lunedì 4 maggio 2020

Fibromialgia: la malattia che ci racconta la storia delle emozioni negate


Riflettori accesi sulla fibromialgia. 

Un’attenzione in crescita verso una malattia misconosciuta fino a poco tempo fa, ma che oggi vede un susseguirsi di iniziative per farla conoscere e riconoscere, con la possibilità, attualmente allo studio, di inserirla nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza.

Come spesso accade, l’attenzione si è accesa quando è emerso che a soffrirne sono anche alcune star dello show business, con Lady Gaga in testa, che pare, qualche tempo fa, abbia addirittura dovuto annullare una serie di concerti, a causa dei dolori cronici e dei veri e propri blocchi muscolari.
In generale, perché, almeno per alcuni (perché anche qui gli esperti si dividono, facendosi portatori di opinioni e motivazioni contrastanti) è così importante, per chi ne è affetto, che venga inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)?

Come si legge sul portale de La legge per tutti, la sindrome fibromialgica, le cui cause sono in parte sconosciute e che è una malattia sistemica, perché colpisce numerosi organi ed apparati, è sulla strada giusta per essere riconosciuta come patologia invalidante, con relativa esenzione sanitaria di tutte le prestazioni correlate.

Si tratta di una patologia subdola, tanto da far tacciare chi ne soffre di ipocondria, come se si avesse a che fare con una sorta di malato immaginario. Una malattia che presenta oltre cento sintomi, che non è possibile rilevare, come sottolineano gli addetti al settore, attraverso esami diagnostici e di laboratorio, ma solo attraverso i segnali riferiti dai pazienti stessi ed attraverso una digitopressione effettuata dallo specialista sui cosiddetti tender points, cioè punti nevralgici del corpo che rispondono ad una pressione lieve con un dolore acuto, la mialgia appunto. 



Gli effetti sono davvero invalidanti e condizionano pesantemente la quotidianità, personale, lavorativa, amicale, di chi ne è affetto, a causa della rigidità muscolare, che può addirittura arrivare a bloccare una persona, del dolore cronico  e di altri sintomi, come la debolezza generalizzata, i mal di testa frequenti, i dolori addominali e muscolo-scheletrici, il colon irritabile, le difficoltà di concentrazione, la cosiddetta fog, una nebbia che avvolge i pensieri, impedendo di studiare ed applicarsi in attività di concetto.

Senza dimenticare, tra le altre spie di un malessere sotterraneo e costante, uno stimolo continuativo ad urinare: si tratta della cistite interstiziale, che non è legata ad un’infezione batterica, bensì ad un’anomalia nella contrattura dei muscoli pelvici.

Persino attività apparentemente banali come leggere o utilizzare il computer, camminare anche per brevi tratti, stare in piedi o seduti a lungo, trasportare piccoli pesi, di entità moderata, diventano una fatica immane ed un’impresa titanica.

A presentare la proposta di legge, tale da riconoscerne la natura altamente invalidante, i senatori Boldrini e Parrini.

Inoltre, è in programma la creazione di un registro nazionale: monitoraggio e statistiche, corsi di formazione ad hoc per il personale sanitario, studio e ricerca sulla malattia e l’istituzione di ambulatori e centri specialistici, per restituire al malato l’autonomia progressivamente persa, e con essa l’indipendenza decisionale, e riconsegnargli, letteralmente, la gestione della propria vita, andata alla deriva a causa della patologia.

Come già detto, le cause di questo malessere sistemico sono ancora ignote, ma si suppone un complesso intreccio di fattori, anche di natura psicosomatica, tanto è vero che la fibromialgia è stata anche definita come la malattia delle emozioni negate e represse.

Ecco perché abbiamo deciso di parlare con la psicologa e psicoterapeuta Emanuela Grazzini, che ha condiviso con noi alcuni importanti risultati, frutto di sue ricerche tematiche e del lavoro sul campo, dipanatosi nel corso degli anni.

Tanti i temi toccati: dagli scompensi psichici derivanti dai ritardi diagnostici e dalle peregrinazioni tra diversi medici agli stati depressivi indotti dal dolore cronico, fino ad arrivare alla progressiva perdita di autonomia. Una condizione spesso inasprita dalla difficoltà nello spiegare perché si sta così male, che riesce a tenere la vita quotidiana letteralmente in ostaggio, bloccata in uno stato di sospensione, costringendo chi ne soffre a fare i conti anche con gli ostacoli frapposti all’essere creduti e compresi dagli interlocutori.



Insieme a Emanuela Grazzini, però, percorriamo anche la strada di una possibile rinascita, che passa attraverso la progressiva riconquista di un contatto autentico con se stessi, mediante il ricorso a strumenti psicoterapici e psico-educativi che consentano un’elaborazione profonda del messaggio che la malattia porta con sé, la condivisione delle esperienze e l’emersione da una condizione di isolamento sociale.

Buone notizie in arrivo:  in programma alcuni gruppi terapeutici per malati di fibromialgia presso il Centro Iperbarico di Ravenna.


D.    Quali sono i rischi psicologici cui espone la diagnosi ritardata, con la peregrinazione da un medico all'altro e l'essere tacciati di essere malati immaginario o di psicosomatizzare a causa dello stress?

R. La peregrinazione da un medico all’altro espone la persona alla ricerca estenuante di una “identificazione” che tarda a venire. Questo comporta da un lato, un carico emotivo dettato da frustrazione, rabbia, paura, sconforto, dall’altra l’innesco di un circolo vizioso per cui si rischia una destabilizzazione rispetto la propria identità, per cui, più sono costretto a ricercare nell’altro un “riconoscimento” diagnostico oggettivo (non interpretativo) più rischio di sprofondare nell’oblio dell’incertezza esistenziale, coinvolgendo il senso e il valore di me, prima di tutto come persona, anziché come malato. Questo può inscenare degli scompensi psichici per cui si comincia addirittura a dubitare di sé e del proprio vissuto interno “e se questo dolore fosse davvero frutto della mia fantasia?” con il rischio di provocare dei fenomeni dissociativi come prodotto di eventi traumatici.

       D. Il dolore cronico facilita l'instaurarsi di stati depressivi e l'alterazione del carattere di base?

R. Il dolore cronico, essendo causato da un sistema neurofisiologico di errata lettura delle componenti legate alla percezione del dolore, in termini di allodinia e iperalgesia, può facilitare nelle persone predisposte uno stato depressivo. Questo poiché alla base del buon funzionamento di lettura del dolore appare esserci una riduzione del neurotrasmettitore serotoninergico, tale per cui a livello neuronale, esso rimane incapsulato nella cellula anziché renderlo usufruibile. La serotonina è il neurotrasmettitore deputato alla stabilizzazione del tono dell’umore nei vissuti depressivi. Per quanto riguarda una “alterazione del carattere di base”, non vi sono prove certe, tuttavia ciò che può cambiare è il mondo emozionale, fortemente disregolato, implicando delle manifestazioni che possono generare destabilizzazione.

D.    La scarsa resistenza a stress, pressioni emotive (con riduzione della capacità di problem solving) e fatica fisica possono indurre stati depressivi, calo dell'autostima, sentimenti di inadeguatezza, legati al progressivo isolamento sociale vissuto ed all'impossibilità di fare tutte le cose socialmente richieste? 

R. Uno degli elementi che ricorrono più frequentemente nel vissuto della persona con FM è il valore psico-emotivo affidato al senso di auto-efficacia, in altre parole al “fare”. Il dolore frena, rallenta o addirittura immobilizza la persona fino ad arrivare a una dispercezione della propria efficacia nel mondo. Nel “fare” si racchiude la “testimonianza” pratica del Sé, attraverso cui si può dare prova della propria esistenza. Non potendo “agire” come si vorrebbe, non riuscendo a percepire il senso della propria efficacia-nel-mondo, si rischia di mettere in discussione il valore di sé: “ormai non servo più a niente”. In questo caso si presenta un corto circuito psichico per cui “il mio valore esiste, se lo posso dimostrare dando prova di me”. Se si è impossibilitati nel farlo il rischio di percepirsi come “fallimentari”, può condurre, nelle situazioni peggiori, ad annullare sé stessi, per cui “niente ha più senso”; “io non mi riconosco più, facevo miliardi di cose prima”. Compare il bisogno di rendere consapevole il proprio valore a prescindere da ciò che richiede la spinta verso il “fare per essere”; un valore per cui “sono perché semplicemente esisto” che è racchiuso nel Sé integrato e non più frammentato dalle conseguenze causate dalla malattia.

D.  Come si può reagire per ritrovare se stessi ed un adeguato regime di attività?

R. Prima di tutto va detto che per migliorare la propria condizione di fibromialgico si può fare molto. Come dico spesso, creando anche stupore negli occhi dei pazienti, la FM porta con sé un “messaggio” esistenziale che va riconosciuto ed elaborato. Per farlo è necessario lavorare sulla propria storia, le proprie abitudini, al proprio modo di “pensare” per rielaborare il proprio “sentire” attraverso un auto-apprendimento funzionale. Chiaramente per ritrovare sé stessi e ritornare a fare le cose “normali” della vita di tutti i giorni, è necessario lavorare in termini psicoterapeutici e psico-educativi per rielaborare i frammenti del Sé profondo e ricondurli attraverso il processo di integrazione ad una nuova consapevolizza e conoscenza di sé.

D. Esiste un modo per innalzare lo stato vitale, senza ricorrere agli psicofarmaci?

R. Certo che sì. Attraverso una propria disponibilità a lavorare su di sé, poiché la FM potrebbe anche essere vissuta (chiaramente quando si ha raggiunto uno stadio più maturo di consapevolezza) come una opportunità per rivedere, riparare, ristabilire, ciò che attraverso la malattia si manifesta in termini disfunzionali, offrendosi una opportunità di “ri-nascita”.

D.  Quanto è importante aver modo di condividere le esperienze e confrontarsi da un lato con esperti e dall'altro con altre persone che vivono la medesima condizione?

R. Confrontarsi con gli esperti è molto importante. Tuttavia, non tutti sono “esperti” e questo porta inevitabilmente a prestare attenzione a chi ci si rivolge. Ciò che conta è riconoscere uno specialista con cui si può costruire un rapporto di fiducia e di collaborazione, in modo da sentirsi tutelati e protetti, riconosciuti e seguiti attraverso tutti le oscillazioni che la malattia comporta. Proprio per questo la cosa migliore sarebbe quella di affidarsi ad un’equipe multidisciplinare, in cui al centro c’è la persona. Condividere la propria esperienza con altre persone che soffrono di questa stessa malattia, è fondamentale, soprattutto quando i propri vissuti vengono raccontati in termini di “presa di coscienza” non solo in termini di dolore e assunzione di farmaci.  Questo facilita il crearsi di un ambiente positivo in cui l’approccio alla malattia ha un respiro più ampio e costruttivo rispetto ai momenti più critici, senza tralasciare o minimizzare i momenti più leggeri. In questo modo si impara a enfatizzare e amplificare gli aspetti di auto-determinazione e di centralità di sé sulla malattia. 




D. Qual è il legame tra fibromialgia e emozioni taciute, represse e negate?

R. Dai recenti studi sembra che uno dei fattori scatenanti la FM sia una ipersensibilizzazione del Sistema Nervoso Centrale, tant’è che viene ormai definita come Sindrome da Sensibilizzazione Centrale. La domanda che ci si è posti è: “cosa ha contribuito alla manifestazione della malattia?” Ebbene, dal punto di vista funzionale del Sistema Nervoso Centrale si è potuto dimostrare che eventi traumatici di tipo emotivo (legati per lo più al periodo dell’attaccamento) e/o fisico (legati ad incidenti, eventi catastrofici) possono aver facilitato la sua insorgenza. Questo è tanto più vero quanto più precoce è stata l’età in cui il trauma è accaduto. L’impatto traumatico, con le sue conseguenze a livello di equilibrio interno, porta con sé dei contenuti che non sempre possono emergere “in tranquillità” poiché il dolore, rispetto l’evento, sarebbe troppo violento. Il nostro cervello possiede diversi livelli di auto-protezione, per cui non tutto viene fatto risalire “dal basso verso l’alto”, cioè dal mondo profondo verso la coscienza o mondo razionale. Ciò non significa però che quei contenuti rimangano a lungo silenti. Uno o più eventi traumatici amplificano le difficoltà nell’affrontare le avversità della vita, sentendosi “impotenti” o inefficaci; a lungo andare si crea una sorta di logorio del Sistema Nervoso che impara a rispondere in modo abnorme di fronte a qualsiasi evento, innescando un meccanismo di continua iperattivazione e stato di allerta, in cui il mondo emotivo si dis-regola. Il dolore cronico della FM è un urlo mai espresso, è una ferita profonda mai riparata di cui non sempre si è consapevoli.

In programma (anche se non è ancora nota, naturalmente, la data effettiva di avvio) alcuni gruppi terapeutici per malati di fibromialgia presso il Centro Iperbarico di Ravenna.










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