Conto alla rovescia per la messa
in scena di Tre. Le sorelle Prozorov, per l’adattamento e la regia di Giovanni Meola.
L’appuntamento,
infatti, è per stasera, domenica 21 luglio, alle 21.30, nella suggestiva
location delle Terme Stufe di Nerone a Bacoli, nell’ambito dell’ottava edizione
di Teatro alla Deriva ( la rassegna è
ideata da Ernesto Colutta e Giovanni Meola), il teatro che ha
trovato casa, ed un’inedita ed innovativa dimensione scenica che si rinnova, su
una zattera.
Meola, che è anche direttore
artistico dell’intera rassegna, cura questo raffinato lavoro di “taglia, cuci e
rielaborazione” sul testo di Cechov, che promette di fornire al pubblico
numerosi elementi di riflessione sulle dinamiche relazionali e su quell’incapacità
di tirarsi fuori da alcune insidiose sabbie mobili dell’esistenza.
LA PECULIARE MESSA IN SCENA
Tre. Le sorelle Prozorov (il trailer qui), messo in scena dalla Compagnia indipendente Virus Teatrali (il sito qui), è frutto di un certosino lavoro di “smontaggio
e rimontaggio” del testo originale, tradizionalmente articolato in 3 atti con
14 personaggi, di cui quasi tutti, se non quattro minori, come ricorda il
regista, sono co-protagonisti.
In questo caso tutti i personaggi
sono interpretati dalle tre attrici in scena, Roberta Astuti, Sara Missaglia e Chiara Vitiello, e la scenografia risulta volutamente assente.
“Le attrici – racconta Meola-
conoscono a menadito il testo originale. Proprio per questo è stato possibile smontarlo e rimontarlo
creando un’opera che pur essendo legata a doppio filo a quella originaria è
sicuramente ‘originale’. Si è proceduto con una serie di improvvisazioni
guidate e, nella scelta di cosa insierire nell’adattamento, alcuni panel
scenici ed alcune dinamiche relazionali si sono letteralmente imposti all’attenzione
rispetto agli altri, si sono amplificati e sono esplosi, spesso confliggendo”.
Come sottolinea il regista a
muoversi fisicamente sulla scena sono le tre sorelle ma dentro, fuori ed
intorno a queste ultime si muovono anche tutti gli altri co-protagonisti che si
relazione con loro e tra di loro.
A livello temporale la narrazione
si dipana a un anno dalla morte del padre, generale di un avamposto molto
lontano dalla Russia (sembra di ritrovare qui l’espediente narrativo tipico del
teatro greco, che ambienta le narrazioni, soprattutto quelle che ruotano
attorno a temi delicati e spinosi, lontane dalla madrepatria). Una sorta di
fantasma, che pur non lì fisicamente è una presenza-assenza fortissima,
continuamente richiamata dalle figlie.
Anche i vestiti delle donne, dal
profondo valore simbolico (nero ad indicare il lutto, bianco a richiamare lo
sforzo estremo di chi tenta di liberarsi da questo lutto e blu per ricollegarsi
alla rigidità ed al rigore tipici di un collegio femminile), ricordano delle
divise militari, così come gli anfibi che le sorelle calzano.
“Alcune dinamiche relazionali –
evidenzia il regista – si sono in qualche modo autoimposte all’attenzione. A
me, poi, è toccato tirare le somme, creare i collegamenti tra le stesse, anche
se il tutto è stato testato durante le prove. La mia attenzione si è volutamente
incentrata su alcuni rapporti: anche per
questo gli elementi scenografici sono del tutto assenti. Inoltre, attualmente,
la scenografia è assolutamente demandabile alla fantasia degli spettatori. Vengono
presentate e messe in scena, solo lievemente modificate, e questo rappresenta
un ulteriore elemento di innovazione, anche le didascalie di Cechov, che
descrivono situazioni e scenografia, in realtà assente visivamente”.
Gli abiti delle tre sorelle, in
base alla spiegazione di Meola, rappresentano una sorta di divisa proprio ad
indicare la forte appartenenza ad una famiglia dell’aristocrazia militare e ad
un mondo che, nella percezione cechoviana, poi confermata dal tempo, stava
cominciando a scomparire.
“Le tre sorelle – sottolinea il
regista – sono prigioniere di vite ineffettuali, non reali e prive di
concretezza. Il loop in cui loro stesse sembrano gingillarsi, servono a
raccontare il loro immobilismo, l’impossibilità, o forse l’incapacità, di agire,
di sfuggire a se stesse per sopravvivere. Un’incapacità che si traduce nell’impossibilità
di vivere davvero, lasciandole intrappolate in situazioni conflittuali che si
ripetono all’infinito”.
GLI ALTRI PROGETTI
Cresce l’attesa, dopo il successo
riportato al teatro Tram di Port’Alba, per rivedere in scena Il Bambino con la bicicletta rossa,
ispirato al caso Lavorini, un rapimento ed un omicidio che fecero scalpore
circa 50 anni fa, ma poi finirono vittime del silenzio.
“Ho lavorato sulle poche fonti
disponibili – spiega Meola - ed ho scritto un testo quasi tutto in versi. Anche
in questo caso c’è un unico attore in scena, che interpreta vari personaggi, ma
questo espediente è funzionale al progetto, perché è lo stesso bambino ucciso a
richiamare alla memoria coloro che a lui erano legati in vario modo”.
Dopo il debutto del 2004 ed il
ridebutto del 2007 bisognerà aspettare il 30 settembre 2019 per il nuovo
allestimento di Frat’ ‘e sanghe.
Siamo nella Napoli del 31 dicembre 1999, afflitta dai suoi problemi atavici, ed
in scena troviamo questi giovani uniti coattivamente da una fratellanza di
sangue, ma che in realtà si odiano profondamente… Anche in questo caso le vere protagoniste sono alcune dinamiche conflittuali molto forti.
Se per Tre. Le sorelle Prozorov ci sono voluti ben 7 mesi di gestazione,
si sale ad 8 per Amleto, che avrà
come location il teatro Tram.
Promette di aumentare
vertiginosamente il numero di repliche il progetto teatrale Io so
e ho le prove, in scena ormai da 3 anni, con l’esordio nel 2016, che ha
toccato quasi quota 40.
“Il lavoro teatrale – evidenzia Meola
– è tratto dal libro, divenuto un caso letterario nel 2015, di Vincenzo
Imperatore, un vero e proprio memoriale. Infatti, Vincenzo Imperatore è la
prima gola profonda del sistema bancario e ne denuncia le nefandezze dopo
esserne stato, per sua stessa ammissione, colpevolmente connivente. Con questo
lavoro, dopo un periodo di voluta assenza, sono tornato nuovamente a calcare le
scene. Quindi sono attore, regista ed interprete”.
Tanti gli appuntamenti previsti
in sei-sette regioni. Attesa la tappa campana al teatro Moliere di Pozzuoli.
Vincenzo Imperatore è protagonista
anche del film-documentario Conversione, dove la sua vita è raccontata in parallelo a quella di Giuseppe
De Vincentis.
“Io li definisco – rincara la
dose Meola – come due ex ladroni, la cui vita viene letteralmente rivoluzionata
grazie all’incontro con il teatro. Le riprese termineranno il I agosto e poi ci
sarà tutta la fase di post-produzione”.
Personaggio eclettico Giovanni
Meola è impegnato anche nel progetto di un corto animato The Flying Hands, che
vede coinvolto un team internazionale, dall’Italia a Teheran, passando per
Londra, e progetta per il 2021 il debutto di un lavoro dedicato all’affascinate
Purgatorio di Dante, che lo vedrà
nuovamente impegnato anche come attore.
Nel frattempo continua l’esperienza
, ideata e diretta da lui, del Teatro Deconfiscato.
Infatti, dopo le prime due edizioni presso l'ex-tenuta Magliulo, la terza si è
svolta presso il Castello Mediceo di Ottaviano, l'ex-castello di Raffaele
Cutolo. Nevralgico Teatro & Legalità,
un progetto nato nove anni fa sull'onda di alcuni laboratori teatrali
scolastici svolti sul territorio campano.
Tante le anime di Meola, diviso
tra teatro, sperimentazione, docenze e scrittura. Infatti è anche autore del
libro Teatro, una raccolta di sette
delle sue drammaturgie (ne ha scritte oltre 30), di cui 4 in Italiano e 3 in lingua
napoletana, con la prestigiosa prefazione di Elena Bucci.
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