratterizza tutta la sua produzione e gli spettacoli messi in scena.

Lo fa con un testo liberamente tratto dal Calderòn di Pasolini, ennesima ed efficace critica al sistema borghese e alle sue odiose ipocrisie.

L'atmosfera è noir, a tratti orrorifica. I protagonisti sono de-umanizzati e privati della loro identità, in nome di una cieca e acritica adesione alle regole imposte dal sistema: una sorta di zombie viventi o di marionette, che si muovono a scatti.

L'unica a fare eccezione è Rosaura - che non a caso in questo riadattamento - per la regia di Dimitri Tetta - mantiene il suo nome.

La protagonista - che cade in un sonno profondo, forse per sottrarsi alle vessazioni cui è sottoposta o, forse, perché tutti coloro che la attorniano le sottraggono costantemente energia vitale - si risveglia, per ben tre volte, in epoche e in condizioni sociali differenti.

Ma tutte sono accomunate dalla completa estraneità che lei avverte rispetto ai luoghi fisici in cui si ritrova e ai legami familiari che vengono millantati, Rosaura vorrebbe non limitarsi a sopravvivere come fanno tutti - ripetendo meccanicamente gesti e conversazioni svuotate di reale significato - ma aspira a vivere pienamente. 

Per farlo abbisogna del corpo, che è sia il substrato che, come sottolinea il filosofo Galimberti, le permette di proiettarsi nel mondo circostante, sia il nucleo del suo slancio vitale. Proprio per questo è il corpo a essere "svuotato" di pulsioni, emozioni e sentimenti. 

Non a caso lo psicologo Reich diceva che l'espediente utilizzato dai regimi per depauperare gli individui della loro forza creativa - e concomitantemente del loro spirito critico - è privarli della possibilità di vivere una sessualità piena e autentica.



Infatti, gli amori di Rosaura si rivelano tutti impossibili - perché incestuosi e in quanto tali doppiamente proibiti - ma ciononostante ella rivela il desiderio e il bisogno - che resterà insoddisfatto - di viverli ugualmente.

Amori che non regalano un senso di pienezza e completezza, ma che consumano, lacerano, frammentano, creando emorragie emotive.

L'atmosfera viene caricata di un pathos ansiogeno grazie a un uso sapiente delle luci  e del trucco con volti cerei, quasi esangui, dove spiccano profonde occhiaie scure.

Un solo punto luminoso - che sia un piccolo proiettore o una lampada da salotto -  che diffonde una luce cruda e dura, mentre il resto del teatro è immerso nel buio. Un punto di luce spot che a volte illumina i personaggi da dietro, inquadrandoli in controluce e rendendo le sagome nitide, ma il volto sfocato; altre volte mette a fuoco solo il viso, quando proviene dal basso, con un effetto ancora più spiazzante  e grottesco. Sembra che l'ambiente sia illuminato dalla fioca luce di una candela, e questo aumenta l'effetto di straniamento. 

Lo spettatore si sente risucchiato dalla scena, quasi fosse sul palco in una posizione defilata, e questo amplifica il senso di coinvolgimento, ma anche di terrore claustrofobico che piano piano si insinua sotto la pelle. In mezzo a un'atmosfera buia  e greve, immobile, spicca un solo punto di colore: è la poltrona rossa dove Rosaura giace addormentata. Il giaciglio, dov'è riversa a testa in giù, inquieta ancora di più.

Unica macchia di colore  - che pare una stilla di sangue - e di vita, che uno strenuo tentativo di vita autentica accoglie.

Strepitosi gli attori in scena - molto intensi e assolutamente credibili in un testo difficile come tutti quelli che richiamano temi così forti, nonché quando ci si confronta con il genio pasoliniano:  Adelaide Baldini, Teresa Barbato, Mattia D'Angelo, Mariarita De Lucia, Luigi Di Biase, Elisa Ferrara, Gaetano Ferrara, Marika Frongillo, Maria Francesca Iannicelli, Ilenia Lisbino, Federica Palmente, Antimo Puca, Mariano Scuotri, Antonella TranchinoDaniela Colella, Paolo Corso, Barbara De Gaetano, Salvatore De Leo, Giuliana Gravino, Salvatore Mangiacapra, Veronica Mele, Mariachiara Nardelli, Michele Pedata, Nicla Salve e Rosaria Truppo

I costumi sono di Gina Oliva, la produzione è del Nostos Teatro.

Ora lasciamo la parola al regista Dimitri Tetta.

L'intervista

D. Un'emorragia di sangue, di sentimenti, di slancio vitale. Cosa resta?

R. Resta Il Corpo, per dirla con le parole di Artaud -"un corpo vuoto, nuovo, diverso, che non potrete rivedere mai più". Rosaura viene continuamente svuotata dalle entità che la circondano, il cosa fare corrisponde sempre al contrario di quello che lei vorrebbe fare, viene letteralmente eviscerata in scena citando Lezione di Anatomia di Rembrandt. Il Corpo vuoto resta e non mente, il motivo della sua "prigionia" è proprio l'essere dotata di quel Corpo lì.

 D. La protagonista viene considerata aliena alla realtà che la circonda e quindi pazza. È  necessaria una spinta normalizzante. Ma essere fedeli allo standard non implica tradire dolorosamente e dolosamente sè stessi, se non vi si riconosce?

R. E' un tradimento necessario come necessario è uniformarsi allo standard se si vuole vivere, Rosaura però vuole essere viva. Anche quando prova, (finge?) a normalizzarsi dimostrando di essere pazza attraverso l'uso di frasi sconnesse, anche quando decide di comportarsi esattamente come "loro" vogliono, sono proprio "loro" che innalzano nuove barriere, nuovi pretesti per non considerarla "guarita".

D. La protagonista inciampa sempre in entità che parlano il linguaggio di amori impossibili. Come mai? Cosa racconta questa scelta di lei?

R. A Rosaura non è permesso vivere quelle tipologie di amori perché incestuosi, l'amore nei confronti del padre e del figlio. Credo che Pasolini prenda questa impossibilità estrema per attaccare la piccola borghesia bigotta e per toccare e trattare  - odio il termine diversità - dunque utilizzerò la parola singolarità, ecco,  la particolarità di ogni soggetto. Mi viene in mente "Respiro" di Crialese , film nel quale l'eccentricità della protagonista viene scambiata per follia, poiché inserita in un contesto quale una comunità di pescatori sull'isola di Lampedusa.

D. Quali sono i punti di contatto e quali le differenze rispetto all'originale pasoliniano?

R. Il testo è stato brutalmente tagliato, svuotato di tutto il significato partitico, sono stati eliminati tutti i nomi, tranne quello della protagonista e tutti i riferimenti ai luoghi. la struttura dell'opera tuttavia è rimasta la stessa, ma il significato è completamente mutato. La Rosaura dell'opera originale si risveglia in un lager, la nostra invece non beve dalla coppa del potere, lo rifiuta, è una protagonista vincente, almeno fino a poco prima del buio, quello che succede dopo non possiamo saperlo o forse possiamo intuirlo.

Ph. Simone Marigliano

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