lunedì 10 febbraio 2020

Fibromialgia: l’importanza di uno stile di vita corretto, a partire dall’alimentazione


Un confronto con gli addetti ai lavori, per avere un orientamento fondamentale. E' questo lo scopo della giornata, incentrata sulla sindrome fibromialgica, in programma per sabato 15 febbraio 2020 a Napoli.


Ad organizzarla  il CFU, il Comitato Fibromialgici Uniti, nato nel 2016, presieduto, a livello nazionale da Barbara Suzzi,  con Rosaria De Vitiis come delegata regionale per la Campania.

 Ad ospitare questa giornata saranno gli spazi del Maschio Angioino. In mattinata saranno allestiti alcuni stand dove saranno presenti i maggiori referenti di questa insidiosa patologia, tra i quali reumatologi, neurologi, psicologi. Nel pomeriggio ci sarà una conferenza, cui parteciperanno presenze istituzionali e medici: verranno divulgate alcune informazioni importanti e studi di casi.


Nel frattempo passiamo la parola a Martina Toschi e Sara Giannini, biologhe nutrizioniste, iscritte all’Ordine Nazionale dei Biologi, perché, come spiegato finora, l’alimentazione, è un tassello importante per promuovere un corretto stile di vita, riducendo stress e tensione.
D.  La fibromialgia è una malattia sistemica, di origine sconosciuta ma multifattoriale, spesso silente perché non presenta evidenze fisiche né è rinvenibile con esami di laboratorio e diagnostici e per questo è sovente misconosciuta. In che modo l'alimentazione può peggiorare la situazione o, al contrario, migliorarla?
R. Oltre ai disturbi a carico di ossa, muscoli e articolazioni, la fibromialgia può “ripercuotersi” anche sull’apparato digerente. Il 70% dei pazienti che presentano diagnosi di colon irritabile sono poi classificabili come fibromialgici e viceversa. Una parziale conferma di quanto ricercatori e clinici ipotizzano da tempo: i legami tra le malattie reumatiche, i disturbi del tratto digerente e la disbiosi, cioè un numero ridotto di batteri intestinali o disequilibrio trai vari ceppi batterici in ragione di alcuni meccanismi infiammatori condivisi, sono ben più profondi di quanto si possa immaginare e sono in stretta relazione con la produzione dei neurotrasmettitori come la serotina. 
L’insieme dei microrganismi che vivono nel nostro intestino, ossia, il microbiota, sembrerebbe essere fortemente coinvolto nell’eziopatogenesi della fibromialgia. Diversi studi infatti hanno dimostrato come la popolazione microbica intestinale grazie alla stretta relazione sussistente tra sistema nervoso centrale e sistema nervoso enterico, sia in grado di influenzare la nostra salute a più livelli. In particolare, l’alterazione della qualità e quantità di questi microbi può causare delle gravi anomalie a carico dei meccanismi di regolazione dei processi infiammatori coinvolti nella genesi della fibromialgia. L’equilibrio e la salute del nostro microbiota intestinale sono fortemente influenzati dalla dieta e vari studi dimostrano come i sintomi della fibromialgia possano migliorare attraverso un intervento mirato all’alimentazione dei pazienti.

La dieta per la fibromialgia deve principalmente basarsi su un’alimentazione antinfiammatoria specifica, personalizzata e ottimizzata a seconda dei disturbi intestinali associati, con l’obiettivo principale di ripristinare la corretta funzionalità intestinale e riequilibrare il microbiota intestinale per poi indurre un miglioramento più generalizzato.
L’assunzione di cibi sbagliati può peggiorare la condizione intestinale preesistente e accentuare di conseguenza i sintomi fibromialgici, non solo a livello fisico ma anche e soprattutto a livello psico-emotivo. Bisogna infatti sottolineare come la comunicazione cervello-intestino sia bidirezionale: un microbiota in disbiosi può indurre stati di ansia e depressione creando un loop patologico che si autoalimenta
Al contrario, quando la dieta risulta corretta e bilanciata rispetto alla condizione gastrointestinale associata, il primo miglioramento che si riscontra e a livello intestinale e subito dopo a livello emotivo.

D. Qual è il tipo di alimentazione, e più in generale di stile di vita, consigliata?

R. La dieta per la fibromialgia deve basarsi principalmente su un’alimentazione antinfiammatoria personalizzata e ottimizzata a seconda dei disturbi intestinali associati, con l’obiettivo fondamentale di ripristinare la corretta funzionalità intestinale e riequilibrare il microbiota e deve possedere le caratteristiche di seguito elencate:
-       La prima indicazione riguarda il consumo di cibi a basso indice glicemico che andrebbero preferiti rispetto a quelli a ricchi in zuccheri e farine raffinate. È possibile consumare carboidrati sotto forma di cereali in chicco ogni giorno, a patto che siano limitati in quantità e non raffinati. Al contempo è preferibile scegliere cereali a minore contenuto di glutine (grani antichi, farro) o naturalmente privi di glutine (riso basmati o semintegrale, amaranto, grano saraceno, ecc…).
 La pasta ha il vantaggio di essere meno aggressiva per l’intestino rispetto al chicco.

-       Frutta e verdura vanno consumate quotidianamente, perché ricche di sostanze antiossidanti, ma scelte tra le varietà a ridotto contenuto di fibre FODMAP, solanina e in generale non irritanti per la mucosa intestinale: bieta, carote, cetrioli, finocchio crudo, indivia, radicchio rosso, ravanelli, rucola, sedano, valeriana, zucchine, olive, erbe aromatiche e spezie non piccanti, fragole, frutti di bosco, banane, melagrana, arance, mandarini, uva senza buccia e senza semi. Quando non sono presenti particolari problematiche di salute è fondamentale seguire la stagionalità di frutta e verdura, invece in presenza di sintomi gastrointestinali è bene selezionare solo le varietà di vegetali sopra elencate nonostante possano non essere di stagione. Studi recenti evidenziano però un effetto negativo del fruttosio, che a livello intestinale ridurrebbe notevolmente l’assorbimento del triptofano e di conseguenza la produzione di serotonina; per questa ragione può essere molto utile limitare il consumo di frutta e preferire quella a minor contenuto di fruttosio (per esempio, frutti di bosco).

-       Nelle prime fasi è importante consumare ogni giorno proteine ad alto valore biologico provenienti da carne bianca (pollo, tacchino, coniglio), pesce di piccola taglia pescato, uova da galline allevate a terra o comunque libere di razzolare. Nella fase di reintroduzione è importante scegliere carne rossa di qualità e preferibilmente grass-fed, cioè da animali allevati al pascolo, salumi DOP (prosciutto crudo di Parma o San Daniele, bresaola) e legumi decorticati.

-       Grassi: è importante evitare gli oli di semi (e tutti gli alimenti che li contengono) perché ricchi in acidi grassi omega 6, quindi estremamente infiammanti e preferire il classico olio extravergine di oliva italiano. È importante anche consumare burro in quanto l’acido butirrico nutre le cellule intestinali, riducendo infiammazione e permeabilità.


D. Quali sono gli alimenti dirty, tra quelli tendenzialmente da non preferire e perché?

R. - Cibi ad alto indice glicemico (zuccheri semplici, farine raffinate) in quanto promuovono l’infiammazione.
- Basso quantitativo di glutine (20% totale apporto glucidico) per l’effetto sulla leaky gut e sull’infiammazione infiammazione intestinale.
- Cibi ricchi in FODMAPs, fibre con alti livelli di zuccheri fermentati a livello intestinale che peggiorano le disbiosi preesistenti
- Solanaceae: melanzane patate, pomodori, peperoni bacche di Goji, perché contengono la solanina, un alcaloide glicosilico responsabile dell’infiammazione della parete intestinale
- Eccesso di fruttosio, perché limita l’assorbimento intestinale di triptofano e di conseguenza la produzione endogena di serotonina
- Legumi non decorticati per la presenza dei fitati per gli antinutrienti contenuti che limitano l’assorbimento di sostanze nutritive.

Per chi voglia approfondire il tema del regime alimentare più adeguato per una vasta gamma di disturbi o malattie, può leggere il libro L'alimentazione corretta nelle diverse patologie. edito da Tecniche Nuove (2019). Un viaggio nell’alimentazione eubiotica che accompagna i lettori nell’interpretazione delle ultime evidenze scientifiche, attraverso una spiegazione teorica prima e pratica poi del perché sia opportuno, per tutelare il proprio organismo, mangiare in certo modo.
Tante le patologie contemplate <>.


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