Lo chef stellato Pasquale Palamaro firma il nuovo menù del ristorante
Se
è vero che il cibo è un aggregatore di persone, anche se di culture
diverse, è altrettanto vero che la cucina napoletana lo fa ancora di
più! Questa importante funzione del cibo era già nota all’epoca dei
Borbone, quando sia “O’ Scarpariello” (il ciabattino) che il
“Monzù” (il cuoco di corte) preparavano i pasti utilizzando ingredienti
comuni ma in ambienti diversi (il primo per strada, il secondo nelle
spaziose cucine patrizie).
Infatti gli ingredienti più conosciuti sono
essenzialmente quelli semplici e genuini, che venivano poi maggiormente
elaborati per le pietanze destinate ad imbandire le tavole dei nobili.
Coesisteva, quindi, una cucina assai raffinata che si era sviluppata
soprattutto grazie ai Borbone, che favorirono una fusione fra la cucina
napoletana e quella francese concretizzando dei risultati spettacolari e
di gran gusto.
E’ dedicato alla cucina napoletana borbonica il
ristorante dell’”Archivio Storico”, locale napoletano che omaggia
la cultura borbonica in ogni suo angolo: le sale principali sono
dedicate ai Re Borbone delle Due Sicilie Carlo, Ferdinando I, Francesco
I, Ferdinando II e Francesco II (con le rispettive Regine) ed
all’ultimo pretendente al trono, l’erede legittimo, Sua Altezza Reale il
Principe Carlo di Borbone, Duca di Castro e Gran Maestro di tutti gli
Ordini Dinastici.
Da più di un anno il locale – tra i più frequentati
di Napoli, essendo tra l’altro collocato in uno dei quartieri più inn
della Città, ovvero il Vomero – divulga un patrimonio culinario che Luca Iannuzzi -
ideatore del progetto, attento conoscitore della storia del Regno delle
Due Sicilie e Cavaliere di Merito del Sacro Militare ordine
costantiniano di San Giorgio - ha riscoperto indagando nei testi
dell’epoca e riproposto con l’ausilio di professionisti del gusto del
calibro di Pasquale Palamaro, chef stellato che ha firmato il nuovo menù “di classe” dell’Archivio.
Il menù
4
antipasti, 5 primi piatti, 6 secondi, due zuppe, 4 dolci, due menù
degustazione: tutte pietanze ispirate alla cucina napoletana di corte,
riscoperte nei testi che parlano della storia dei Borbone e
sapientemente reinterpretate dallo chef. Ad esempio la “Parmigiana”,
piatto le cui origini sono contese da Napoli, Parma e Sicilia:
l’etimologia del nome deriverebbe dal termine siciliano “parmiciana” (le
parmiciane sono le aste di legno che sovrapposte formano le persiane);
tuttavia la ricetta di questo piatto è contenuta nel “Cuoco Galante” di
Vincenzo Corrado (1733), che utilizzava le zucchine come ingrediente
principale, e poi ripresa Ippolito Cavalcanti che utilizzava invece le
melanzane per assemblare la pietanza.
Perciò nel menù dell’Archivio
questo piatto diventa “Parmigiana di melanzane vista nell’Orto di Ippolito Cavalcanti”.
Altro esempio, le zuppe: in particolare durante il regno di Ferdinando I
si diffusero molto le zuppe di mare essendo il re goloso di pesce, che
pescava egli stesso nelle acque sotto Posillipo; tuttavia questo piatto
era spesso anche sulle tavole dei più poveri, veniva preparato con il
pesce rimasto invenduto dai pescatori.
Inoltre presso la corte borbonica
era in uso uno gnocco realizzato con mandorle tritate, latte e mollica
di pane (gli gnocchi di patate arrivarono solo dopo le importazioni di
patate dall’America; furono Alessandro Volta a portare la nuova ricetta
nei salotti del re e Vincenzo Corrado a convincere i Borbone a investire
nella diffusione della coltura del tubero per sfamare la popolazione
dopo la carestia della rivoluzione del 1799).
Dunque, la zuppa di “mare”
e gli gnocchi di patate sono due capisaldi della tradizione napoletana
che formano un connubio perfetto nel piatto ideato dallo chef Palamaro,
ovvero la “Zuppa di scampi con gnocchi di patate ripieni di mozzarella”.
Ancora, un altro esempio di ingrediente comune alla cucina di corte e a
quella popolare: il pollo. Il “Pollo alla Marengo” (che nel menù
dell’Archivio diventa “Pollo ruspante e gamberi rossi laccati su mais piccante ed erbe amare “)
era un ricco e prelibato secondo piatto, le cui origini risalgono al
1800 quando Napoleone Bonaparte sconfisse l’esercito austriaco a Marengo
e chiese a Dunand, il suo cuoco, di creargli un piatto che fosse buono e
nutriente.
Non avendo materie prime a disposizione, improvvisò una
pietanza con ciò che riuscì a reperire nelle vicine campagne: un pollo,
dei gamberi di fiume, qualche pomodoro, delle uova, del pane raffermo e
del cognac. Napoleone, soddisfattissimo, richiese questo piatto a Dunand
dopo ogni battaglia e divenne per il condottiero un portafortuna.
La nuova drink list: tra le new entry anche il “Babà Punch”
Inverno.
Un ambiente elegante, un’atmosfera calda, e un cocktail “rassicurante”
(che emana i profumi e sprigiona i sapori della nostra terra) sono gli
ingredienti giusti per accendere le serate napoletane. La nuova drink
list dell’Archivio Storico, ad opera di Salvatore D’Anna,
bar manager della struttura, è pronta a riscaldare tutti i palati della
città e ad alleviare dalle fatiche che il freddo e i frenetici ritmi
lavorativi impongono.
Una
drink list in parte diversa dalle precedenti, il cui filo conduttore è
l’energia dei sapori della tradizione. Cocktail pensati per raccontare a
chi li degusta (in orario aperitivo domenicale, cena settimanale e
post-cena) la storia, la cultura, le tradizioni della Napoli Borbonica e
di quella moderna. Tra questi il “Babà Punch” ottenuto con Rum
Jamaicano, Rum Speziato, Oleo Saccarhum, Pisto mix, succo di limone,
the, cannella, arancia. Il punch è da sempre una presenza fissa della
drink list dell’Archivio Storico.
Questa versione partenopea della nota
bevanda alcolica è nata da un’osservazione di Salvatore D’Anna che,
curiosando nelle cucine del locale (che oltre ad essere premium bar, è
anche ristorante) ha notato delle similitudini tra la preparazione
della bagna per il babà dell’Archivio Storico (il “Lazzarone”) e le
tecniche di preparazione del punch. “Ho da sempre avuto una grande ammirazione per la pasticceria e per i maestri pasticcieri napoletani – spiega il bar manager -, ho
colto così l’occasione al volo e ho cercato di replicare il piacere che
si prova nel gustare un babà al rum in questo punch. Qualche piccolo
aggiusto qua e là (ad esempio far riposare zucchero e scorzette di
agrumi insieme), la scelta del mix di rum (quello jamaicano si deve
sentire) e della tipologia giusta di the, l’utilizzo delle spezie usate
per insaporire i dolci della pasticceria napoletana come il pisto, e il
Babà punch è pronto!”.
Altre new entry della drink list del locale - ispirate dai sapori, dalla cultura e dalla storia di Napoli - sono:
- Il “Crisommola Negroni” con Jin Aperol, Vermouth dry, liquore all’albicocca, Orange bitters;
- L’”Espresso fizz” con Rum chiaro, liquore al caffè, zucchero, succo di limone, soda al caffè espresso;
- Il “San Gennaro” con Scotch Whisky, Islay single malt whisky, Porto Rosso, Cherry brandy, succo d’arancia;
- Il “Piennolo” con Vodka e Bloody Mary mix mediterraneo.
Pasquale Palamaro
Lo
chef Pasquale Palamaro, nato nella splendida isola di Ischia nel 1978,
era destinato alla qualifica di “stellato” sin agli esordi della sua
carriera: vanta, infatti, importanti collaborazioni con nomi illustri
del panorama culinario, italiano ed internazionale, come gli chef
stellati Aimo e Nadia, Ugo Alciati, Alfonso Iaccarino, Antonino
Cannavacciuolo, Anthony Genovese.
Uno scambio continuo che ha portato il
giovane chef a consolidare la sua cucina come specchio gustativo del
territorio in cui vive, ovvero il meridione d’Italia. Il 2013
rappresenta, per la carriera dello Chef Palamaro, una pietra miliare:
viene, infatti, insignito dell’ambita stella Michelin grazie al suo
encomiabile lavoro presso l’”Indaco”, il ristorante dell’Albergo della
Regina Isabella per cui è Executive Chef.
Il mio percorso degustativo
Metti una sera all’Archivio
Storico dove, sull’onda del glorioso periodo borbonico, lo chef stellato Pasquale Palamaro, ha ideato
un menù dove si incontrano cucina aristocratica partenopea e piatti della
tradizione popolare e contadina, legati ai frutti ed alle delizie della terra.
Eh sì, perché Napoli, città stretta nell’abbraccio, a volte
confortante, a volte periglioso, del mare, non mette in tavola, e di tavola da
re si tratta, solo specialità di mare, ma attinge a piene mani anche ai doni
della terra.
Nel mio percorso mangereccio
ho cominciato con un soft drink: il “Crisommola
Negroni” con Jin Aperol, Vermouth
dry, liquore all’albicocca, Orange bitters.
A seguire un’ entrée di parmigiana di melanzane vista nell’orto
di Ippolito Cavalcanti , fatta con cubetti
fritti di melanzana ricoperti con una glassa nera di melanzana stracotta, guarniti
con salsa di mozzarella, salsa di pomodoro e crumble di friselle fritte.
In un gustoso doppio, in
tavola anche l’Anitrello di alici in velo
d’ovi su salsa verde, composto da palline di alici ripiene di zucchine,
mozzarella e menta. A completare il tutto una doppia salsa: di zucchine e latte, e
di acciughe, capperi e cetrioli. Il tutto accompagnato da chips di acciughe essiccate
Le alici, infatti, come
recita il menù, diviso in sezioni, che non si limita ad elencare i piatti, ma offre
anche una spiegazione degli ingredienti utilizzati, di altissima qualità, e ne
spiega origini e preparazione tradizionale, che affonda le radici in usi
antichi, sono un pesce azzurro, povero ma ricco di tanti elementi utili alla
salute.
Per continuare, all’insegna di perizia, creatività e
sapidità, con i tortelli ripieni di crema di
provolone del Monaco DOP, su
letto di purea di zucca lunga piena di Napoli e perle di tartufo , in cui
questo prezioso elemento è “raggomitolato”, tale da ricordare il caviale, accompagnati
con semi di zucca e tartufo nero.
Poi spiedini di verdure di stagione, tagliate in maniera
tale da esaltarne la consistenza e donar loro il giusto mix di morbidezza e
croccantezza. Dalla zucca ai broccoli un tripudio di sapori dell’orto, esaltati
da un tocco di spezie.
Per concludere in bellezza due dolci tipici della tradizione
pasquale partenopea più autentica e verace: una Nuvola di pastira storica, costituita da una sfera di pan di spagna
ripiena con crema di pastiera, panne e purè al mandarino, articolato in tre sapienti
e gustosi innesti, dove il tipico sapore asprigno del mandarino incontra la
dolcezza di crema e panna.
E una pizza di crema e amarene, fatta con una cialda farcita di crema gialla, dove si incontrano, ballando un valzer del gusto, il sapore del limone e della vaniglia, e una glassa di zucchero, che richiama la scioglievolezza della mozzarella fusa e le amarene che occhieggiano ai pomodorini del piennolo per forma e colore.
E una pizza di crema e amarene, fatta con una cialda farcita di crema gialla, dove si incontrano, ballando un valzer del gusto, il sapore del limone e della vaniglia, e una glassa di zucchero, che richiama la scioglievolezza della mozzarella fusa e le amarene che occhieggiano ai pomodorini del piennolo per forma e colore.
L’atmosfera è soffusa, rischiarata dalla luce delle
candele, la cui cera si scioglie e
scivola lungo i colli delle raffinate bottiglie che le contengono, per poi
coagularsi e formare, in maniera del tutto naturale, un'affascinante
composizione artistica, un'arabesque di sapienti intrecci e sovrapposizioni.
Tutte le sale sono arredate con mobilio e quadri che ricordano il periodo storico proprio del Regno di Napoli e del Regno delle due Sicilie.
Un viaggio nel tempo e nei fasti di un Regno potente ed
avanguardistico che si conclude con un percorso nei sapori, altrettanto ricco e
suggestivo, capace di viziare il palato e di far riscoprire sapori dimenticati
o di farli apprezzare in una veste inedita.
Ph. Paola Tufo (tranne quella della carta dei vini, dell'Anitrello di alici e della candela rossa in bottiglia).
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