L'epidemia, poi divenuta pandemia, da Covid-19 ci ha ricordato o avrebbe dovuto, che nessun organismo vivente può sopravvivere se collassa chi lo ospita. Che non siamo pezzi sparsi e superiori, bensì un tutt'uno con l'ecosistema, anche se stentiamo a comprendere e ad applicare questa consapevolezza.
I Nativi Americani, invece, lo sanno bene. Per questo, cercano di vivere in piena armonia con la natura, proteggendo i boschi, l'acqua, la madre Terra, quale grembo fertile e protettivo.
Raffaela Milandri, con il suo libro Gli ultimi guerrieri, viaggio nelle riserve indiane, edito da Mauna Kea, ci fa conoscere da vicino questi popoli fieri, battaglieri, ognuno dei quali ha attuato la propria strategia di sopravvivenza alle angherie dell'uomo bianco, che ha surclassato la loro cultura, i loro usi, costumi e tradizioni, attraverso un processo di assimilazione coattiva. Quelli che noi, in maniera poco accorta, a volte chiamiamo Indiani o Pellerossa, facendo di tutta l'erba un fascio, ricorrendo, peraltro, ad una definizione desueta.
Assimilare vuol dire traformare qualcosa che è altro, estraneo, in qualcosa di nostro, che ci appartiene. Succede con gli alimenti, quando vengono metabolizzati dal nostro organismo. Ma quando si tratta di assimilazione culturale, parliamo di un processo che cancella le differenze, che azzera l'altro da sè e la sua legittima identità specifica.
Raffaella Milandri apre il suo libro ricorrendo alla tecnica del come se. Come sarebbe il mondo, in particolare quello Americano, se i Nativi vivessero rispettati nella loro terra, nelle loro tradizioni, liberi di tutelarle e tramandarle, di lavorare seguendo i ritmi delle stagioni, in accordo con il loro spiriti guida, in una visione lontana da quella di un capitalismo spinto fino alle estreme deleterie conseguenze.
Poi dà al lettore alcuni validi consigli da road map. Un lettore da lei trattato in maniera familiare, quasi fosse un compagno di viaggio a cui fare da Cicerone, suggerendogli delle dritte e disvelandogli quanto ha imparato su questi popoli durante i suoi viaggi. Uno stile colloquiale che, però, non abdica mai al rigore del racconto basato sulla ricerca e l'analisi scrupolosa delle fonti e sulle interviste a testimoni privilegiati, portavoce dell'intera comunità.
Gli consiglia quale percorso prediligere, dove e come mangiare, dove pernottare, all'insegna del low cost e cosa sia assolutamente necessario fare, come ad esempio l'assicurazione sanitaria, o non fare, onde evitare di esporsi ad inutili pericoli, rispettando profondamente luoghi e spiritualità.
Il libro è disponibile in versione cartacea, ad alta leggibilità, con lettere grandi e l'utilizzo di un'interlinea che assicura un buon livello di comfort visivo. La versione e-book è arricchita da un ampio corredo fotografico a colori (da cui le foto che arricchiscono l'articolo, ad opera di Raffaella Milandri, sono tratte).
Ora lasciamo la parola a Raffaella che ci accompagnerà in un viaggio di conoscenza degli ultimi guerrieri e del loro universo di senso e significato. Guerrieri, questo è certo: i Crow hanno cercato di lottare agendo dall'interno, attraverso un'alleanza con quello che per molti è solo un nemico. I Lakota, dissidenti, contestatari, non hanno mai voluto scendere a patti, a mediazioni, a compromessi.
Due facce della stessa medaglia: quella della tutela e del disperato tentativo di sopravvivenza di una cultura dalle radici forti ed antiche, ma attaccate e minate da più parti.
D. Tu racconti la storia
di due tribù restituendo loro la dignità della verità storica.
Ti sei basata esclusivamente sui loro racconti?
R. No, certo, ho fatto
ricerche incrociate sugli archivi governativi statunitensi e su
molti siti gestiti da Nativi Americani, è una procedura che mi
permette poche imperfezioni
storiche. Anche se, come si suol dire, "la storia è sempre
raccontata dalla parte dei vincitori". Unire testimonianze
dirette e ricerche sia su fonti storiche che su siti e giornali
contemporanei mi consente un livello di veridicità che esula dal
soggettivo.
D. Sei stata adottata
dalla famiglia Crow di Cedric: ha cambiato ulteriormente la tua
visione del mondo e delle relazioni?
R. Certo. Essere accolti
come una persona di famiglia mi ha allargato la mente e il
cuore. Per me esiste quel puntino sul mappamondo, là in Montana,
a cui sono connessa ogni giorno condividendo gioie e preoccupazioni.
La accoglienza della famiglia Black Eagle è stata il chiaro
segnale della mia strada da seguire sul percorso a favore dei
popoli indigeni.
D. In che modo la tua
visione da occidentale, se si dà un senso maggiormente bilanciato al profitto,
può aiutare le tribù a difendere i loro diritti in un'epoca
permeata da un capitalismo spinto?
R. Innanzitutto , se
parliamo di profitto, loro sono molto distanti dal senso del
business che muove le vite degli occidentali e delle società
capitalistiche, come anche la Cina, ad esempio, che alla fin fine
seguono un modello eurocentrico.
Io credo che per loro
sia fondamentale ricongiungersi a quei diritti identitari che
possano supportare anche le loro economie, convogliando ad
esempio il turismo a loro vantaggio,
e anche il mercato del
loro artigianato che troppo spesso viene sfruttato dai Bianchi
per trarne profitto. Sto scrivendo una GUIDA ALLE RISERVE
INDIANE che ha lo scopo sia di divulgare la conoscenza sul mondo
dei Nativi Americani, sia sul modo di praticare un turismo
sostenibile che porti vantaggio alle loro comunità.
D. Oggi assistiamo ad
un boom di filosofie e religioni alternative, che parlano di
speranza e misticismo, e andiamo a cercare risposte in culture altre. Come vivi il contatto
con la spiritualità dei Nativi che plasma il loro rapporto, ad
esempio, con il tempo e con la morte?
R. Amo la spiritualità dei
Nativi ma lungi da me il cercare di emularla. Le radici di
ognuno sono profonde e non sopporto, tra l'altro, chi si ammanta
di conoscenze e tradizioni
di altri popoli,
soprattutto per profitto. E' la solita, vecchia appropriazione
culturale. Mi riferisco ai falsi sciamani bianchi, ad esempio. Quanto a me, il loro
modo di affrontare la vita mi ha infuso una certa serenità e ha
ampliato il mio discostamento dai ritmi della nostra
società consumistica . La diversità è un grande valore aggiunto.
D. Hai scelto uno stile
colloquiale, semplice ma rigoroso, in cui ti rivolgi
direttamente al lettore. Come mai?
R. E' lo stile che
contraddistingue il mio modo di scrivere, quello di rivolgermi
al lettore e di coinvolgerlo. Molti mi scrivono e mi dicono "mi
sembrava di essere lì con te". Ecco, questo è il più grande
complimento.
D. In un momento di
povertà e bisogni urgenti di sopravvivenza, in che modo il tuo
dizionario si propone di aiutare, offrendo un valore aggiunto alla lotta per i diritti dei Nativi Americani e
differenziandosi dalle iniziative di altre organizzazioni
umanitarie?
R. Bisogna distinguere tra
aiuto culturale e identitario di riscatto da un violento passato
di assimilazione culturale e aiuto concreto e finanziario. Oggi, a mio parere, è
ancora ben difficile costruire una rete di solidarietà economica
a favore dei popoli indigeni. Soprattutto oggi, che siamo
immersi in una crisi globale. La
solidarietà culturale passa, in Italia, attraverso i cuori di
chi ama i Nativi Americani, in special modo. Le organizzazioni
umanitarie mondiali si occupano di altro, ma l'ONU, ad esempio,
appoggia iniziative come quella del dizionario, infatti la sua
presentazione è stata inserita nel calendario degli eventi per
la salvaguardia delle lingue indigene dell'UNESCO.
D. I Crow hanno scelto
la sopravvivenza, i Lakota la libertà. In che punto queste due
popolazioni antagoniste sono riuscite ad incontrarsi per
riconciliarsi e curare le ferite del passato?
R. Oggi le tribù di Nativi
Americani condividono gli stessi problemi, e sono unite nel
salvaguardare i propri valori. I Crow e i Lakota, storicamente
nemici, oggi hanno certo alcune
differenze che li distinguono, ma poi rimane la base della
tutela della cultura, della terra, della tradizione. In realtà, sono molto più simili tra di
loro che non confrontati ad altre tribù . E' un discorso molto
lungo. Fondamentalmente, i
Crow rimangono sempre in buoni rapporti col Governo
statunitense. I Lakota sono, invece, i
guerrieri, i contestatori, vedi ad esempio il caso del lockdown
per il coronavirus: gli Oglala Lakota si sono opposti al
Governatore del Sud Dakota all'apertura delle strade nelle loro
riserve, perchè hanno deciso di
continuare a salvaguardare la salute dei propri membri.
D. A noi, così diversi
culturalmente ed emotivamente, cosa può insegnare il reale
recupero di questa memoria storica?
R. La cosa più importante
è il loro rispetto della terra e dell'ambiente. Ad esempio tra
loro ci sono i "Protettori dell'Acqua", persone che sono scelte
per salvaguardare l'Acqua che per loro è
un'entità viva, portatrice di vita. Il fatto poi che non siano
avidi di denaro, e che non sfruttino le risorse del territorio
per ricavarne denaro, è un valore molto
prezioso e tutti dovremmo interrogarci a tal proposito, come
racconto nel mio Liberi di non Comprare.
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