mercoledì 8 agosto 2018

Immersi nella musica e nelle alchimie degli scavi archeologici di Paestum, tra Rossini e Ravel

Quello dei templi di Paestum è un sito archeologico in crescita.



Sarà per la suggestione di quei templi infuocati al tramonto, per la sensazione di passeggiare attraverso i secoli e per il contatto con le culture che si sono avvicendate. Sarà per il verde del parco che ti attornia e culla. Sarà perchè sai che il museo custodisce La tomba del tuffatore, un manufatto dell'arte funeraria della Magna Grecia di grande pregio.



In una location dalle mille suggestioni, la Camera di Commercio di Salerno ha deciso di offrire agli astanti un concerto, il sesto di una rassegna che ha costituito un affascinante viaggio nella musica e negli stili, che ha visto protagonista Ezio Bosso in sinergia con l'Orchestra Verdi del Conservatorio di Salerno.

Un modo per incentivare la stabilizzazione e l'implementazione dell'incoming turistico, promuovere opportunità per tutta la filiera turistica e per dare occasioni di scoperta e riscoperta dei luoghi a tutti.

Un viaggio, intrapreso attraverso il tramite del Maestro Bosso e dell'orchestra, che si è snodato da Rossini, con l'ouverture (che poi si è rivelata essere una vera e propria sinfonia come è stato spiegato) del Barbiere di Siviglia, a Beethoven con la sinfonia n. 7 dell'op. 92.




Brani che, secondo quanto sottolinea il musicista, sarebbe meglio chiamare "tutto", quali essi sono essendo sinonimo di completezza e pienezza.

"Questa sinfonia è nata in un momento difficilssimo della vita di Beethoven, quando lui era diventato completamente sordo - racconta Bosso - e la gente lo additava chiamandolo ubriacone e straccione. Ma lui rideva ed irradiava luminosità perchè la musica rende liberi. In questa sinfonia sentirete ridere, poi lo stridore della disperazione durante la battaglia, dove però l'uno supporta l'altro, ed infine il balenio della luce, dopo un colpo di cannone".


Come sottolinea Bosso, infatti, il silenzio di per sè è pieno di suoni. Ecco perchè il direttore d'orchestra invita a spegnere i telefonini (a meno che non si debbano inviare messaggi ad amori impossibili e disperati) e ad immergersi nella malia della musica senza remore.

"Vi prometto che non ve ne pentirete. In raccordo con l'orchestra abbiamo deciso di non avvalerci delle casse, per farvi sentire il suono puro. Quando suoniamo, noi musicisti ci mettiamo a nudo. Un suono estraneo, uno stridore, rovina l'alchimia. E' peggio di quando si sfregia un quadro o un bene archeologico. Lì puoi intervenire con il restauro, mentre se l'atmosfera è rovinata, lo è senza possibilità di appello".

La magia si completa con il Bolero di Ravel, ripetuto due volte.

"Questa è una composizione nata per dispetto - chiarisce Bosso -. A Maurice Ravel fu chiesto di comporre sei brani per pianoforte ispirati ad una musica spagnola. Ma lui scoprì che era già stato chiesto anche ad altri compositori. E' dunque un componimento che nasce da un'offesa".



Immersi in questa forza trascinante ed incantati dall'empatia che scorre tra il direttore ed i vari membri dell'orchestra, nonché dall'energia che emerge dalla bacchetta e dalle mani che guidano l'incedere del ritmo, comprendiamo, dunque, che siamo immersi in un sogno che abbiamo avuto la fortuna di vivere.


Ph. Cristiana Carotenuto

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