Raffaella Milandri: ossia una donna che incarna, nelle sue azioni, nei suoi racconti, nelle sue battaglie, il motto che "Crederci è potere" e che si può scegliere, a costo di coraggio, sacrifici e rinunce, il proprio modo di essere nel mondo.
Raffaella racconta il "suo modo di esserci" e quello di altri uomini liberi, che hanno avuto il coraggio di scegliere come "patria adottiva" un territorio inospitale, una terra selvaggia e lontana, per inseguire un sogno attraverso modalità di vita più dure ed estreme ma parimenti più "umane".
Raffaella racconta nel libro In Alaska. Il Paese
degli Uomini Liberi di Raffaella Milandri, Edizioni, edito da Ponte Sisto (2017) la sua esperienza di viaggio, che oltre ad essere un viaggio nelle latitudini geografiche rappresenta un percorso esistenziale, di confronto con le sue paure, con i timori e le convinzioni autolimitanti. Un percorso, dunque dentro e fuori se stessa,
Un viaggio ai confini del mondo non per affrontare lupi o orsi, bensì i propri demoni, seguendo
le orme di Jack London. Un viaggio alla riscoperta dei propri istinti atavici, affievoliti, finanche anestetizzati, dalla società moderna. Una riscoperta, progressiva ed avvincente, della forza dei propri cinque sensi, sole "bussole" se si vuole sopravvivere in un territorio dove la ragione non ha la meglio nè terreno fertile.
Diecimila chilometri di viaggio in solitaria in
Alaska... un viaggio in cui Raffaella - fotografa, scrittrice e attivista per i diritti umani- percorre i sentieri dei cercatori d’oro, dei pionieri,
e dei cacciatori di balene. Ai confini del mondo, l'autrice si imbatte, a sorpresa, in una
natura umana forte e gentile, ma tocca con mano i risultati catastrofici del
riscaldamento globale e delle crudeltà dell’Uomo Bianco. Il suo io si perde e riscopre la sua vera essenza oltre i limiti del Circolo Polare, dove il silenzio, tra i ghiacci, e la solitudine forzata, che costringe ad ascoltarsi, raggiunge le vette più alte. Ed allora... o si sfiora la pazzia o si raggiunge una più profonda consapevolezza di sè...
"Sarà il capitano Roy, del popolo
Inupiaq - si legge nella sinossi del libro - ad aprirle le porte alle tradizioni antiche della sua gente, ma anche
a rivelarle la dura realtà di un mondo senza scrupoli in lotta per il petrolio
e per il denaro; un mondo dove l’orso polare-il gigante gentile dell’Artico- è
tra le prime vittime di cambiamenti irreversibili".
In Alaska, che assurge praticamente e metaforicamente a “ultima Frontiera” si gioca la partita tra una vita comoda, moderna e consumistica ed un'incertezza costante che sa scavare dentro ma anche restituire emozioni vere, vivide e profonde e che ha il sapore della libertà da conquistare ogni giorno.
Per conoscere meglio Raffaella ed il suo impegno umano, dispiegato anche attraverso lo strumento della sua associazione, un impegno che va ben oltre l'ambito editoriale, di seguito potete leggere la sua intervista completa.
D. Di cosa si occupa la tua associazione?
R. Innanzitutto creare una associazione mi ha dato modo di avere "potere" di agire a livello sociale ed umanitario.Tante volte, come attivista per i diritti umani, ho stentato ad avere spazio sui media tranne che per i miei viaggi avventurosi e pericolosi.Lo scopo principale con cui ho fondato la Omnibus Omnes Onlus è innalzare il livello di coscienza sociale, attraverso eventi e campagne, ma anche aiuti concreti come quello per Arquata del Tronto, dove abbiamo già consegnato 61 borse di studio e adessoil 30 giugno consegneremo il primo bonus bebè di 2000 euro. La collaborazione con la Onu Italia Unric è un punto fisso importante, con la celebrazione di varie Giornate a ONU tra cui non poteva mancare il 9 agosto, la Giornata Onu dei Popoli Indigeni. Tra i progetti all'estero, ho curato una campagna per il Nepal dopo il terremoto e c'è in progetto una campagna per la salvaguardia della cultura dei Boscimani del Kalahari che spero di supportare presto con un mio nuovo viaggio.
D. Come si lega al tuo lavoro di documentare la vita nel resto del mondo e al tuo impegno di attivista per i diritti umani?
R. La associazione segue i miei movimenti all'estero, come è successo in Nepal, e le mie amicizie tra i popoli indigeni. E' un modo per implementarequello che già facevo, anche se da agosto 2016 in poi ho stoppato i viaggi per dedicarmi al terremoto del Centro Italia che ha ancora tante emergenzeLa situazione umana è ancora catastrofica e molte persone soffrono duramente per essere state "deportate" lontano dai propri Paesi, peraltro completamente distrutti
D. Quali sono le tappe precedenti, in termini di viaggi di scoperta, che ti hanno condotto al tuo viaggio in Alaska?
R. Il viaggio in Alaska , e quindi il mio libro, hanno un filo comune coi precedenti: la narrazione di un mio avventuroso viaggio in solitaria, la storia di un popolo indigeno da salvare, e il racconto dell’ incredibile abisso che separa ormai l’uomo “globalizzato” dalla natura e dalla essenza stessa dell’essere umano. Oltre alla mia incredibile e preziosissima esperienza con gli Inuit, lassù alla fine del mondo, la vera scoperta del viaggio (anzi sono due i viaggi che ho fatto in Alaska, uno d'estate e uno d'inverno) è che la natura può essere ancora signora e padrona, e che è fondamentale che il nostro io ritrovi la forza straordinaria dell'uomo: i cinque sensi, l'istinto, la lotta per la sopravvivenza. E' stato un viaggio dove la solitudine e la libertà sono andate, struggentemente, a braccetto.
D. Quali sono i momenti che ti hanno più emozionato e che ritieni più significativi di questo viaggio?
R. Sicuramente i tesori che ho trovato sono gli animi di persone -bianche- indomite, coraggiose, che hanno scelto la libertà nella natura e hanno deciso di pagare il caro prezzo di rinunciare al bagaglio delle comodità, del denaro, della vita "mondana".Ho conosciuto persone che mi porto sempre nel cuore e che mi hanno insegnato tanto, mi hanno emozionato tanto. Senza i fronzoli della "società civile". Senza "tacchi a spillo". Poi, sono stata accolta lassù dai ghiacci dagli Inuit con una fiducia che non ha prezzo. Li rispetto e li proteggo, per quello che posso, nelle loro tradizioni superstiti, sopravvissute all'Uomo Bianco.
D. I punti di maggiore vicinanza tra le due culture (la tua e la loro)? E di lontananza?
R. Chiunque sia rimasto fedele a sè stesso nel rispetto del proprio modo di essere, chiunque conduca una vita semplice e non si faccia travolgere dagli "obbrobri" del nostro stile di vita -traffico, consumismo, falsità etc etc- è vicino agli Inuit e a tutti i popoli indigeni.
D. Com'è nato e come si è sviluppato il libro dove è confluito questo tuo viaggio così particolare?
R. Ogni mio libro, e questo è il quarto, nasce da un mio viaggio, e ne ho ancora tanti da scrivere. In realtà è stato l'editore, Ponte Sisto, che ha deciso quale libro io andassi a scrivere. Ha scelto l'Alaska, credo perchè oggi, attraverso le pagine di un libro, si abbia bisogno di sognare e di aspirare a libertà, grandi emozioni, panorami infiniti, e sentimenti positivi. Una volta che l'editore ha descritto il suo progetto editoriale per "Alaska", per me è stato come tirare fuori un fiume di emozioni dal cilindro, che erano lì pronte, e vive, ad essere raccontate per ispirare i lettori.
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