martedì 25 febbraio 2014

Scarti di terra: la realtà appare a chi sa osservare

Dall'ecocucina con gli "scarti" (gambi, baccelli, coste e simili) all'ecomoda che si rinnova riutilizzando e donando una nuova vita  ai vestiti tirati fuori dal baule della nonna, passando per i gioielli, bellissimi  e raffinati, nati da materiali poveri ed apparentemente "inutili", l'ottica è sempre la stessa, all'nsegna delle tre R: riciclo, riutilizzo, riuso.

D'altronde già un genio artistico come il barcellonese Joan Mirò aveva compreso appieno la forza creatrice insita nel riuso dei materiali, nel momento in cui sceglieva di andare in giro per le campagne alla ricerca di materiali naturali che gli comunicassero particolari sensazioni e, al ritorno, li accostava e li assemblava ad oggetti di uso domestico, come ad esempio dei cucchiai, facendo emergere dal loro dialogo, gestalticamente, qualcosa di totalmente nuovo.

Sposa questi presupposti la mostra "Scarti di Terra", inaugurata il 20 febbraio scoroso e visitabile fino a martedì 4 marzo.

La Mostra è organizzata dal Movimento Contaminarte, fondato da Luigi Antonio Tufano, in collaborazione con l'associazione dei "Friarielli Ribelli" ed è ospitata dalla suggestiva Sala delle Carceri a Castel dell'Ovo.




I Friarielli Ribelli si occupano di orti sociali, cioè di quegli orti urbani che da qualche anno si diffondono a macchia d'olio in aree abbandonate della città, restituendo loro una rinnovata dignità, e persino sui balconi.

Inizialmente la collaborazione è nata dall'idea, lanciata dallo stesso Tufano, di realizzare un orto privo di barriere architettoniche ed accessibile a chi stia in sedia a rotelle (il primo in Campania).

Poi, come si suol dire, da cosa nasce cosa è la collaborazione si è allargata, vista la visione comune basata sul  rispetto per la natura,  incarnazione della diversità per eccellenza, e la voglia di valorizzare e preservare la biodiversità in ogni sua forma.

Un'esposizione che vuole mostrare (e dimostrare) come l'apparenza inganni.

"La mostra nasce da una mia idea - racconta il fondatore di Contaminarte -  da anni mi occupo di come l'arte vede la diversità con il movimento Contaminarte da me fondato. La diversità è un concetto liquido tuttavia si distinguono tre macroaree ossia la diversità fisica, sessuale, razziale. Inoltre ho partecipato a vari cortometraggi sulla disabilità. Quindi la mostra è la naturale continuazione di queste attività e spero in futuro di poterne organizzare altre".



Con le venti opere in mostra i 4 artisti (Luigi Antonio Tufano, Massimo Astulfi, Rosario Miele Landolfo, David La Cruz) esprimono, ognuno secondo la propria peculiare visione (il trait d'union consiste nel non averne, nell'essere tutti diversi fra loro), attraverso lo strumento delle arti figurative, che "la diversità va conosciuta, che con essa bisogna confrontarsi. Solo dopo queste fasi si può decidere se approvarla, combatterla o altro".

Eclettiche le dimensioni rappresentate: solo per fare un esempio,  affigurazioni di cervelli e cuori aperti, dissezionati, che celano in sè una chiave o cercano di appropriarsene (forse la chiave si domosterà in grado di disvelare nuovi significati e consentirà di accedere a visioni alternative della realtà e di liberare energie e potenzialità inespresse).

In queste opere ed installazioni i colori si mescolano e si impadtano con elementi naturali come sezioni di tronchi di legno, trucioli che formano una sorta di tappeto, steccati che sorreggono  quelle che a tutti gli effetti incarnano simboli di visioni alternative.

Gli scarti sono un gran  patrimonio, sono una ricchezza e veicolano concretamente l'agire etico del "non spreco".  Il nome dispregiativo ci inganna.

"Credo - continua Tufano -  che tutte le cose viventi abbbiano una loro dignità e che nessuno si possa arrogare il diritto di 'scartare'. Per risolvere il problema rifiuti, d'altronde, bisogna necessariamente ricorrere al riutilizzo delle cose e quindi non vedo perchè non dare una seconda possibilità a quello che provocatoriamente potremmo definire uomo-scarto".

Anche l'utilizzo di materiali opposti, perchè provenienti da un universo artificiale e da uno naturale, sembrano stare ad indicare che la chiave per aprire nuove dimensioni e svelare ulteriore senso e significato sta nel cercare strade alternative e far dialogare mondi apparentemente distanti ed inconciliabili.

Le opere sono poste, volutamente ad altezze e ad angolazioni diverse. E' lo spettatore che, per poterle guardare , deve spostare il prorio baricentro ed il proprio punto d'osservazione, per andare incontro ed aprirsi all'altro da sè.

Così è possibile "trovare il nuovo nel vecchio", operazione di per sè molto complicata.

Un'operazione di cambiamento di prospettiva che in qualche modo dovrebbe avvenire non solo nell'arte ma anche nella vita quotidiana.

Perchè, in fondo, le cose non cambiano mai, cambiamo noi.




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