venerdì 7 settembre 2018

Estelle di Massimo Piccolo: quell'ossigeno che ci fa amare e vivere

Ho letto Estelle. Storia di una principessa e di un suonatore di accordion di Massimo Piccolo, edito da Cuzzolin, nella pausa di relax agostano.



Questo libro ha saputo essere refolo di frescura nelle giornate afose e magia e fiamma che scalda il cuore in quei pomeriggi di pioggia incessante che hanno caratterizzato la seconda metà di questo mese rivelatosi così strano.

Perchè Estelle è così: una storia che sa regalare all'anima ciò di cui ha bisogno, sapendo cambiare, sapientemente ma anche repentinamente, direzione al racconto ed ai toni e facendo spazio alla sorpresa, alla meraviglia, ma anche alla tristezza ed alla nostalgia.



Estelle, apparentemente, ha l'impianto di una fiaba classica : storia di una principessa di un regno lontano, che avrebbe voglia di scoprire il mondo, ma che una serie di circostanze mantengono chiusa nella sua gabbia dorata.

Un po' come accade  all'affascinante Jasmine. Ma in questo impianto irrompe sempre un sentimento, un'emozione, una sensazione, inaspettati. Che sia il desiderio che scompagina le previsioni ed i programmi o la nostalgia che porta una nota stonata nella apparente quiete quotidiana, la favola assume spesso il sapore della realtà che ognuno di noi vive, seppur trasposta in un luogo magico e lontano.

Il desiderio così irrompe sulla scena e fa riconoscere due anime simili, seppur appartenenti a contesti e situazioni di vita antitetiche. Li fa sfiorare per poi toccarsi. Fa intrecciare i loro respiri. Li porta a cercarsi anche se nel loro incontro iniziale già si presagisce la sofferenza ed il distacco.



Estelle è una favola che dell'amore tocca tutte le corde. Un amore paterno che si traduce in iperprotezione, che vorrebbe salvare ed, invece, in qualche modo, finisce per condannare. Ed ancora, quell'intensa vibrazione che travalica le differenze e si manifesta nonostante tutto, che continua ad ardere anche quando sembrerebbe che manchi la giusta quantità di ossigeno per bruciare. Ma anche quel sentimento quieto che sembra poterci dare serenità perchè ci permette di non mettere in discussione alcune rassicuranti certezze...

Ossigeno che può trasformarsi in una possibilità di un respiro più ampio o in musica, attraverso l'uso sapiente dell'accordion, il mantice che fa calare una coperta blu su tutti, lasciando indenni dal torpore solo i due protagonisti, vibranti e finalmente davvero vivi e liberi di esprimersi al di là dell'etichetta.



La prosa è semplice e ricercata insieme, ed anche in questo caso Massimo Piccolo sa sottrarre la storia narrata alla banalità. I personaggi sanno attirare insieme, mescolandole, simpatie ed antipatie. Le sapienti ripetizioni di alcune frasi,  marchi di fabbrica tipici di situazioni e di personaggi, divengono un leitmotiv che sa imprimere il giusto ritmo.

Infatti, come dal tono di voce di una persona, dal suo modo di pronunciare e scandire un nome, se ne può intuire lo stato d'animo, così quelle frasi ci immergono nei sentimenti dei protagonisti e rendono il lettore compartecipe degli stessi.


E poi ci sono i dolci ed i vini, che ci portano il profumo, il colore ed il sapore di usi e tradizioni, che diventano viatici e portavoce di diverse culture, ma anche di momenti di incontro e di aggregazione, strumento di conforto e delizia del cuore e non solo del palato.

Il messaggio che Estelle lascia, a mio parere, assieme ad un sapore amaro e dolce insieme che si insinua in bocca e nel cuore, è che per amare, ed in definitiva per vivere, bisogna rischiare: abbandonare nidi e porti sicuri, sbugiardare le proprie stesse aspettative, cambiare direzione repentinamente. in barba ai lacci della paura, graffiarsi le mani pur di scoprire cosa possa esserci oltre.

Massimo Piccolo, come un audace ed esperto nocchiero, conduce il lettore tra i flutti di questa storia, dalle mille sfumature alla scoperta del finale, che, a non volersi fermare all'apparenza, potrebbe essere inizio di nuove storie.

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