Tramonti di cartone non racconta una sola storia ma
tanti frammenti di storie: frammenti aguzzi, taglienti, che restituiscono al
lettore dei segmenti di speranze disilluse, di paure, di ossessioni e di
possessioni.
Sì perché si può essere posseduti: da una paura che diventa
nevrosi, da un legame che diventa legaccio, dal un amore finito o interrotto
che si rifiuta di sfumare nella dolcezza del ricordo, ma resta arpionato al
cuore, creando un dolore costante, con picchi acuti.
E’ il senso acuto della
separazione, dell’abbandono, della perdita, accompagnato però anche dalla
speranza di non essere davvero soli. Una speranza che nasce da una condivisione
autentica, trovando il proprio presupposto in una comune radice umana di
fragilità, fallibilità e caducità, ma anche di empatia e resilienza.
Il tramonto, come sottolinea uno degli autori,
Marcello Affuso, è proprio questo: un momento di passaggio verso nuove fasi e
consapevolezze. E’ la luna che ancora deve spuntare; è il sole che sta per
immergersi nel mare o nascondersi dietro un massiccio montuoso.
I tramonti, poi, sono di cartone: infatti, è
sul cartone che si possono sfumare meglio le tonalità pastello, quella arancione
di un meriggio intenso; quella marrone di un terreno fecondo, che però a volte
diviene arido e bruciato; quella verde dell’erba fresca ed odorosa, che ha il
colore ed il sapore dei nuovi inizi possibili all’insegna del riscatto.
Un
effetto alchemico ottenuto fondendo insieme varie nuance, anche quelle
apparentemente più in contrasto, con le fibre legnose del cartone, che,
talvolta, in seguito a forti sollecitazioni, possono anche accartocciarsi, fendersi,
deformarsi, “ferirsi” con grande facilità.
Il fascino e l’intensità di questo dialogo a più
voci, dove si sommano vari monologhi interiori, con Valentina Bonavolontà,
Giulia Verruti, Marcello Affuso, che trovano il loro contraltare nei disegni di
Federica Crispo e nelle foto di Erica Bardi , risiede nel fatto che gestalticamente, sappiano dare vita ad
una qualità emergente, ad un tutto
che ha in sé qualcosa di molto diverso e più ricco della mera somma delle parti.
E’ la possibilità concessa, non scontata né usuale, di guardare un medesimo
frammento esistenziale riflesso e moltiplicato in vari specchi, da più
angolazioni e prospettive, declinandolo attraverso diversi codici espressivi:
la poesia, la prosa, i disegni, le fotografie.
Una perfetta specularità e
complementarietà li caratterizza, ma in ciascuno di essi si respira forte anche
la storia e il percorso specifico, l’identità, del suo autore.
Un’identità che,
pur non perdendosi né annullandosi, sa farsi, attraverso un processo di
sapiente amalgama, avvenuto in maniera naturale, senza forzature, scambio e
confronto, collettività.
Ne nasce un percorso di costante ricerca di sé, tra
occasioni afferrate, in extremis, in
ostinata controtendenza, sull’orlo di una presa di consapevolezza e di una
dimostrazione del coraggio di essere e diventare se stessi. Di possibilità
perse, mancate, sfumate. Di promesse fatte, mantenute, violate. Di ritrovamento
e di riconoscimento di se stessi, per poi rispecchiarsi nell’altro, tra
somiglianze e differenze, pur nel rispetto della sua imprescindibile ed
irriducibile specificità ed alterità.
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