mercoledì 20 marzo 2019

In due libri il corpo della città e quello violato delle donne e di un credo religioso. In dialogo Valentina Staffetta ed Agnese Palumbo

Nelle atmosfere suggestive di palazzo Zevallos, tra arredi lignei, l'imponente orologio che tutto domina, scadendo il tempo, e la consapevolezza che in quel luogo siano custoditi quadri di pregio, testimoni dell'avvicendarsi delle epoche e degli stili, sono stati presentati due libri:  I love Napoli di Agnese Palumo, edito da Newton Compton, e Il corpo del peccato di Valentina Staffetta, edito da Guida Editori, nell’ambito degli Eventi Off di Napoli Città Libro, seconda edizione del Salone del libro e dell’editoria.



Trait d'union l'idea del corpo. Il corpo della città, nata dalle spoglie di una Sirena, una città ricoperta di luoghi comuni,al pari di squame dure che ricoprono una pelle morbida,  ma che, al di là delle apparenze sa rivelare, a chi a occhi per vedere e riconoscere bellezza ed incanto, un sè tutt'altro che comune e banale; ed un corpo che viene associato al peccato: è questo il corpo violato delle donne, ma anche il decadimento, frutto di un dileggio feroce, di un ideale religioso.

Il corpo del peccato è il secondo nato dalla penna di Valentina Staffetta, profondamente diverso dal primo, che era un romanzo "in rosa". Qui, infatti, le tinte divengono gialle ed addirittura nere, per un thriller psicologico che attraversa tre ambientazioni ed altrettanti luoghi della mente e dell'anima.

Valentina, infatti, ambienta il suo romanzo nella realtà di un piccolo e tranquillo paese della Locride tra gli anni '50 e '60.  Il romanzo appare come spaccato in due segmenti temporali ben distinti: quello dell'adolescenza delle due sorelle, caratterizzata da paesaggi campestri quieti ed ariosi, in grado di recare riposo e ristoro allo spirito; e quelli angusti, cupi, claustrofobici dell'età adulta, che corrispondono ad uno stato psicologico di sofferenza, deprivazione e, infine, di rassegnazione, simile all'atmosfera che regna in un convento di clausura ed in un secondo convento in cui la vita è solo apparentemente più libera ed autodeterminata, ma ugualmente frutto di scelte imposte da altri, che si finisce per accettare, quasi ci si riepigasse su se stesse e contemporaneamente ci si lasciasse andare all'oblio in quei luoghi.



Tra l'adolescenza e l'età adulta si snodano 10 anni vissuti come in apnea, senza ricordi, in un blackout emotivo e della memoria.

"Si tratta di un romanzo intenso dai contorni del giallo, ma c'è molto di più - evidenzia Antonello Perillo, che ha moderato l'incontro -. Nel modo di pregare, ad esempio, possiamo ritrovare la ricerca di un genuino senso di solidarietà tra gli esseri umani e di valori socialmente condivisi ed applicati".

Un romanzo in cui, attraverso il filtro delle emozioni e del ricordo, trovano spazio tanti luoghi della Calabria, ma anche lo spirito di un popolo e le radici di una cultura, fiera, energica, impetuosa, sanguigna.

Piano piano, poi, parrebbero farsi spazio, tra le trame del racconto, tanti altri tasselli nevralgici: i dubbi della fede, fugati grazie al ritrovamento di una rinnovata forza spirituale, il dolore e la profonda dignità dei malati, tra i quali la stessa madre della protagonista, e la consapevolezza che l'età della vecchiaia non corrisponda ad un tempo dell'esistenza connotato dalla "perdita, bensì a quello del raccolto, frutto della piena maturazione dell'esperienza".

"Valentina Staffetta - sottolinea Antonio Parlati, che ha co-moderato la presentazione assieme ad Antonello Perillo, in un gioco di squadra - ci racconta di esperienze apparentemente lontane dalla sua vita e dalle sue esperienze quotidiane. Luoghi conosciuti ed amati, ma distanti temporalmente dal tempo della sua vita, resi vicini ed attuali attraverso un processo di scavo nelle sue emozioni e nei suoi sentimenti".



Agnese Palumbo, invece, con il suo I love Napoli mette al centro il corpo della città, con i suoi vari organi, costituiti da luoghi, usi, tradizioni, personaggi-simbolo, miti e leggende.

Luoghi e racconti apparentemente noti, ma che Agnese riesce a mostrare in una luce nuova e in una chiave di lettura inedita, mettendov in atto un processo che va dal noto al meno noto, fino ad arrivare all'ignoto, facendoci volgere nuovamente lo sguardo su quei luoghi con un moto di viva sorpresa, come se li vedessimo realmente per la prima volta.

In questo modo si riesce a passare, con una fluidità soprendente, dal parlare di calcio, ambito e momento in cui il famoso Cogito ergo sum cartesiano, per i Napoletani, è legittimato ad essere sospeso, così come è consentito abdicare ai toni contenuti del bon ton in favore di espressioni più boccaccesche,  all'analizzare lo splendido affresco esposto nella stanza della Flora danzante e del presunto ritratto di Saffo, del Mann, testimonianza del primo Daspo dato ai tifosi.

"Questo libro - spiega Agnese Palumbo - in qualche modo è un percorso che si snoda attraverso le mie ossessioni. Esso ha lo stesso impianto di una passeggiata per Napoli, durante la quale sei letteralmente travolto da varie suggestioni. Così, mentre sei rapito dai fasti del Barocco, ti trovi a fare i conti con il profumo invitante di una pizza fritta. Non si potrebbe davvero conoscere Napoli se non si assecondasse questo salto temporale ed esperienziale".

Come ricorda l'autrice, Napoli da sempre perpetra un inganno: tutto sembra leggero, fruibile, a portata di mano, ed invece, andando un po' al di sotto della superficie, si ci inoltra in meandri bui, complessi, ostici, difficili da percorrere perchè pieni di misteri.



Napoli con i suoi patroni ufficiali, tra i quali spiccano San Gennaro e Santa Patrizia, ma che a ben vedere, ne possiede di più antichi, tra i quali Virgilio, che consegna alla città, affinchè ne venga protetta, potenti amuleti come Castel dell'Ovo.

Un importante tassello del flusso di pensiero di Agnese Palumbo è dedicato a Pompei, che consegna ai posteri non solo un ricco patrimonio archeologico, ma anche uno scrigno di grande ricchezza antropologica ed umana.

"L'operazione compiuta da Fiorelli - continua l'autrice - fu davvero avanguardistica. Egli, infatti, riuscì a vedere pieni dove gli altri vedevano solo vuoti, rivelando dei corpi custoditi in quegli spazi. In questo modo Pompei diviene non solo un luogo archeologico, ma anche un luogo abitato da corpi".

Corpi che in quel luogo hanno lasciato la loro impronta, così come la si lascia su un letto o nella sabbia, e frammenti della loro storia, che oggi trova posto in questo libro dove Napoli si mostra in tutta la sia complessità, che conferma che si tratta di una città "non comune". Un libro che si snoda attraverso flussi di pensiero e di coscienza, che incrociano i flussi quotidiani dello scorrere della vita, in un continuo rimando tra interno ed esterno.



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