sabato 19 marzo 2022

Sottosopra: Gea Martire infiamma il Sancarluccio con la sua forza

Gea  Martire, con la sua vulcanicità eclettica, porta nuovamente il suo Sottosopra a teatro (con la regia di Stefano Amatucci), fino a domenica 20 marzo.


 

Questa volta si tratta del Nuovo Sancarluccio, piccolo teatro partenopeo davvero accogliente, i cui ambienti profumano di arte, cultura, storia, impegno e coraggio, dove prende letteralmente vita il libero adattamento di Dicerie sui santi e altri malumori di Davide Morganti.

A raccontarci quale arrevuoto sia accaduto è Antonietta Formisano e lo fa attraverso le pagine del suo diario “quasi” segreto, scritto sulle orme di persone e personaggi come Anna Frank o Bridget  Jones.

Il suo però non è un diario come gli altri: è umanizzato, tant’è vero che quando Antonietta, inavvertitamente, gli lancia addosso il suo foulard, si comincia a sentire una sorta di respiro affannoso. E’ quello del suo diario che sta soffocando.

Antonietta dà ai suoi diari un nome, a segnare le fasi della sua vita e i relativi stati d’animo: come c’è stato il momento delle risate spensierate, con il diario Stanlio e Olio, e quello delle serate in discoteca con John Travolta, ora è il momento del terrore misto al thriller, tipico del periodo della pandemia, con Hitchcock, napoletanizzato in Ichcocco, che sembra essere l’ultimo sfogo scritto di una lunga dinastia.

Ma mai Antonietta avrebbe potuto immaginare che i santi lasciassero il paradiso per invadere strade e vicoli partenopei, reclamando i loro diritti (d’autore) e mutuando dagli esseri umani non solo passioni terrene e carnali, ma anche vizi e avidità.

Così la Madonna di Medjugorje esagera con il cibo, svuotando il frigorifero della povera Antonetta a più riprese; san Luigi Gonzaga si rende conto di aver sbagliato a votarsi alla castità e cede ai piaceri dei pensieri peccaminosi. Santa Chiara, santa Rita, santa Patrizia, santa Pulcheria rivelano a un attonito avvocato Iorio di voler diventare modella, annunciatrice televisiva e attrice.

Quello che è certo – un messaggio che Gea affida alla sorella di Antonietta – è che la pandemia, con il suo isolamento forzato, ha fatto emergere quello che ogni essere umano aveva dentro.

Un serio ammonimento arriva proprio dai santi, che sul finale sfilano in maniera variopinta, tra tacchi a spillo e piume, per le strade della città perché “anna sfugà”: il sangue deve essere lasciato nelle vene. Se i santi devono e vogliono riscoprire la loro umanità, svincolandosi da ruoli rigidi, destini imposti e non ergendosi a fustigatori dei costumi; gli esseri umani devono ritrovare la loro santità, la loro capacità empatica e solidaristica, senza puntare il dito contro chicchessia.

Gea Martire interpreta in un intenso monologo, che si snoda per oltre un’ora, vari personaggi, alternando stili e timbri e miscelando risate e amarezza. I personaggi dialogano tra loro a ritmo serrato: da Mariangela a Consiglia, dalla Madonna a San Sebastiano trafitto dalle frecce, passando per le diverse sante divenute aspiranti star.

Ad accompagnarla, enfatizzando e “commentando”  alcuni passaggi narrativi, attraverso le musiche da lui composte ed eseguite, Valerio Virzo con il suo sax dalle note calde e graffianti.

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