martedì 8 maggio 2018

Senza confine: immagini per superare i propri limiti nell'incontro con l'altro da sè

Sarà visitabile fino a sabato 12 la personale di Viviana Rasulo Senza confine, a cura di Chiara Reale, ospitata da Castel dell'Ovo - Sala delle Terrazze.

 Una mostra che, attraverso le immagini che colgono frammenti di vita e di usi e costumi, intende esplorare se stessi in rapporto all'altro da sé, fisico, geografico e sociale.

Il confine, in questa mostra, si annulla, diventando percorso, ponte, sentiero, come direbbe il pedagogista Andrea Canevaro, e non già cesura, muro, barriera.



Una mostra che gettando l'occhio da sé verso l'altro vuole proporre, quindi, il superamento di quelle convinzioni su di sé e sul proprio potenziale interlocutore che sembrerebbero ostacolare il processo di  reciproco rispecchiamento e riconoscimento, impedendo di instaurare uno scambio di visioni, emozioni e suggestioni davvero autentico.

IL PERCORSO ESISTENZIALE ED ARTISTICO

Una passione, quella per la fotografia, che affonda le radici lontano, radicandosi poi, progressivamente, all'interno dell'esistenza dell'artista.



"Il mio papà - racconta  Viviana - era un appassionato di fotografia. Mio nonno, invece, lavorava per l'Aviazione ed aveva acquistato un banco da ottico portatile. Sin da piccola, quindi, ho 'masticato' l'arte della fotografia. Dopo che mia figlia è cresciuta ho deciso di riprendere a studiare ed a sperimentarmi in maniera professionale"

 Tra i maestri e le guide che le camminano al fianco in questo percorso di scoperta, riscoperta e crescita: Marco Monteriso, Luca Bracali, Robert Herman, Silvya Plachy, Richard Tushman.

"Il mio scopo - continua l'artista - era trovare un nuovo modo di vedere, il mio. Le mie fotografie, in tal senso, costituiscono una sorta di analisi del reale. Ne sono  protagonisti, ad esempio, i nomadi e le etnie in estinzione.".



Dopo  la significativa esperienza con National Geographic, Viviana Rasulo decide di girare l'occhio della macchina fotografica verso se stessa.

Ne nascono una serie di autoritratti, in cui Viviana non nasconde, anzi mostra con orgoglio, le proprie imperfezioni fisiche, proprio quelle che parlano di lei e del suo percorso, con l'intento di "indagare su se stessa".

In questo modo le foto diventano "soggettive", sposano, in maniera mobile e multiforme, un punto di vista, diventano un modo per parlare della propria vita e non solo per osservare quella altrui.

Un progetto per immagini, autoprodotto, la cui linfa viene tratta proprio dal  tessuto vitale di Viviana Rasulo, presentato presso la New York School of Visual Arts.



In questo modo la macchina fotografica apre ed esplora quello che si cela dietro porte "identitarie" chiuse. Come una lama di luce si insinua dietro le palpebre serrate e dona nuovi sguardi. Scandaglia gli anfratti dell'anima ed i riverberi sul corpo.

LA MOSTRA

La mostra è  il  risultato  di una silloge di scatti, raccolti in viaggi effettuati dal 2014 in poi.

"Lo scopo di questa mostra - non è quello di mostrare le foto migliori tecnicamente, bensì dialogare per immagini sul tema del limite, della marginalità, dell'estinzione, nello sforzo di andare oltre l'apparenza e l'etichetta. Un modo per aprire la mente".



Il racconto per immagini ha molti punti di contatto anche con un'analisi socio-antropologica che indaga i volti, gli usi e i costumi di tante culture.

Trait d'union il tentativo di cercare qualcosa in comune e che accomuni, secondo quanto ribadisce l'artista, al di là delle differenze evidenti e apparenti e della superficie, della forma che cambia e sembrerebbe rendere distanti ed inconciliabili.



Perché, ognuno, rispecchiandosi in quegli occhi, in quei visi ed in quei gesti potrebbe "individuare il proprio legittimo modo di vivere, di essere 'umani', arricchendo, il proprio sguardo".

"Sono stata in Africa spesso per lavoro, essendo una pediatra - racconta l'artista  - e mi ha colpito molto il loro modo di vivere basato sulla condivisione, pur in contesti estremamente poveri. Condividere è un modo per sopravvivere.

La vita, che lotta e vince nonostante tutto. Ecco il senso di alcune macchie di colore che emergono con forza da sfondi scuri, come nel lavoro sulle migrazioni.



Dominano, in numerose foto, i colori della terra, come l'ocra e l'arancio, che si ritrovano, intessuti e frammisti alla luce, nei fili intrecciati delle vesti dei Teranga del Senegal, noti per la loro ospitalità.

Colori vivaci e lussureggianti che caratterizzano anche il paesaggio.

Le fotografie, dunque, per Viviana divengono un modo per esporsi, per donare e donarsi, per scambiare.

Le immagini divengono flussi, fiumi in piena di emozioni e parole, che si liberano e danno spazio ai sentimenti.

Immagini che permettono alle emozioni di sconfinare, ed andare verso l'altro in maniera circolare.

Un modo per essere "sconfinanti", senza invadere l'altro, ma rispettandone l'irriducibile diversità ed alterità, la legittima distanza, l'insondabile mistero.

 Protagonista, dunque la differenza, ed insieme la complementarietà, culturale.

"Le foto - evidenzia Viviana - rappresentano un  insieme di etnie che appartengono a luoghi diversi. Insieme costituiscono qualcosa di magico e meraviglioso. E' questo un modo per darsi il permesso per 'sconfinare', all'insegna del rispetto e dell'accoglienza".







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