Se avete voglia di poesia e di romanticismo, non quello “zuccherino”,
ma quello vero, che nasce dal conflitto tra quello che si è e quello che si
vorrebbe essere, tra la vita sognata e quella vissuta, non vi resta che correre
al Teatro Augusteo (fino a domenica 15
dicembre 2019) per immergervi in un altro tempo che, a ben vedere, si
rivela sempre attuale o che comunque svela quella voglia di unicità che mal si
concilia con questi tempi troppo veloci e che hanno trovato nell’intercambiabilità,
degli oggetti così come delle persone, la loro nota (stonata) caratteristica.
Un romanticismo che
mescola sapientemente prosa, poesia, canzoni, musica e ballo, che si rincorrono
e si passano armoniosamente il testimone, come nella più virtuosa delle staffette,
che parla il linguaggio dei sentimenti, delle emozioni autentiche, delle sfide al
perbenismo di facciata, a colpi di
ironia sagace, del contrasto sempiterno tra chi ha scelto di vivere nel compromesso
più becero o forse è la sua vigliaccheria, serva del finto moralismo al
servizio del mantenimento dello status quo
ad aver scelto per lui, e chi, invece, agisce, come ci ricorda
il filosofo Aldo Masullo, all’insegna dell’etica.
Di questi fa parte un certo spadaccino, che ha il coraggio di sollevare il velo su problemi scomodi, di affrontare a viso aperto chi prevarica gli altri e di cercare di guardare i fatti, anche e soprattutto quelli propri di un’epoca, da una prospettiva diversa trovando possibili soluzioni che nessuno, per cecità, comodità, incapacità o mera viltà, ha avuto mai l’ardire di intraprendere.
Di questi fa parte un certo spadaccino, che ha il coraggio di sollevare il velo su problemi scomodi, di affrontare a viso aperto chi prevarica gli altri e di cercare di guardare i fatti, anche e soprattutto quelli propri di un’epoca, da una prospettiva diversa trovando possibili soluzioni che nessuno, per cecità, comodità, incapacità o mera viltà, ha avuto mai l’ardire di intraprendere.
Dalle mie parole forse avreste intuito di chi si stia
parlando: si tratta di di Cyrano (de Bergerac) che, affidando il proprio
messaggio alla commedia musicale di Riccardo Pazzaglia, ispirata al testo di E.
Rostand, torna a calcare le tavole di un palcoscenico.
Di un eroe che appartiene ad un tempo storico ben preciso,
ma è al contempo senza tempo, la cui spada, le cui parole, la cui filosofia,
sfidano le epoche, eternandosi.
Cyrano de Bergerac è eroe ed antieroe insieme, perché sfida,
con il suo naso lungo, le fattezze che l’eroe classico ed armonioso dovrebbe
possedere. E’ filosofo, spadaccino, poeta, ma al contempo rifugge qualsiasi classificazione,
allergico a regole rigide. Non vuole assecondare né compiacere in nome dell’interesse.
Se poesia o prosa, filosofia o arte della spada dev’essere,
allora che sia vera e sentita, figlia delle muse e non serva di padroni, che
non assuma la forma di una pessima imitazione che a questi divinità delle arti fa offesa . Se
così fosse, meglio liquidare l’attore in malo modo e rimborsare di tasca
propria gli astanti, anche se così, si
rischia di rimanere poveri in canna.
“Si tratta – evidenzia Gennaro Cannavacciuolo , che interpreta
proprio l’abile spadaccino dal cuore di poeta e filosofo – di un’opera universale
piena di emozioni e di amore. Una storia dall’anima mediterranea, accompagnata
da musiche meravigliose”.
Un po’ capopopolo dei marginali un po’ Pulcinella, in grado di
fare sberleffi , ma con stile indiscusso e saggezza, questo Cyrano aspira ad
essere libero, quella libertà cui anelavano i pensatori controcorrente dell’epoca
quando guardavano ai popoli selvaggi extraeuropei con ammirazione, come ad un
modello da imitare.
E qui la commedia teatrale si fonde con la vita vera perché Savinien de Cyrano de Bergerac fu personaggio storico, autore, tra le altre
opere, di un trattato di fisica, stregato, come il suo alterego, dalla bellezza
e dai misteri della luna.
Savinien de Cyrano de Bergerac , come quei pensatori, ricercava
in quei popoli, in maniera inconsciamente proiettiva, l’esistenza e la
possibilità di uno spazio di reale libertà, scevra dai vincoli, dalle
restrizioni e dalle convenzioni della vita delle città e delle corti. Una
libertà totale, avulsa dai legacci della tradizione, in nome di un concetto di
natura e di naturalità, che non implicasse né l’idea del peccato né quella coattiva
della legge[1].
Chi sono i marginali in questa storia? Sono coloro che hanno
idee avanguardiste ma che sono ancora detentori di scarso potere.
Le donne come Rossana, che ha scelto di cambiare il suo nome
rispetto a quello originario, in nome della
possibilità di scegliere liberamente per se stessa e di essere artefice del proprio
destino, interpretata da un’affascinante e caustica Cosima Coppola.
Donne che scelgono la
filosofia, la scienza, la poesia, il pensiero critico, al posto di un
rassicurante matrimonio voluto e imposto dalla tradizione.
Ma anche gli ubriachi, che hanno il coraggio di inventare
canzoni, satiriche e sboccacciate, in
cui vengono sbugiardate le voglie e gli intrighi orditi dai signori ai danni
delle altrui vite. I barbieri-cerusici che hanno il compito di cercare di
donare la bellezza anche a costo di dire qualche bugia ben confezionata, ma poi
sanno rivelarsi anche saggi compagni d’avventura e di sventura.
A ben vedere Rossana e Cyrano nella loro voglia di scegliere
chi essere, e di farlo ad ogni costo, sono le due facce di una stessa medaglia.
Rossana vuole liberarsi dalle stecche (metaforiche) di un corsetto troppo
stretto e scegliere in nome della passione, dell’amore e non del compromesso e
della convenzione.
Cyrano vuole affrancarsi dai legacci di un pensiero limitante,
ma anche di un aspetto, che pur difendendo strenuamente dalle offese e dalle
prese in giro, egli non riconosce in linea con la profondità e con la
delicatezza della sua anima.
Quell’anima che guarda sempre con ammirazione
verso la luna, quale fonte di bellezza, armonia, ispiratrice di poesia e
scienza insieme.
Solo che Rossana non ha ancora compiuto fino in fondo il suo
percorso di maturazione esistenziale e di presa di consapevolezza: per lei l’amore
e l’intelligenza devono incarnarsi in un corpo ed in un viso bello ed
affascinante. Sarebbe ancora impossibile pensare che il sillogismo greco
secondo il quale ciò che è bello è anche buono menta, che non sempre
corrisponda al vero.
Così le aspettative di Cyrano sono dolorosamente deluse, ma,
con la pulizia d’animo che lo contraddistingue, il fine poeta-spadaccino, trova
il modo per realizzare il sogno d’amore della sua bella e, al contempo, per
esprimere fino in fondo i moti della sua anima. Lo fa prestando le sue parole e
le sue rime a Cristiano, interpretato da Gianluca
Di Gennaro, ma rimanendo fino in fondo se stesso, seppur acquattato nell’ombra.
Si tratta di uno sforzo corale, quello messo in atto in
questa versione in scena all’Augusteo fino a domenica 15 dicembre, cui hanno
lavorato alacremente 30 attori, 4 sarte, 5 macchinisti, 3 fonici. Spazio anche
ai caratteristi e ad attori napoletani davvero bravi, come ha ricordato ancora
Gennaro Cannavacciuolo. Un'interpretazione che, pur rimanendo fedele alle atmosfere dell'opera originaria, sa attualizzarla, rendendone accessibile la bellezza, la magia ed il messaggio più vero ad un pubblico trasversale.
E poi ci sono le musiche e le parole cantate, quelle di Domenico
Modugno, accompagnate dalla leggiadria e dalla forza dei balletti, ideati dal
coreografo Orazio Caiti. Alle
rielaborazioni musicali ci pensa Ermanno
De Simone. Per completare e rendere magica l’atmosfera ci sono i costumi di
Silvia Polidori, che riportano ai
fasti di un’epoca, tra pizzi e trine. La regia e le scene sono affidate a Bruno Garofalo.
Per rendere ancora più realistici i duelli è intervenuto
persino un maestro d’armi: Flavio Massimo
Grumetti.
“Ermanno De Simone ha impiegato 7/8 mesi – continua Cannavacciuolo
- per riarrangiare le musiche di
Domenico Modugno, che sembrano facili, ma non lo sono affatto”.
Anche Cristiano, pur essendo poco avvezzo alle parole, non
rappresenta l’incarnazione del bello che vuole approfittare della situazione.
Egli stesso, a suo modo, sfida le apparenze e rivendica il diritto ad essere
amato per quello che è, nonostante le sue parole imperfette.
Non vuole “trafugare”
un amore che non gli appartiene, un’anima che a ben vedere e già promessa ad un
altro, ma il destino sceglie diversamente e beffardamente per lui.
Per un destino avverso, o forse solo per cercare di
proteggere un sogno d’amore che si rivela stridente illusione fuori tempo
massimo, troppo tardi le anime dei due protagonisti, di Cyrano e di Rossana, si
riconoscono simili, in una presa di consapevolezza che, come spesso accade,
arriva quando si sta per perdere la persona amata (ed in questo caso la si
perde due volte).
[…] Qui riposa Cirano
Ercole Saviniano
Signor di Bergerac,
Che in vita sua fu tutto e non fu
niente!»
Io me ne vo… Scusate: non può essa
aspettarmi.
il raggio della luna, ecco, viene a
chiamarmi. […]
Per informazioni e
prenotazioni
Teatro Augusteo
Piazzetta duca
d’Aosta 263
tel. 081414243 –
081405660
www.teatroaugusteo.it
[1] Ci si
rifà a Lissa Giuseppe (a cura di) Storia degli Agiaoaini di Bernard de
Fontenelle, Guida Editori, Napoli, 1979, pp. 70-71.
** In locandina tutto il cast ed i professionisti coinvolti
*** Le foto sono di Grazia Guarino
** In locandina tutto il cast ed i professionisti coinvolti
*** Le foto sono di Grazia Guarino
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