venerdì 15 novembre 2019

Mamma mà: la maternità tra gioie e paure in un monologo dalla forza vulcanica


L’espressione italiana Mamma mia viene usata per esprimere (come si legge, tra gli altri, nel sito  http://pinkitalia.it ) sentimenti di stupore, di rabbia, di entusiasmo, di spavento, di paura. Assume il valore di rafforzativo e ci conferma una consapevolezza atavica: la mamma è sempre la mamma, a partire da quella per eccellenza, la Vergine Maria, è rimane lei il principale punto di riferimento, soprattutto nei momenti più difficili.



In lingua partenopea l’espressione diviene ancora più immediata, stringente, incalzante ed assume la forma di “Mamma mà”. Noia, fastidio, gioia, stupore: tutto è sottolineato tramite quest’espressione idiomatica, che si pone a metà strada tra uno sbuffo,  un grido di giubilo ed un punto esclamativo.

Mamma mà è anche il titolo dello spettacolo  scritto da Massimo Andrei per la regia di Gennaro Silvestro e prodotto da Teatro Insania

Ad interpretare questo monologo è Daniela Ioia,  che approda al Teatro Tram di Portalba, dopo la felice esperienza nella quarta stagione di Gomorra e dopo aver interpretato Donna Armida nella versione cinematografica de Il sindaco del Rione Sanità, diretta da Mario Martone.

L’attrice partenopea regge la scena con un’energia vulcanica, in un monologo caratterizzato da un ritmo incalzante e serrato, in cui si alternano vari scenari e dove, dietro alla maschera del riso, si insinuano situazioni che recano pensieri e parole mai banali: dalla difficile trafila da affrontare per una fecondazione artificiale, che dilania l’anima, espropriando la donna del propri tempi e ritmi naturali e del proprio corpo, alla crisi del rapporto, davanti a quella che viene percepita come un’incapacità di riprodursi adeguatamente. 



Dall’amore interetnico ed interraziale, alla violenza di genere, che dimostra come i “mostri” spesso siano ben diversi da quelli che immaginiamo e siano molto più vicini alla nostra quotidianità.
Il monologo gioca con gli stereotipi ed i pregiudizi, li disvela ed infine li smentisce. 

C’è posto anche per una mamma vamp, in corsa contro il tempo per paura dei suoi morsi, che assumono la forma di rughe, che si divide tra medici, estetiste e psicologi. Parlando degli incubi e delle fisse ossessive dei propri figli, questa mamma, che ha paura di incamminarsi sul viale del tramonto, rivela i suoi propri timori e la sua strenua voglia di piacere e sedurre ancora, fugando lo spettro della solitudine. 



Lo fa usando un linguaggio pseudo-colto e, nelle sue intenzioni, radical-chic, capace, attraverso strafalcioni e frasi sconclusionate, di produrre effetti esilaranti per gli spettatori. 
Se i bambini, per imparare e crescere emotivamente, devono divertirsi, questo monologo ci mostra quanto l’applicazione di questo principio sia fondamentale anche per gli adulti, in maniera trasversale.

Enza Amato, nell’attesa del responso del suo test di gravidanza, e con la speranza di ricevere la buona novella grazie all'intercessione di Santa Maria Francesca o di Santa Patrizia, incontrerà tre tragicomiche donne, capaci di dare visi, corpi, storie, esistenze e parole ai suoi dubbi e alle sue perplessità circa il difficile compito di essere una madre all’altezza di ogni possibile situazione. Non gli spiriti del Natale passato, presente e futuro, bensì tre figure muliebri contemporanee, figlie di diversi contesti socio-economici, culturali e relazionali. 

Un monologo da leggere in controluce e da varie angolazioni e prospettive: perchè se da un lato a farla da padrone sono i diversi modi di essere madre, che nutrono dentro di sè, per poi darli alla luce, i vizi  e le virtù di una cultura dalle mille contrddizioni, dove le zone d'ombra si alternano alle chiazze di luce accecante; dall'altra, tra le pieghe di questo testo, si annidano gli usi, i costumi, le tradizioni, i miti ed i riti, di una città dall'identità e dalla spiritualità multiforme, l'unica in grado di mettere d'accordo, come sottolineava l'antropologo Ernesto de Martino, sacro e profano, espressi dalla sintesi tra preghiere dall'intenso afflato religioso e gesti scaramantici, in grado di contrastare ogni tipo di jettatura.



E Daniela sa ben esprimerne l’essenza, non tanto e non solo attraverso gli abiti e gli oggetti di scena, quanto piuttosto attraverso le espressioni del viso, i gesti e la prossemica del corpo, capace di trasfigurarla e di trasportare lo spettatore in una dimensione altra.
Però adesso basta rivelarvi il contenuto di questo brillante monologo. Non vi resta che viverlo ed immergervi nelle sue emozioni.

Dove? Stasera 15 novembre a La bottega di Caserta: fate ancora in tempo, perché è alle 21.
Sabato 16 e domenica 17 novembre al Teatro Rostocco di Acerra
Sabato prossimo,  23 novembre, ad Airola. Il 12 gennaio 2020  toccherà a Pontecagnano nell’ambito della rassegna Assolo. Un bell’augurio per il nuovo inizio d’anno.  Il 18 e il 19 gennaio 2020 al Teatro Civico 14. 



L’8 marzo quale migliore festa delle donne, se non quella “pensante”, in compagnia di una commedia tutta al femminile, al Teatro Tav di Frattamaggiore.
Il 3 aprile l’appuntamento è allo Vayu di Pozzuoli. Una forza vulcanica in una terra che ha nel fuoco magmatico il suo elemento dominante. Si chiude in bellezza il 10 maggio alla Sala dei Baroni di Aversa.

Ma ora la parola passa a Daniela Ioia, per raccontarci la sua esperienza sul palco e nella vita, in un continuo confronto e scambio, all’insegna della risonanza e della sincronicità, tra persona e personaggio.



D. Un progetto nato tre anni fa. Come si è evoluto e come si è trasformato?

R.  Nasce dalla esigenza di sperimentarmi da sola sul palco, stare in scena senza l'aiuto dei compagni è una bella sfida. E sentivo di poterlo fare. Ho parlato a Massimo di questa mia esigenza e dopo un po' di incontri, lui ha cominciato a scrivere. Sono stata subito entusiasta. Ancora oggi ci confrontiamo molto, è un continuo work in progress.

D. Un monologo intenso. Quant'è difficile interpretarlo, tenendo alto il ritmo?

R.  I monologhi sono complicati per questo, devi mantenere la attenzione per un'ora circa e sei sola in scena. Dalla mia ho un grande testo e una regia dinamica. È difficile per la diversità dei personaggi e per la velocità con cui si passa da uno all'altro, ci vuole allenamento e tecnica.


D. Tanti i temi affrontati: dallo sfinimento psicologico e fisico delle donne, alla crisi d'identità e di coppia, l'interculturalita' e la violenza di genere, affrontate con un sorriso misto ad una lacrima. Quali sono i vari registri stilistici utilizzati?

R.  Vari, principalmente quello comico, ma anche quello drammatico, visto che i temi affrontati sono a volte dei veri e propri drammi. La prima donna richiede una tecnica precisa, soprattutto di linguaggio.



D. In che modo e quanto è stato difficile far incontrare te, la donna, con le sue paure, e il personaggio?

R. Cerco sempre di trovare nelle mie esperienze qualcosa di simile, almeno sentimentalmente, a quello che vive il personaggio, per capirne meglio la psicologia. Anche perché delle cose che racconto ne ho avuto esperienza indiretta, sono cose sentite nei vicoli della città, raccontate da un’amica o da una vicina...

D. Il monologo parla delle difficoltà di essere donna, moglie o compagna, madre, lavoratrice al giorno d'oggi. Come ci si può riuscire, secondo te?

R.   Ci si riesce facendo squadra con il proprio compagno o marito, aiutandosi, parlandosi, prendendosi il tempo giusto per fare le cose e senza pretendere troppo da se stessi.



D. Quali sono i tuoi prossimi impegni ed obiettivi?

R. I miei prossimi impegni sono quelli con Mamma, ma'. Avrò repliche fino a maggio. Poi con la mia compagnia Teatro Insania, che produce anche lo spettacolo, abbiamo un futuro progetto teatrale, con il mio compagno che è anche presidente della compagnia. Per il resto sono molto scaramantica ... Seguitemi e staremo a vedere.




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