Buona la
prima per il Napoli Horror Festival.
Il
periodo non è casuale, se si pensa che settembre segna il passaggio tra l’estate
e l’autunno, con le sue atmosfere melanconiche, tra due fasi, un po’ come accade
per la notte di Ognissanti, in cui, per una manciata di ore, la dimensione dei
vivi e quella dei morti si avvicinano, fino a sovrapporsi.
E settembre,
proprio in virtù di questo passaggio stagionale, è anche il mese, e Napoli per
chi ha memoria storica lo sa bene, delle grandi piogge, che sanno trasformarsi
all’improvviso in terribili e devastanti nubifragi, simili a quell’alluvione
che trascinò i cadaveri fuori dal cimitero delle Fontanelle, quasi fossero
zombie che avessero ripreso vita, costringendo per giorni gli abitanti del
Rione Sanità a non uscire di casa, per paura di incrociare lo sguardo, vuoto e
sbarrato, di uno dei loro cari, il cui corpo giaceva appena fuori dell’uscio.
Il Festival,
al suo anno d’esordio, ha infatti ricevuto grandi riconoscimenti e
apprezzamenti da parte degli esperti e appassionati del settore, come Sergio
Stivaletti e il professor Brancato. Per l’organizzazione, è stata una grande
soddisfazione avere tra il pubblico grandi e piccini e volti noti del mondo
dello spettacolo, come Rosaria De Cicco e Francesco Paolantoni che domenica si
sono presentati a sorpresa con un travestimento originale. Anche la Presidente
della Fondazione Banco di Napoli per l’Assistenza all’Infanzia, Maria Patrizia
Stasi, che ha ospitato il festival, si è congratulata con l’organizzazione per
la cura dei dettagli.
Unico in
Italia per la ricchezza del programma: mostre, performance, proiezione di film, un’escape
room, dibattiti tematici ed un incredibile jumpscare
tunnel. Attori, effetti speciali e atmosfere horror hanno regalato un
percorso emotivo e sensoriale degno delle altre attrazioni di genere presenti
nelle maggiori capitali europee, come ribadiscono gli stessi visitatori.
Dopo un
primo appuntamento, dedicato alle favole, Birdland,
capitanato dallo scrittore e regista Massimo Piccolo, è approdato proprio nella
sala incontri del Napoli Horror Festival, per chiudere in bellezza questa prima
edizione, domenica scorsa, 15 settembre.
Un appuntamento,
ad alto tasso di adrenalina, congegnato per parlare di demoni e terrore ( il
format è stato preceduto da una discussione filosofico-sociologica sulla paura,
le sue strumentalizzazioni ed i meccanismi per esorcizzarla).
Un
contrasto netto e stridente, quello che separa il mondo fatato del primo
appuntamento, popolato da esseri capaci di far sognare, e l’universo del
secondo dove trovano spazio, richiamando Stephen King, solo incubi e deliri, in
un’atmosfera di claustrofobico terrore.
“Si
tratta di un format letterario, che vuole tradurre la parola in viatico di
spettacolo – spiega Massimo Piccolo -. E’ pensato per gli amanti della lettura
e della scrittura che desiderano capire come nasce un racconto, accogliendo un
approccio non ingenuo”.
Con
Massimo Piccolo sul palco, a dare sembianze, parole e musica alla Llorona,
demone sudamericano, alle atmosfere blasfeme e popolate da zombie di Lansdale e
quelle terrorifiche di Stephen King, che dà voce e spazio alle paure ed alle
fobie quotidiane, amplificandole affinché possano invadere e tormentare
incessantemente la mente: Adriana
Cardinale, Franco Piccino e Sara Piccolo.
La
figura della Llorona, in base alle sue parole, ha sempre affascinato Piccolo:
una donna, abbandonata dall’uomo amato che, per la disperazione, uccide i figli
e poi si suicida, condannandosi ad essere un demone, che uccide i bambini e
seduce e sfinisce gli uomini.
“Mi
piaceva l’idea – continua il regista di
Assolo – di come da una storia descritta in poche righe potessero nascere
una molteplicità di universi narrativi, in base ai punti di vista. C’è per
esempio quello del conquistatore. Molti pensano ai conquistadores solo come a
uomini fatti, ma spesso si trattava di poco più che ragazzi. Immagino lo
sgomento di chi, forse, è partito con l’idea di recare la parola di Dio e si è
trovato a mietere vite, disseminando morte. Mi piace pensare che in quella
donna quel ragazzo avesse trovato un momento ed un angolo di pace e che i due
fossero legati da un amore autentico. A condurre ad un gesto tanto estremo
quanto disperato un dolore senza fine, sfociato nella disperazione”.
La
Llorona come Medea, quindi, che non regge al dolore dell’abbandono da parte
dell’uomo amato. Un dolore capace di portarla alla pazzia.
Poi c’è
l’universo popolato dagli zombie texani, partorito dalla mente di Joe R. Lansdale.
Un
autore politicamente scorretto, senza rimpianti che, come sottolinea Piccolo,
non si fa scrupoli, anzi si compiace, di non avere alcun riguardo per il
lettore, di dileggiare, in maniera sacrilega, i suoi valori, siano essi rappresentati
dal modo di approcciarsi al sesso, dal pudore, dalla religione o dai i sogni,
per imporgli il suo universo narratologico.
Insomma,
Lansdale arriva alle spalle del lettore di soppiatto, per dargli una bella
spinta e farlo cadere o gli mette, a tradimento, lo sgambetto.
“Nell’universo
di Lansdale non c’è redenzione – continua Piccolo - . Anche Wayne, quello che
con molta fatica possiamo definire come un antieroe, è perfettamente integrato nel
contesto. Persino il suo sogno è misero e miserabile: rilevare uno
sfasciacarrozze, avere i soldi necessari per andare a prostitute e, talvolta,
uccidere qualche animale”.
Un
universo, quello del racconto Nel deserto
delle cadillac, con i morti, caratterizzato dalla melma e dalla completa assenza
valoriale, se non per qualche stilla sparuta
di pietà che assume, però, le vesti di un “omicidio” a sangue freddo, di cui
forse i corpi in putrefazione degli zombie, con il loro puzzo dovuto alla
marcescenza, rappresentano, anche metaforicamente, l’unico odore possibile.
“Questi
zombie sono molto diversi da quelli di Romero – evidenzia il regista - . In
quel caso la lettura è eminentemente politica. Il panorama descritto diviene
paradigma sociale, quello della società dei consumi, e gli zombie, privi di
intelligenza, incarnazione del consumatore acritico. Gli zombie di Lansdale
sono invece frutto della cattiveria umana”.
Il terzo
universo narrativo è quello di Stephen King, descritto attraverso il racconto La ballata della pallottola flessibile.
“King –
sottolinea lo scrittore e regista – ci descrive come sia sin troppo facile fare
la propria discesa nella follia, perdendo la testa. Ci mostra, in questo
racconto, come la follia ed il caso si sovrappongano e di quanto essa possa
essere contagiosa”.
King,
secondo le parole di Piccolo, ha invece grande rispetto per il suo lettore. Non
a caso “gli costruisce un palazzo bellissimo, lo invita ad entrarci, gli offre persino
il caffè. Poi lo conduce alla finestra per fargli ammirare dall’alto il
sontuoso giardino a corredo. A quel punto lo butta giù”, facendolo precipitare
negli abissi di un terrore senza ritorno.
** Le foto a corredo sono di Radio Siani e Gabriella Diliberto
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