lunedì 27 luglio 2020

O' professore do' pallone, un racconto per contrastare l'omofobia a firma di Sonia Sodano


O' professore do' pallone  è un racconto di Sonia Sodano, che in questo caso si spoglia dalle vesti di giornalista per assumere quelle di scrittrice, realizzato in punta di penna e di cuore. A fargli da cornice altri 19 racconti redatti da altrettante giornaliste campane, racchiusi nello scrigno del libro Interrompo dal San Paolo, edito da Giammarino Editore, a cura di Pietro Nardiello.


Sonia con coraggio e determinazione esce fuori dalla caratterizzazione folcloristica che spesso viene associata al calcio, sport di diletto per eccellenza, tipico di chi vuole stare senza pensieri ed ambasce. 
Attraverso la storia di Vito Ferruccio, che seguiamo dall'infanzia ai trent'anni viene, infatti, affrontato il tema dell'omofobia, che si insinua sotto la pelle del singolo individuo, annebbiandogli la vista e distorcendogli la visuale. Ma quest'odio condito da stigmatizzazioni, stereotipi e pregiudizi, ben lontani da ogni conoscenza reale autentica e profonda, serpeggia subdolamente negli spogliatoi e colonizza i campi da calcio, per poi esondare, spargendosi e corrompendo la città . 
Una conoscenza nulla che però si trasforma in un contemporaneo tribunale dell'Inquisizione che emette sentenze irrevocabili di colpevolezza, dove non c'è spazio per alcuna difesa nè contraddittorio, ma solo per una dolorosa condanna al rogo.
E' importante contribuire a creare la consapevolezza che quando ci rappresentiamo e rappresentiamo  una persona parole ed immagini non sono mai neutre, ma possono costruire le geometrie del pregiudizio e dello stereotipo i cui bordi sono frastagliati, aguzzi o taglienti, ma comunque sempre in grado di ferire e fare male e di indurre comportamenti pericolosi. 


Vito rischia di pagare con la vita e con la perdita dell'integrità fisica, un diritto sancito normativamente, la sua legittima aspirazione alla tutela della dignità, perseguita attraverso la libertà di essere ed esprimere se stesso. Uno stridente paradosso che resta marchiato nella carne. Il racconto ha un andamento circolare: parte dai sogni condivisi e ad essi ritorna, pur se con nuove consapevolezze. 
Lo stile ed il linguaggio mutuano la parlata della vulgata, contribuendo ad immergere totalmente il lettore in quelle atmosfere e negli umori della città. Sonia tratteggia questa storia con grande vividezza, attraverso una narrazione per immagini. 
A volte esse hanno la levità e la luminosità propria degli acquerelli impressionisti. Altre, la consistenza materica, spessa, dura, densa di chiaroscuri, delle pennellate tipiche dello stile pittorico di Artemisia Gentileschi, dove i colori si impastano con il sangue che scorga dalle ferite ancora aperte. 
Altre ancora si traduce in un'istantanea da fotografo di strada, connotata da immediatezza e carica di empatia. Trova posto in queste pagine anche la rivendicazione del diritto a rimanere nella propria terra e a non subire una sorta di deportazione coatta a causa delle disparità economiche. A lasciare aperto il cassetto dei sogni affinché prendano aria e non ammuffiscano. 
E poi ci sono le cicatrici: quelle esterne e quelle interne, profonde ed indelebili che, però, se accarezzate con gentilezza, possono renderci persone migliori. Il calcio, in questo modo, diviene strumento di riscatto, di ristoro, di respiro più ampio e profondo, capace di travalicare l'orizzonte claustrofobico di un quotidiano dove troppo spesso sognare non e' consentito, perché mal si accorda con le stringenti necessità di sopravvivenza materiale.

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