domenica 13 febbraio 2022

Amleto: rivelare la verità attraverso l'arte, specchio della natura

 Amleto (o il Gioco del suo Teatro) per la regia e l'allestimento di Giovanni Meola è, come rivela il titolo stesso, un gioco. Un gioco cui sarà possibile assistere anche stasera, domenica 13 febbraio alle 18:00, al teatro Tram di Portalba.

Il gioco è penalizzato nella nostra cultura di riferimento, perchè viene associato a qualcosa di fanciullesco e in qualche modo di poco importante.

In realtà il gioco rappresenta, a tutte le età, uno strumento di crescita e di confronto, utile a allenenarsi, con leggerenza calviniana, nel role taking, l'assunzione del ruolo dell'altro, un momento in cui si indossano numerosi vestiti che apparentemente non ci appartengono. Serve a sperimentare, simulandole, varie situazioni di vita.

Poi c'è anche un altra prospettiva e ce la rivela la parola inglese joke, che significa scherzo. Mi viene in mentre un vecchio adagio che ci ricorda che "nello scherzo si dicono le cose serie".


 

E'  per questo che il principe Amleto, dopo che suo padre in sogno gli ha rivelato di essere stato ucciso per mano del fratello, decide di affidare al teatro, incarnato da un gruppo di attori che divengono specchio della natura, il compito di rivelare il vero. Per non dimenticare e per non spegnere il lume della ragione e della verità. Paradossalmente, però, in un mondo in cui le apparenze sono mistificatrici e la verità viene messa a tacere, per cercare di far prevalere la ragione il principe danese deve varcare i confini della pazzia.

Pare frutto di un gioco la rappresentazione che Amleto reclama. Poco più di uno scherzo, della facezia di un burlone, quei versi aggiunti quasi a caso per un divertissement, ma l'obiettivo del principe - filosofo è ambizioso: "continuare a essere e a esistere auteticamente per sognare". Ritrovare i sogni, dunque, e fugare gli incubi. Quelli che nascono dai complotti orditi da anime nere, scure come le pareti del palco del piccolo teatro Tram di Portalba che ospita la rappresentazione.

Il teatro, dunque, liberandosi da inutili orpelli e innaturali enfatizzazioni di situazioni e stati d'animo, rivela di avere un ruolo cruciale: riflettere la realtà, esserne specchio meno reale ma più vero, e far, parallelamente, riflettere su di essa.

Secondo le parole del regista, Amleto è uno dei personaggi più moderni della drammaturgia  e delle stesse tragedie shakesperiane. Non uomo idealizzato nè monolitico, bensì essere umano scisso, frammentato, corroso da dubbi e conflitti. Profondamente contraddittorio, laddove pensa una cosa e ne fa un'altra. Prende una decisione e poi fa un passo indietro.

Ofelia è la sua figura amata e complementare. Infatti, se Amleto vive il crollo delle illusioni e lo scollamento tra il dire e il fare, Ofelia non sa concepire una realtà diversa da come appare. Troppo onesta e tersa per concepire l'accusa infima, l'inganno e il complotto, questa figura, tragica , vittima dei demoni che la perseguitano al pari del protagonista, finisce per eclissarsi, forse per scelta o forse per tragica fatalità... l'opera originale e il regista non lo rivelano.


 

Sul palco si alternano solo tre attori ad interpretare tutti i personaggi, Solene Bresciani, Vincenzo Coppola e Sara Missaglia  della compagnia Virus Teatrali.

Assistente alla regia Chiara Vitiello e costumi di scena, all'insegna dell'essenzialità, firmati da Marina Mango.

 

Due voci femminili, in dialogo con quella maschile, che sgusciano fuori dalla propria pelle per entrare in quella di vari personaggi, partorendo e riparterendo, non senza sforzo, se stessi e interpretazioni sempre più sconsapevoli in un tourbillon, un vortice, che avvolge e stupisce lo spettatore. Una rappresentazione che alterna  diversi ruoli e che affida il cambio di ritmo e di ambientazione non a caratterizzazioni fisse e alla cristallizzazione di genere, bensì all'intensità della resa scenica, capace di traslarsi e traformarsi continuamente. 

 

A distanza di secoli le donne si riappropriano del palco, interdetto loro in epoca elisabettiana.

 

Ogni personaggio ha i suoi tormenti, amplificati da una cassa che rappresenta il rimbombo del dubbio nella coscienza. Un dialogo interiore esternalizzato attraverso una serie di domande rivolte all'amico Orazio, spettatore inerme dello scorrere di tanti fatti di tradimento e di sangue.

 


Ma il dubbio non viene mai fugato del tutto.

 

"Si tratta di un'opera densa di misteri e di cose non dette - rivela Meola - . D'altronde Shakespeare faceva parte della Compagnia del Ciambellano e tanti aspetti all'epoca, persino i più impensati, potevano assumere un significato politico. Se, per esempio, il personaggio della madre di Amleto fosse stato accusato esplicitamente di essere complice nell'assassinio del marito, quest'accusa sarebbe potuta suonare rivolta a Elisabetta nei confronti di Maria Stuarda".


Il riadattamento di Meola scompone e ricompone i frammenti della narrazione, li moltiplica in migliaia di potenziali specchi, incastri e punti di vista.

 

Il risultato è che lo spettatore, così come avviene per quegli specchi... non può non riflettere... su di sè e sulla sua identità; sulla vita con le sue inevitabili e ineliminabili contraddizioni; sul valore della cultura e del pensiero critico e sulla funzione del teatro che, attraverso apparenti infingimenti e giochi di ruolo, si fa veicolo di una consapevolezza profonda, capace di bucare il velo delle apparenze.


Ph. Nina Borrelli

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