giovedì 18 maggio 2017

Lunadigas: le donne e la loro scelta di non essere madri

L'appuntamento è per giovedì 18 maggio, alle 21, al cinema Hart, in via Crispi, 33 a Napoli, con la proiezione del film-documentario "Lunadigas, ovvero delle donne senza figli", per la regia di Marilisa Piga e Nicoletta Nesler.

Chi sono le Lunadigas?

Nella lingua sarda indicano gli animali,  pecore perlopiù ma anche cavalle o capre, che per una stagione, o per sempre, "decidono" di non riprodursi, pur essendo, in alcuni casi, fertili.
Secondo il blog "Sogni digitali" il termine lunadigas sembrerebbe rinviare alla parola lunatiche. Secondo il dizionario Treccani, lunatico è un aggettivo derivato da Luna, con l'antico originario significato d'indicare:
  • chi patisce di accessi di pazzia ricorrenti con le fasi lunari;
  • per estensione, anche chi è epilettico, visto che l'epilessia era chiamata male lunatico perché si credeva dovuta a influenza della Luna.
Oggi, più modernamente, lunatico si dice di chi ha carattere strano, estroso, incostante, umore instabile e facile ad alterarsi. 

Insomma una persona "strana", ed inaffidabile, delle cui decisioni si diffida e che non si ritengono particolarmente fondate.
Marilisa Pigas e Nicoletta Nesler hanno deciso di intraprendere un viaggio tra queste donne, per capirne le ragioni e dar loro voce, per indagare e ricostruire i volti di questo fenomeno, che parla il linguaggio di una scelta, spesso anche dolorosa, di una presa di consapevolezza profonda, della volontà di autodeterminazione, del "desiderio di riprodursi in un altro modo", esprimendo se stesse attraverso una strada altra, senza rinunciare, in molti casi, anche se non in tutti, scelta ugualmente legittima, ai compiti di accudimento, ma nella veste di zia amica, insegnante, educatrice e così via.
Abbiamo fatto una chiacchierata con Marilisa Piga per saperne qualcosa in più di questo progetto documentaristico che parla la lingua del coraggio perchè sembrerebbe remare  "in barca a vela contromano", parafrasando il titolo di un film del 1997 per la regia di Stefano Reali. Cioè di affrontare un argomento "scomodo", andando in controtendenza.
D. Quali sono le radici dalle quali è germogliata l'idea di questo docufilm?
R. Il nostro intento era di scandagliare un aspetto dell'universo femminile. Abbiamo scelto da sempre di parlare di argomenti "poco frequentati", optando  per onestà intellettuale, di mettere al centro dei nostri progetti ciò che conosciamo meglio. In tal senso Lunadigas infrange, per una scelta  consapevole, una serie di "regole" cinematografiche e quelle caratterizzanti un iter di ricerca.
Il nostro viaggio, infatti, ha il sapore della ricerca, anche se non portiamo alla ribalta grandi numeri, come alcune ricerche che contano migliaia di casi. Ciononostante siamo riuscite a dare spazio ad una pluralità di voci, alternando testimonianze più ampie, riportate quasi integralmente, con spezzoni più brevi, quasi telegrafici. Abbiamo scelto le parti più significative, al fine di ricostruire un fenomeno. Potremmo dire che questa "fotografia" scattata equivale a una sorta di piccolo carotaggio. Ovviamente non potevamo esimerci dal seguire i tempi del linguaggio cinematografico, rispettandone l'andamento nella fase di montaggio. Ma di regole ne abbiamo infrante, ripeto con acuta consapevolezza, molte: da quella cinematografica che impone all'autore-regista di rimanere dietro la macchina da presa, a quella, più propria di un'indagine conoscitiva, di rimanere in un rapporto "oggettivo" e distaccato con l'oggetto di ricerca. Noi abbiamo scelto di far parte, in prima persona, delle voci indagate e narrate.

D. Voi, dunque, vi siete messe in gioco in prima persona. Protagoniste tra le protagoniste. In che modo?
R. Il documentario non è una sequenza ininterrotta di testimonianze di donne, un gruppo variegato per età e provenienza geografica. Abbiamo deciso, consapevolmente di interrompere le testimonianze, in alcuni snodi, per dare il nostro contributo in prima persona. Per tutte si tratta di un viaggio in un tema molto intimo, dove spesso, si ha il coraggio di scendere nel dettaglio.
D. Spesso siamo abituate ad assistere a film, documentari e campagne mediatiche che ci raccontano le difficoltà di diventare madri e volerlo essere ad ogni costo e nonostante tutto. Questo lungometraggio ribalta la visione. Chi sono le donne di cui parla?
R. Sono donne che hanno scelto di non diventare madri. Donne famose o anonime, giovanissime, giovani e meno giovani. Testimoni di epoche e luoghi, memorie storiche o semplici testimoni della loro propria esistenza. Donne che abbiamo incontrato quasi casualmente sul nostro percorso, donne che già conoscevamo ed abbiamo contattato. Donne che, venendo a conoscenza dell'iniziativa attraverso una sorta di passaparola, ci hanno contattato per "esserci" e raccontarsi. Dalla politologa Lidia Menapace all'attrice Veronica Pivetti, passando per la scienziata e astrofisica Margherita Hack. Il progetto è molto più vasto di quello che è confluito nel film vero e proprio che verrà proiettato all'Hart e lo testimonia il web-documentario. Ma ci riproponiamo di aggiungere nuove tappe a questo viaggio, coinvolgendo, ad esempio, donne di altre culture e dando spazio al controcanto degli uomini. In ogni caso si tratta di donne che, ieri come oggi, hanno avuto il coraggio di affrontare un tabù (che oggi forse è o dovrebbe essere meno forte di ieri): di essere una donna che è qualcosa d'altro rispetto ad una madre e che rifiuta pubblicamente questa condizione, una scelta che può lasciare sconcertati. Sono donne che hanno scelto di non avere figli,una scelta frutto di un percorso anche doloroso, e di realizzarsi, di esprimere se stesse in un altro modo o di dar vita a un altro tipo di "maternità". Noi abbiamo scelto di dar voce a tutti: a persone giovanissime, adolescenti di 13-14 anni anni, che naturalmente non hanno ancora fatto una scelta definitiva ma le cui opinioni in merito risultano molto interessanti, a donne giovani, giovanissime o in una fase avanzata della vita. Oltre alle donne che hanno scelto di non essere madri vi è anche la voce di donne, come un gruppo di giovani 24enni che stanno studiando per diventare ostetriche, che sostengono che una donna che non sia madre non è completa.

D. Il leitmotiv che fa da sottofondo al documentario, un leitmotiv canticchiato, dice "Scegliamo di essere come siamo, scegliamo la libertà". E poi c'è il Fertility Day... Cosa ne pensi?
R. Mi pare un grosso passo indietro, per molti versi inquietante e pericoloso. Una violazione del dovere/diritto di non ingerenza sul corpo delle donne, davvero pesante. Ognuno può decidere chi essere e cosa fare della propria vita. Una donna che decide di non essere madre, dunque, secondo l'ottica che è alla base del Fertility day, è improduttiva... Non credo... vuol dire che ha scelto di essere produttiva in un altro modo. E' un'ottica anche pericolosa, perchè conferma e riconferma che il ruolo della donna, o quantomeno quello dominante, è quello riproduttivo. Attenzione non si dice alle donne: "Studiate, laureatevi... andate all'estero, siate competitive... che ne so... più dei Cinesi....Si dice loro siate mogli e fate figli". Un'ottica passatista che si riflette anche nelle polemiche e nelle alterne vicende della legge sull'aborto. Al contrario ci sono donne anche in Italia che hanno scelto di orientare diversamente la loro vita, arrivando ad optare per una scelta definitiva e senza ritorno come quella della sterilizzazione. Semplicemente perchè hanno deciso che il loro percorso fosse un altro. Una scelta fatta con consapevolezza. Ovviamente hanno scelto di non esporsi... Già dichiarare di non voler avere figli, senza specificare il come... le espone alle critiche di madri ed amiche con frasi del tipo "Se perdi questo treno... Se fai questa scelta poi te ne pentirai".

La realizzazione del film è stata resa possibile dai contributi della Regione Sardegna (Assessorato della Pubblica istruzione, Beni culturali, informazione Spettacolo e Sport), della Fondazione di Sardegna, dell’IDM Alto Adige e della Roma Lazio Film Commission. Un viaggio in bilico tra percorsi esistenziali incrociati e la storia di varie terre, che oltre a dare voce alle donne, la dà anche ai luoghi, ai paesaggi, alle tradizioni culturali.

Per visionare il trailer è possibile cliccare qui

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