Un progetto che racconta di una relazione, quella in cui due individui da estranei diventano "intranei", per usare un'espressione cara al filosofo Aldo Masullo.
Quel momento in cui si entra reciprocamente l'uno nello spazio vitale dell'altro, in cui si costruisce un agone simbolico-relazionale condiviso e ci si sente a proprio agio, un po' come se si fosse trovata "casa".
Il progetto fotografico prende le mosse nel settembre 2014 e come evidenzia Kristin "non esisterebbe senza l'esperienza della Scuola internazionale, l'UWC Atlantic College, in Galles, dove sono arrivata grazie d una borsa di studio".
E' quello un momento di confronto e scambio di visioni, di usi, costumi, abitudini esistenziali, tra persone provenienti da ben 60 Paesi diversi.
"La selezione - racconta Kristin - avveniva non solo in base alle competenze accademiche, ma anche in base alla potenzialità di condividere esperienze e spazi, di essere aperti al confronto. Una caratteristica molto importante era quella della socialità. La scuola mi ha permesso di implementare tante capacità importanti".
Kristin, poi, vive undici anni a Londra ed in seguito approda a Roma per alcune settimane per capire meglio la lingua e la cultura italiane, con cui è venuta in contatto attraverso alcuni compagni alla Columbia University.
Tra il 2011 e il 2012 abita per circa due anni a Singapore e si dedica ad un progetto in cui, attraverso scatti in cui non sono presenti persone, avvia la sua personale ricerca della bellezza.
La sua idea di bellezza confluisce così in un progetto fotografico molto astratto e concettuale, in cui l'artista, nata a Hong Kong, cerca di trovare e restituire bellezza anche ove essa apparentemente non c'è.
"In realtà - evidenzia infatti - Singapore non mi è piaciuta: è troppo artificiale. Ma in fondo la città è come un elefante: tutto dipende dalla prospettiva con cui la si guarda. La coda, le zampe, le orecchie, gli occhi troppo piccoli rispetto al resto del corpo. Spesso è opportuno trovare il giusto canale, proprio attraverso lo strumento della fotografia, per cambiare l'immagine anche del medesimo oggetto".
Un canale, come sottolinea lei stessa, fondamentale per provare a cambiare anche una sensazione negativa e riuscire così a sopravvivere emotivamente.
Arrivano una mostra a New York ed una in Spagna ed una fase di transizione nella tecnica e nel linguaggio espressivo, all'insegna della sperimentazione.
L'ATTUALE PROGETTO FOTOGRAFICO ED ESPOSITIVO
La mostra è a cura di Chiara Reale. E' promossa
dall'Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, gode del
patrocinio morale dell'Istituto Confucio di Napoli, dell'Ambasciata Canadese in
Italia e è realizzata in collaborazione con AICA Andrea Ingenito Contemporary Art Gallery. Una collaborazione
creata proprio in seguito alla presentazione del libro “9_9” presso la sede di Capri lo
scorso anno.
Per il progetto editoriale, edito da Skira, sono stati selezionati 123
doppi auto ritratti. In ogni doppio auto
ritratto Kristin Man entra in una “mise-en-scene” che immortala se stessa in
relazione con “l’altro artista” per esprimere l’essenza “condivisa” al momento
del ritratto e l'idea di “una se stessa” come straniera e come artista
nell'ambiente di “un altro”.
Una galleria di doppi ritratti dell'artista in compagnia di personaggi celebri del mondo dell’arte e di giovani artisti, fra i quali Mimmo Paladino, Ferdinando Scianna, Mimmo Jodice, Piero Gilardi, Emilio Isgrò, Enzo Cucchi, Gianni Berengo Gardin, Michelangelo Pistoletto, Arturo Schwarz, Arnaldo Pomodoro, Luigi Mainolfi, Riccardo Dalisi, Lello Esposito e Sergio Fermariello.
Nell'esposizione trovano spazio anche foto e pannelli inediti, non presenti nel libro, cui l'autrice ha voluto dare evidenza, data l'intensità dell'incontro stesso.
Una galleria di doppi ritratti dell'artista in compagnia di personaggi celebri del mondo dell’arte e di giovani artisti, fra i quali Mimmo Paladino, Ferdinando Scianna, Mimmo Jodice, Piero Gilardi, Emilio Isgrò, Enzo Cucchi, Gianni Berengo Gardin, Michelangelo Pistoletto, Arturo Schwarz, Arnaldo Pomodoro, Luigi Mainolfi, Riccardo Dalisi, Lello Esposito e Sergio Fermariello.
Nell'esposizione trovano spazio anche foto e pannelli inediti, non presenti nel libro, cui l'autrice ha voluto dare evidenza, data l'intensità dell'incontro stesso.
"Per trovare il linguaggio che mi rispecchiasse - evidenzia Kristin - ho sperimentato circa 2-3 mesi. Non volevo si trattasse solo di autoritratti, nè di ritratti altrui, bensì che si ricostruisse il senso più profondo di un'identità, quella di me stessa in relazione agli altri. Volevo inventare qualcosa di nuovo, un nuovo modo di esprimersi, non volevo ricalcare le orme di qualcosa di già fatto".
In queste pose spira forte il senso del rispetto, quello che per Masullo non è legame di subalternità formale, bensì capacità di entrare in relazione con l'altro da sé, con il suo universo cognitivo ed emotivo. Capacità di entrare in punta di piedi nella sua esistenza.
Secondo quanto racconta Kristin, il suo desiderio è creare ed esplorare un senso di comune appartenenza tra artisti ed anche rispetto ad una città che si è scelta quale patria adottiva, perchè "ci piace".
Il fil rouge tra vite ed ambienti è creato dall'arte, nelle sue multiformi espressioni, attraverso le quali sia lei che i suoi interlocutori esprimono la propria anima e riescono ad interagire, a entrare in contatto, con il mondo circostante.
Nella foto con Marco Fasano, l'artista entra piano nel suo spazio creativo, attraverso una finestra (entra nella sua casa, nella sua vita e nel suo universo artistico). Insieme, le due figure formano un arco ideale. La chitarra che Kristin sfiora lieve è sia punto di contatto tra i due sia momento di necessaria distanza, di riconoscimento dell'irriducibile alterità dell'altro, del suo mistero che va rispettato. La finestra, parimenti, è il luogo da cui entra la luce e da cui lo stesso Fasano trae ispirazione (per sua stessa ammissione, in base al racconto di Kristin, ha provato a comporre in parti diverse della casa, ma solo lì l'ispirazione arriva puntuale e non delude).
"Creare un'interazione - spiega Kristin - è fondamentale. Se non abbiamo un ricorso, un bel ricordo, un'amicizia, credo sia inutile fare una fotografia".
Nella foto con Mimmo Jodice viene rappresentata una perfetta complementarietà e similitudine tra universi espressivi e sensibilità.
Due fotografi sono immersi in un ambiente in cui la fotografia è protagonista. Tutt'intorno libri che parlano di questa arte, con alcuni titoli in evidenza. A fare da contraltare un tavolo nero dalla superficie lucida, in cui i due è come si osservassero, al pari di come avviene per uno specchio, vedendo riflessa la propria immagine e, al contempo, la propria anima.
"Noi fotografi - spiega Kristin - utilizziamo gli occhi per gettare il nostro sguardo sul mondo. Il nostro scatto è un riflesso di noi stessi. Anche quando non appaio nelle foto, infatti, non sono mai del tutto assente. Una presenza di me stessa è sempre palpabile, anche perché quello scatto è frutto del mio sguardo. Non occorre che io appaia per esservi".
Nella foto con Jodice, Kristin muove un gesto protettivo nei confronti di colui che potrebbe essere concepito sia idealmente come padre che come maestro.
Con Sebastiano Grasso, critico d'arte e scrittore di racconti erotici, Kristin disegna un'interazione diversa dalle precedenti, dove trova spazio una sorta di paura, di ansia che si allarga sul viso e che le fa assumere un'espressione spaventata.
Grasso, infatti, impugna un tagliacarte, una sorta di stiletto, in grado di andare in profondità, di squarciare il velo del perbenismo, ma anche la corazza emotiva. lo schermo, che ognuno indossa quotidianamente, e lo punta alla gola della fotografa. Nella foto ad una sensazione ansiogena si accompagna un'atmosfera sensuale.
Il luogo di Grasso è in realtà, come sottolinea la stessa Man, un non luogo, perchè lui potrebbe "scrivere ovunque". Quindi lo strumento che deve accompagnarlo sempre, che ne rappresenta l'essenza, è la penna.
"E' fondamentale - ribadisce Kristin - che non solo loro si trovino a loro agio con me, ma anch'io con loro, all'interno del loro ambiente. E' necessario trovare la giusta distanza, che permetta di entrare in un contatto autentico, senza 'invadere' lo spazio vitale. Con Enzo Cucchi, ad esempio, ho studiato l'ambiente per ore. Poi quando l'ho visto ed ho notato il suo abbigliamento caratteristico ho deciso di tornare il giorno dopo, indossando a mia volta un cappello, simbolo di rispetto e di riconoscimento di importanza".
Ora Kristin sta lavorando ad un nuovo progetto fotografico, dove il mezzo di con-tatto sono i cellulari, emblemi di una nuova tecnologia e di una frontiera "altra" della comunicazione.
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