lunedì 7 maggio 2018

Alla scoperta di Bagnoli con la Jane's Walk Naples

Dopo l'esperienza romana della Jane's Walk, dedicata al quartiere di San Lorenzo, ai suoi tanti volti, identità, stratificazioni e destinazioni d'uso, questa manifestazione, sabato 5 maggio, è giunta a Napoli.



Non a caso questa prima edizione è stata dedicata al quartiere di Bagnoli, posto sempre sul ciglio del cambiamento, sospeso tra tanti progetti di riqualificazione mai attuati. In attesa di un riscatto mancato o perennemente in ritardo. Il cui nome viene periodicamente tirato in ballo per accendere o rinfocolare rivalità, scontri politici e campagne elettorali.

Quattro le tappe: il pontile di Bagnoli, teso tra il mare, quegli scogli neri che a viva forza hanno compiuto la "loro" bonifica, attirando su di sè parte di quel catrame che infestava le acque, e gli scheletri delle ciminiere. Tra i nuovi lidi e i detriti, i cumuli, le immondizie di ciò che è stato e che colpevolmente giace ancora lì, ammassato e dimenticato.

La piazzetta, cuore pulsante del quartiere e centro di aggregazione identitaria e relazionale. Di quella cittadinanza attiva, che sa prendersi cura del proprio quartiere, battendosi per una vita a misura ed a ritmo d'uomo, con al centro la valorizzazione del ruolo del quartiere stesso e dell'isolato e la ribellione contro il processo di massificazione, secondo l'ottica propugnata da Jane Jacobs, attivista ed autrice del libro Vita e morte delle grandi città, saggio sulle metropoli americane del 1961.


Ed ancora la Masseria Starza, ex borgo Gesuita e sede di un noviziato, il luogo più antico del quartiere, che conserva alcune testimonianze di un 'epoca che fu, tra l'enorme torchio, ricavato da un albero del '700, il serraglio, il forno e l'edicola votiva dedicata al patrono, San Luigi. Un quartiere, nel quartiere, in qualche modo fuori dal tempo, come modus vivendi.
Si chiude con La ex base NATO, una città inserita nella città con la propria chiesa tuttora attiva, la scuola, il cinema, la piscina ed il chilometrico tunnel sotterraneo, destinato agli uffici segreti, a custodire il caveau degli esplosivi ed una serie di apparecchiature dedicate alle comunicazioni ed alla conservazione di dati top secret.


UN  FOCUS SULL'ITALSIDER TRA PASSATO E PRESENTE E SULLA MASSERIA SFORZA


A parlare dell'Italsider, per riabilitarne la memoria, dato che, come sottolinea "vi sono tanti dati inesatti che circolano" è l'ex lavoratrice e scrittrice Aurelia del Vecchio.
E' lei a dire come, dopo tanto tempo torni a guardare lo scheletro delle ciminiere, cui di solito tutti gli ex operai preferiscono dare le spalle, per non ricordare la morte imposta ad un polmone industriale, che ha ceduto il passo ad un processo di "desertificazione", ad un quartiere dormitorio in degrado e con un tasso progressivamente crescente di microcriminalità.
Dal ricordo riemergono le attività della grande fabbrica, una delle più moderne, produttive ed ecocompatibili d'Europa e il top del gruppo Italsider.
"Non si può equiparare l'Italsider all'Ilva di Taranto - sottolinea - . L'Ilva è rimasta ferma al 1965 . L'Italsider ha subito varie ammodernamenti".


L'impianto era stato anche ampliato con un nuovo altoforno e vantava una produzione di eccellenza, secondo quanto viene rievocato, ma era stato costretto a limitare l'utilizzo dei macchinari ad una sola linea di produzione.

Attorno alla fabbrica, ossatura economica della città e non solo, ruotava la cittadella degli operai, cuore pulsante anche a livello politico e di fermento culturale, ed il circolo Ilva, che da spazio ricreativo aziendale divenne polo di aggregazione per tutta la città, per le mostre pittoriche e gli eventi culturali e cinematografici, attirando anche l'attenzione del poeta Ungaretti.
La memoria storica di quegli anni è conservata anche in una foto antica che riproduce un carro della vecchia Festa di Piedigrotta, all'interno della quale appaiono gli operai del reparto Carpenteria.
Dopo la tappa in piazzetta, dove si ricordano alcuni frammenti dell'infanzia e dell'adolescenza di Bennato e si resta incantati dal profumo dei dolciumi che si spandono nell'aria domenicale, si passa all'antico borgo gesuita della Masseria Starza. In parte il tempo sembra essersi fermato o pare di trovarsi in una dimensione sospesa, a metà tra passato e presente.

La masseria era anticamente recintata e in quel che resta dell'arco dove era incastonato il portone si può notare lo spazio dove era allocata la campana che scandiva la giornata dei contadini ed annunciava imminenti pericoli.

Sono visibili anche i resti di un forno e del serraglio un luogo recintato dove venivano coltivate piante ed ortaggi particolarmente delicati, per proteggerle dall'attacco degli animali.
Il borgo è dedicato a San Luigi ed è presente un'edicola votiva. Una volta all'anno un bambino veniva calato attaccato ad una fune, simulando il cosiddetto "volo dell'angelo". Si trattava solitamente del figlio di famiglie che avevano fatto un voto e che, in questo modo, ringraziavano per la grazia ricevuta.

Il torchio che serviva a pestare l'uva era ricavato da un albero centenario, di grandi dimensioni. Delle pietre ne regolavano l'alzata e la discesa, attraverso un effetto leva.
L'ultima tappa è quella relativa all'ex base NATO. Una città costruita alla lce del sole cui fa da contraltare un'altra area che si snoda parallelamente per chilometri nel sottosuolo, allestita a scopo strategico, militare e difensivo.

Oggi la base ospita alcune manifestazioni organizzate da enti del Terzo Settore, come la Festa di primavera, e i campi dove si allena una squadra di rugby giovanile.
Un successo quello di quest'iniziativa, che testimonia la voglia della cittadinanza, di riappropriarsi, in modo trasversale della conoscenza e della fruizione di quartieri noti e meno noti.


** Le foto sono di Francesco Minopoli



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